Cass Civ Sez Lav n 15151 2008

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. MATTONE    Sergio                       -  Presidente   - 
Dott. DE RENZIS  Alessandro                 -  Consigliere  - 
Dott. DI NUBILA  Vincenzo                    -  rel. Consigliere  - 
Dott. DE MATTEIS Aldo                         -  Consigliere  - 
Dott. NAPOLETANO Giuseppe               -  Consigliere  - 
ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:
CASSA  ITALIANA  DI  PREVIDENZA  ED ASSISTENZA  DEI  GEOMETRI  LIBERI PROFESSIONISTI,  in  persona del legale rappresentante  pro  tempore, elettivamente  domiciliata  in ROMA PIAZZA  SALLUSTIO  9,  presso  lo studio dell'avvocato PALERMO Gianfranco, che la rappresenta e difende unitamente  agli avvocati CINELLI MAURIZIO, SCONOCCHIA BRUNO,  giusta delega in atti;

ricorrente –

contro

GEOM. T.V.,  elettivamente  domiciliato  in   ROMA  LUNGOTEVERE DELLA VITTORIA 15, presso lo studio dell'avvocato TERZOLI  VIRGILIO, rappresentato e difeso dall'Avvocato MERLINI Renzo,  giusta  delega in atti;

controricorrente –

avverso  la   sentenza  n.  449/04 della Corte  d'Appello  di  ANCONA,  depositata il 03/11/04 R.G.N. 648/03;
udita  la  relazione  della causa svolta nella Pubblica  udienza  del  04/03/08 dal Consigliere Dott. Vincenzo DI NUBILA;
udito l'Avvocato SABATINI per delega PALERMO;
udito l'Avvocato MIOTTI per delega MERLINI;
udito  il  P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l'accoglimento del primo  motivo del ricorso, assorbiti gli altri.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. T.V. conveniva dinanzi al Tribunale di Macerata la Cassa Nazionale di Previdenza Geometri ed esponeva che, essendo iscritto dal 1955, dal 1977 egli fruiva della pensione; dal 1982 la Cassa convenuta aveva provveduto alla rivalutazione dei redditi da assumere come base di calcolo, nella misura del 75% come allora previsto dalla L. n. 773 del 1982, art. 15. La stessa norma prevedeva però che con D.M. la rivalutazione poteva essere aumentata al 100% ed a tanto si era provveduto con D.M. 18 settembre 1990. Sostenendo che tale aumento spettava a tutti i pensionati, indipendentemente dalla data di maturazione del diritto a pensione, l'attore chiedeva che a decorrere dal 1/1/1991 la sua pensione venisse riliquidata con rivalutazione nella misura del 100%.
2. Si costituiva la Cassa ed eccepiva che il geometra non aveva interesse ad agire, in quanto titolare di pensione in misura fissa a sensi della L. n. 583 del 1977, art. 2 comma 1; il relativo importo era stato poi ridotto perchè l'assicurato si era avvalso della facoltà di versare la contribuzione in misura ridotta. In ogni caso, non sussisteva un obbligo della Cassa di rivalutare la base al 100% perchè in sede di parere reso al Ministro essa Cassa aveva precisato che tale beneficio sarebbe stato possibile, conservando l'equilibrio economico dei conti, solo sulle pensioni liquidate dopo il 1.1.1991.
3. Il Tribunale accoglieva il ricorso e la Corte di Appello confermava la sentenza di primo grado così motivando:
- sussiste interesse ad agire, perchè la pensione del T., se pure liquidata in misura ridotta, è stata rivalutata sulla base del 75% a sensi della L. n. 773 del 1982 e quindi ben può l'attore chiedere l'applicazione del succitato D.M.;
- dalla documentazione in atti risulta che a partire dal 1.2.1982 al geometra è stata liquidata la pensione di vecchiaia;
-trattasi di pensione necessariamente liquidata sulla base del reddito professionale;
- nessuna norma autorizza l'interprete a ritenere che il regime di rivalutazione sia diverso a seconda dell'epoca di maturazione della pensione;
- il Ministro non è vincolato al parere della Cassa nell'emissione del decreto di rivalutazione.
