Le Sezioni Unite sul pro rata

Le Sezioni Unite intervengono sul contenzioso in materia di pro rata tra professionisti e casse di previdenza privata (Cassa Ragionieri e Cassa Commercialisti): i punti salienti della pronuncia
 
 
 
 
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno affrontato la questione di diritto relativa alla legittimità delle delibere di natura regolamentare con le quali la Cassa Ragionieri ha disposto l'aumento del numero dei redditi da inserire nella base pensionabile ai fini del calcolo della c.d. quota A della pensione, ossia della quota di pensione da calcolare con metodo retributivo o reddituale, metodo, questo, che prevede l'applicazione di aliquote ad un reddito determinato come media dei redditi prodotti dal professionista negli anni precedenti la maturazione del diritto.
 
Tli delibere sono state emanate sotto la vigenza dell'originario art. 3 comma 12 della l. n. 335 del 1995 il quale prevedeva che gli enti previdenziali potessero modificare i criteri di determinazione della pensione nel rispetto del principio del pro rata.
 
La Suprema Corte di cassazione aveva ritenuto illegittime le delibere in questione poichè avevano disposto che l'aumento del numero dei redditi per la determinazione della base pensionabile incidesse solo sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate prima della modifica regolamentare così violando il principio del pro rata.
 
Tale principio, ad avviso della Suprema Corte, comporta che, in caso di modificazioni dei criteri di dterminazione della pensione nel corso del tempo, la pensione debba essere calcolata: quanto alle anzianità contributive maturate sino alla modifica regolamentare, con i previgenti criteri di calcolo e, quanto alle anzianità contributive maturate dopo, con i nuovi criteri di calcolo della pensione.
 
A decorrere dall'anno 2007, il comma 763 della l. n. 296/06 (Legge Finanziaria per l'anno 2007) ha modificato l'originario art. 3 comma 12 della l. n. 335 del 1995 come segue: «Nel rispetto dei principi di autonomia affermati dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e dal decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, e con esclusione delle forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria, allo scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall’articolo 2, comma 2, del suddetto decreto legislativo n. 509 del 1994, la stabilità delle gestioni previdenziali di cui ai predetti decreti legislativi è da ricondursi ad un arco temporale non inferiore ai 30 anni. Il bilancio tecnico di cui al predetto articolo 2, comma 2, e’ redatto secondo criteri determinati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministero dell’economa e delle finanze, sentite le associazioni e le fondazioni interessate, sulla base delle indicazioni elaborate dal Consiglio nazionale degli attuari nonché dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale. In esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dal suddetto articolo 2, comma 2, sono adottati dagli enti medesimi, i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, avendo presente il principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni. Qualora le esigenze di riequilibrio non vengano affrontate, dopo aver sentito l’ente interessato e la valutazione del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, possono essere adottate le misure di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509. Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al comma 1 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima dell’entrata in vigore della presente legge.
 
Il comma 488 della legge n 147 del 2013 ha successivamente previsto che "L'ultimo periodo dell'articolo 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si interpreta nel senso che gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al medesimo comma 763 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine".
 
Tale ultimo periodo dell'art. 1 comma 763 della legge n 296 del 2006, come visto, prevedeva, di seguito a talune modifiche contestualmente apportate all'art. 3 comma 12 della legge n 335 del 1995 che fossero "fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della presente legge".
 
Le Sezioni Unite della Suprema Corte sono intervenute per risolvere una serie di questioni relative all'interpretazione di tale intelaiatura di norme; questi i punti fermi tracciati dalla pronuncia della massimo organo della Suprema Corte:
 
a) i regolamenti emanati prima del 2007, per i pensionamenti precedenti l'anno 2007, sono soggetti ai parametri e criteri di legittimità di cui all'originario art. 3 comma 12 della l. n. 335 del 1995; quindi, alla luce della giurisprudenza di legittimità consolidata e confermata dalle Sezioni Unite, quanto alle norme che hanno aumentato il numero dei redditi da inserire nella base pensionabile, si tratta di regolamenti illegittimi che vanno disapplicati con il conseguente diritto dei professionisti alla riliquidazione della pensione;
 