4. Ha proposto ricorso per Cassazione la Cassa di Previdenza ed Assistenza Geometri, deducendo tre motivi. Resiste con controricorso il geom. T.. La ricorrente ha presentato memoria integrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Col primo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, dell'art. 100 cod. proc. civ., della L. n. 483 del 1977, art. 2, della L. n. 773 del 1982, artt. 15 e 28, nonchè illogicità della motivazione:
erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto che il T. abbia un interesse ad agire, perchè è pacifico che l'attore è titolare di una pensione in misura fissa, liquidata a sensi della L. n. 583 del 1977, art. 2, comma 1 e art. 4, e ridotta a sensi della L. n. 37 del 1967, art. 16. La sentenza di merito non accerta che il T. abbia conseguito e comunicato alla cassa redditi professionali. La L. n. 773 del 1982, art. 15, prevede una rivalutazione dei redditi assoggettati a contributo ed è perciò evidente che il provvedimento riguarda le sole fattispecie previste dalla L. n. 383 del 1977, art. 2 comma 2 e art. 3. Se la pensione è liquidata nella misura minima, ciò significa che i redditi dichiarati sono inferiori al minimo e quindi non può essere rivalutato un reddito "immaginario".
6. Con il secondo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, dell'art. 12 preleggi, della L. n. 383 del 1977, art. 2, della L. n. 773 del 1982, art. 28, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5: i meccanismi di rivalutazione non sono applicabili alle pensioni che non siano calcolate sulla base dei redditi professionali (Cass. 2.2.2005 n. 2013). La ricorrente ribadisce che la L. n. 773 del 1982, art. 28, deve intendersi riferito alle sole pensioni liquidate a sensi della citata L. n. 583 del 1977, art. 2, commi 2 e 3.
7. Col terzo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E, art. 12 preleggi, della L. n. 773 del 1982, artt. 15 e 13, illogicità della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, e chiede che questa Corte di Cassazione disapplichi in quanto illegittimo il D.M. 18 settembre 1990, il quale, disattendendo il parere della Cassa, ha disposto la rivalutazione del 100% di tutti i redditi professionali, laddove il parere degli organi della Cassa era nel senso di rivalutare i soli redditi conseguiti dopo il 1989 e le sole pensioni di nuova liquidazione. Il Ministro non poteva emettere un decreto di indiscriminata rivalutazione del redditi-base senza richiesta motivata della Cassa, tenuto conto dell'andamento finanziario della stessa e dei bilanci. Nonostante il parere "Ercoli" inteso ad una progressiva attuazione della rivalutazione, il Ministro dispose che a decorrere dal 1.1.1991 la percentuale di cui alla L. n. 773 del 1982, art. 15, comma 3, era aumentata dal 75% al 100%.
8. Con riferimento ai primi due motivi, da trattarsi congiuntamente, rileva questa Corte: la Cassa Geometri è stata originariamente regolata dalla L. n. 37 del 1967, la quale prevedeva l'erogazione di prestazioni previdenziali, in particolare (art. 13) la pensione di vecchiaia in favore del geometra che abbia compiuto i 65 anni ed abbia almeno venti anni di contribuzione, 9. La misura della pensione di vecchiaia era stabilita in L. 780.000 annue (art. 16), con una riduzione per coloro che si fossero avvalsi della facoltà di versare il contributo in misura ridotta e con un aumento pari al 10% dell'ammontare accreditato all'iscritto a sensi del successivo art. 30.
10. Con L. n. 583 del 1977, il contributo personale obbligatorio venne fissato in L. 350.000 annue fisse, più un contributo integrativo pari al 10% sul reddito professionale dichiarato ai fini Irpef e comunicato alla Cassa; detto 10% poteva essere variato con decreto ministeriale. Con effetto dal 1.1.1977 la misura della pensione di cui alla L. n. 37 del 1967, art. 16, comma 1 (vale a dire, la misura fissa della pensione base) viene elevata a L. 2.210.000 annue. Con effetto dal 1.1.1979 - cioè due anni dopo - la misura di cui al comma precedente viene elevata ad una somma pari, per ogni anno di contribuzione, all'1,75% della media del reddito professionale imponibile dichiarato nei cinque anni precedenti. La percentuale può essere variata con decreto ministeriale. La misura della pensione non può essere inferiore a quella prevista nel comma 1 (L. 2.210.000 annue).
11. Con L. n. 773 del 1982, la disciplina della Cassa viene ulteriormente modificata. La pensione di vecchiaia viene corrisposta all'iscritto con almeno 65 anni di età e trenta di contribuzione. La pensione annua è pari (art. 2) all'1,75% (poi elevato al 2%) per ogni anno di contribuzione della media del reddito dichiarato ai fini fiscali ed assoggettato a contributo. A tal fine - e cioè per determinare l'1,75% della media dei redditi - i redditi annuali dichiarati, escluso l'ultimo, sono rivalutati a norma dell'art. 15 della medesima legge (vedi "infra"). La misura della pensione non può essere inferiore a sei volte il contributo soggettivo minimo e non può superare il 100% della media del reddito professionale rivalutato. Riduzioni a scaglioni sono poi previste per i redditi superiori a L. 20 milioni annui.
12. I redditi da assumere per il calcolo delle medie di riferimento delle pensioni (art. 15) nonchè per la determinazione della pensione minima di cui all'art. 2, comma 5, sono soggetti a rivalutazione ISTAT nella misura del 75% degli aumenti rilevati. La percentuale di cui sopra può essere variata tenuto conto dell'andamento finanziario della Cassa ed in effetti è pacifico che con D.M. Lavoro e Previdenza Sociale 18 settembre 1990, la rivalutazione venne portata al 100% rispetto al 75%. Tale decreto risulta avere disatteso il parere degli organi della Cassa - la quale avrebbe preferito un adeguamento graduale ed è pertanto censurato di illegittimità dalla medesima Cassa di Previdenza col terzo motivo.
13. Tale essendo riassuntivamente il quadro normativo, i primi due motivi del ricorso vanno accolti. E' stato contestato l'interesse ad agire del T., muovendo dal presupposto che l'attore fruisce della pensione in misura fissa e ridotta, a sensi della L. n. 583 del 1977, art. 2 comma 1 e art. 4 e che la L. n. 773 de 1982, art. 28, nel richiamare tale articolo ai fini della rivalutazione dei redditi, ha inteso riferirsi soltanto al suddetto art. 2, commi 2 e 3.
14. L'eccezione è stata superata dalla Corte di Appello con la non condivisibile argomentazione che la percezione della pensione "in misura fissa" era stata contestata; che l'attore aveva sempre sostenuto essere stata la propria pensione calcolata in base ai redditi e per di più assoggettata ad una rivalutazione a sensi della L. n. 773 del 1982, art. 15, onde rientrava nella previsione del D.M. più volte citato; che con provvedimento 29.3.1982 venne liquidata la pensione di vecchiaia necessariamente sulla base del reddito professionale "non essendo più vigente, al momento della liquidazione stessa, il criterio della misura fissa dettato dalla L. n. 37 del 1967, art. 16, ed aggiornato". In sostanza, la Corte di Appello ha ritenuto che non esistesse più la pensione "in misura fissa".