b) i regolamenti che sono stati e saranno emanati dagli enti previdenziali privatizzati dall'anno 2007 in avanti saranno soggetti ai nuovi criteri stabiliti dall'art. 1 comma 763 della l. n. 296/06 e dovranno essere, pertanto, adottati all'esito di un bilancio tecnico che deve essere redatto nel rispetto di criteri fissati dal Ministro della Previdenza Sociale e dal Ministro dell'Economia e delle Finanze con decreto, avendo presente il principio del pro rata e tenuto conto dei criteri della gradualità e dell'equità tra generazioni;
 
c) la norma di salvezza contenuta nell'ultimo inciso dell'art. 1 comma 763 della l. n. 296/06 va interpretata nel senso di rendere legittimi tutti i regolamenti già emanati dagli enti previdenziali privatizzati e, quindi, anche dalla cassa Ragionieri, per tutti i pensionamenti attuati dall'1.1.2007, laddove tali regolamenti siano rispettosi dei nuovi criteri introdotti con l'art. 1 comma 763 della l. n. 296/06;
 
d) ove sia accertato in giudizio il diritto alla riliquidazione della pensione del professionista, la prescrizione del credito avente ad oggetto le rate di pensione non liquidate correttamente è decennale.
 
Quanto alle conclusioni raggiunte dalla Suprema Corte e di cui ai punti a, b e c, può osservarsi che si è trattato certamente di una giurisprudenza che ha dilatato al massimo (o che, forse, si è spinta anche oltre) il principale canone interpretativo della legge che è quello letterale. L'inciso finale dell'art. 1 comma 763 della l. n. 296/06 non contiene infatti alcuna condizione della disposta salvezza nè fissa un termine a decorrere dal quale tale salvezza dovrebbe operare.
 
Non interessa, però, in questa sede, muovere rilievi critici alla pronuncia delle Sezioni Unite, ma verificarne gli effetti sul contenzioso avente ad oggetto i pensionamenti successivi all'1.1.2007.
 
Le Sezioni Unite, con riferimento ad essi, infatti, hanno ritenuto che i regolamenti emanati prima del 2007, se conformi ai nuovi criteri introdotti dall'art. 1 comma 763 della l. n. 296/06 sono da considerare legittimi anche se contrastanti con l'art. 3 comma 12 della l. n. 335 del 1995 nel testo vigento al momento della loro emanazione.
 
Ed allora occorre indagare se tali regolamenti, non rispettosi dei criteri di cui all'originario art 3 comma 12 della l. n. 335 del 1995 lo siano diventati alla luce della niova versione di tale norma introdotta con l'art. 1 comma 763 della l. n. 296/06.
 
Le norme regolamentari della cui legittimità si controverte in giudizio hanno previsto: a) un incremento del numero dei redditi da isnerire nella base pensionabile da 15 a 24 con applicazione di tale nuovo criterio di calcolo esclusivamente alla quota pensionistica maturata prima delle modifiche regolamentari; b) un taglio della pensione di anzianità secondo percentuali correlate all'età di accesso alla pensione sempre con riguardo esclusivo alle anzianità di contribuzione maturate prima dell'entrata in vigore delle modifiche regolamentari.
 
Tali norme, ad avviso di chi scrive, non tengono conto del principio del pro rata (trovando applicazione esclusivamente con riferimento alla quota di pensione riferibile alle anzianità contributive maturate prima dell'entrata in vigore dell'art. 1 comma 763 della l. n. 296/06) e del criterio della gradualità mancando un regime ransitorio.
 
Inoltre, si tratta di norme che non sono state emanate all'esito del bilancio tecnico redatto secondo i precisi criteri stabiliti dall'art. 1 comma 763 della l. n. 296/06 e che, quindi, non possono considerarsi rese necessarie per la salvagardia dell'equilibrio di lungo periodo alla luce delle risultanze del bilancio.
 
Insomma, il contenzioso non sembra essere stato definitivamente risolto dalla pronuncia delle Sezioni Unite che ne ha, invece, solo modificato i termini ed il parametro normativo di riferimento.
 
Va, peraltro, anche sottolineato che pende un giudizio dinanzi alla CEDU che riguarda proprio la conformità alla Carta dei diritti dell'uomo delle norme di sanatoria di cui all'art. 1 comma 763 della l. n. 296/06 e dell'art. 1 comma 488 della l. n. 147/2013.
 
 
 
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