15. La statuizione della Corte di Appello appare censurabile in quanto risponde ad una argomentazione in fatto della Cassa di Previdenza con una argomentazione in parte basata su mera allegazione difensiva dell'attore (avere egli sostenuto di fruire di una pensione proporzionale ai redditi) e su un motivo di diritto, vale a dire che a partire da una certa data non sussisterebbe più la pensione in misura fissa. Si rileva al riguardo che a sensi della L. n. 37 del 1967, art. 16, la misura della pensione era fissata nella cifra base di L. 780.000 annue, con possibilità di riduzione in caso di versamento di contribuzione ridotta, ovvero di incremento per una quota pari al 10% dell'ammontare accreditato a sensi dell'art. 30. La L. n. 583 del 1977, art. 2, elevava l'importo base della pensione a L. 2.210.000 annue dal 1.1.1977, indi a partire dall'1.1.1979 introduceva il criterio degli anni di contribuzione moltiplicati per l'1,75% della media del reddito professionale dichiarato nei cinque anni precedenti, ma col limite minimo di cui al primo comma (L. 2.210.000 annue). La L. n. 773 del 1982, ha confermato il criterio della liquidazione nella misura dell'1,75% del reddito medio del decennio per ogni anno di contribuzione (percentuale poi elevata al 2%) ed ha tenuto fermo il minimale pari a "sei volte il contributo soggettivo minimo" dell'anno precedente a quello di maturazione del diritto a pensione. La stessa L. n. 773 del 1982, con l'art. 15, prevede la rivalutazione dei redditi da assumere per il calcolo delle medie di riferimento nonchè per la determinazione della pensione minima. Tale rivalutazione era prevista in misura pari al 75% dell'indice ISTAT, poi elevato al 100%. Ciò conferma che anche dopo la "novella" del 1982 esiste una pensione minima.
16. Come si ricordava, obietta la Cassa che, essendo il T. fruitore di pensione minima, una rivalutazione del redditi presi a base della pensione non gli giova e si risolverebbe in una astratta esercitazione di principio, perchè in ogni caso la sua pensione rimarrebbe attestata al minimo. A tale obiezione la Corte di Appello non ha fornito adeguata risposta. Si ravvisa comunque l'opportunità di puntualizzare che, a sensi della L. n. 773 del 1982, art. 28, le pensioni maturate anteriormente al 1982 sono soggette alla rivalutazione con la stessa decorrenza e nella stessa misura delle pensioni liquidate dopo l'entrata in vigore della ridetta L. n. 773 del 1982. Ma il tutto subordinatamente alla verifica dell'interesse ad agire, e quindi dell'incidenza concreta della rivalutazione sulla misura della pensione. Posto, dunque, che in tanto è possibile applicare la rivalutazione in quanto la pensione sia proporzionale ai redditi assoggettati a contributo, l'accoglimento della domanda attrice presuppone che si accerti positivamente tale circostanza, in modo da dare ingresso all'interesse ad agire e, quindi, all'applicazione della norma invocata.
17. Da disattendere il terzo motivo, contenente la richiesta di declaratoria di illegittimità, e quindi di disapplicazione,del Decreto Ministeriale in questione: la Legge, nell'attribuire al Ministro del Lavoro il potere di variare le percentuali - sia di contribuzione, sia di prestazione - gli attribuisce un potere discrezionale da esercitarsi secondo determinati criteri direttivi (in particolare l'andamento dei conti della Cassa) ma non prevede che gli organi di amministrazione della Cassa rendano pareri vincolanti;
talchè ben può il Ministro, nell'ambito dei poteri delegatigli dalla legge, procedere alle variazioni anche disattendendo il parere della Cassa di Previdenza. Questa Corte di Cassazione non ha dubitato della legittimità del citato D.M., del quale ha fatto applicazione "de plano" nelle sentenze 25.11.2000 n. 15231 e 23.1.2004 n. 1228.
18. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata ed il processo va rinviato a la Corte di Appello di Bologna, anche per le statuizioni circa le spese.

P.Q.M.

La CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso; rigetta il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Bologna.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 marzo 2008.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2008
 

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