Cass 17892 2014 sul comma 488 delibere ancora illegittime

Nonostante l'ennesimo intervento ad adiuvandum del Legislatore, le delibere delle Casse che hanno violato il pro rata continuano ad essere ritenute illegittime dalla Corte di cassazione ed i pensionati hanno quindi diritto alla riliquidazione della quota A
 
  
 
La Suprema Corte ha affrontato, con la sentenza n. 17892/2014, la questione della portata normativa dell’art. 1 comma 488 della l. n. 147 del 2014 escludendone l’efficacia retroattiva e l’incidenza sul contenzioso pendente.
 
Richiamando Cass n 9947/11; Cass. ord. 3613/12; Cass n. 18558/12; Cass. n. 13607/12; Cass. n. 18559/12; Cass. n. 18558/12; Cass. n. 18479/12; Cass. 13613/12 e Cass. 13614/12, con la sopra richiamata recentissima sentenza, Suprema Corte ha, quindi, ribadito l'illegittimità delle delibere regolamentari che hanno innalzato il numero di redditi da includere nella base pensionabile senza rispettare il criterio del pro rata nel senso chiarito dalla medesima corte di legittimità con la pronuncia n 24202 del 2009.
 
L’art. 1 comma 488 della l. n. 147 del 2013 stabilisce che "L'ultimo periodo dell'articolo 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si interpreta nel senso che gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al medesimo comma 763 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine".
 
Va, quindi ricordato che, con l'art. 1 comma 763 della Legge n 296 del 2006 (Finanziaria per il 2007), cui si riferisce l'art. 1 comma 488, è stato modificato il previgente art. 3 comma 12 della legge n 335 del 1995 con l'innovazione dei criteri d'esercizio dell'autonomia regolamentare in materia previdenziale degli enti previdenziali privatizzati di cui al d.lgs. n. 509 del 1994. 
 
La tecnica di formulazione della norma prevede, con un virgolettato, l'espressa modifica dei commi 1° e 2° dell'art. 3 comma 12 della legge n 335 del 1995 e un inciso finale, che non entra a far parte dell'art. 3 comma 12 della legge n 335 del 1995, che stabilisce: "sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima dell'entrata in vigore della presente legge".
 
E quest'ultimo inciso, secondo quanto previsto dell'art. 1 comma 488 della l. n. 147 del 2013, si dovrebbe interpretare nel senso che "gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al medesimo comma 763 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine".
 
Nelle pagine di questo sito, all'indomani dell'entrata in vigore della l. n. 147 del 2013, si è avuto modo di rilevare come la nuova norma, pur qualificandosi come di interpretazione autentica, non potesse essere considerata tale, tenuto conto, tra l'altro, che la condizione della sostenibilità di lungo periodo non era presente nella norma interpretata era stata introdotta dalla norma interpretante che quindi non poteva considerarsi nterpretativa ma innovativa.
 
Si era, inoltre, avuto modo di evidenziare i profili di illegittimità costituzionale della norma per l'evidente contrasto con l'art. 6 della Cedu e, di conseguenza, con l'art. 117 della Cost.
 
La Suprema Corte, con la già richiamata recente sentenza n 17892/2014 ha condiviso in pieno tali rilievi:
 
a) escludendo la sanatoria delle delibere regolamentari già adottate dalle Casse per effetto dell'inciso finale dell'art. 1 comma 763 della l. n. 296/2006;
 
b) precisando che i nuovi criteri di esercizio dell'autonomia regolamentare stabiliti dall'art. 3 comma 12 della l. n. 335 del 1995 così come modificato dall'art. 1 comma 763 della l. n. 296 del 2006 possono trovare applicazione solo con riferimento ai regolamenti successivi al 1° gennaio del 2007;
 
c) escludendo l'applicabilità della norma di cui all'art. 1 comma 488 della l. n. 147/13 in via retroattiva trattandosi di norma che ha innovato il senso dell'inciso finale di cui all'art. 1 comma 763 della l. n. 296 del 2006 e che non si è limitata ad interpretarlo ed imponendosi un'interpretazione costituzionalmente conforme della norma con esclusione di effetti retroattivi non giustificati da imperativi motivi di interesse generale.
 
Su quest'ultimo punto la Corte ha diffusamente motivato nei, del tutto condivisi, termini che seguono "la soluzione fatta propria dal legislatore con la norma in questione inoltre non può essere considerata una possibile variante di senso del testo originario della norma oggetto di interpretazione, quanto piuttosto una norma innovativa, diretta esclusivamente a rendere retroattivamente legittimi gli atti e delibere emanati dalla Cassa in contrasto con le norme vigenti in materia, come evincibili dal consolidato orientamento di legittimità. Petrtanto la norma della Finanziaria 2014, lungi dall'esprimere una soluzione ermeneutica tra i significati ascrivibili al citato art. 1 comma 763 l. n. 296/06, ad esso nettamente deroga, innovando rispetto al testo previgente, peraltro senza alcuna ragionevole giustificazione, in contrasto con il divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamenti e della tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti assicurati e già pensionati, in assenza di motivi imperativi di interesse generale costituzionalmente rilevanti (cfr. da ultimo C. Cost. n. 170/2013, n. 103/2013, n. 271/2011). La norma in questione, inoltre, facendo retroagire la disciplina in esso prevista, non rispetta i principi generali di eguaglianza e ragionevolezza (cfr. C. Cost. n. 209 del 2010). Nè può venire in considerazione, nel contesto riferito, il principio della discrezionalità del legislatore nel collocare nel tempo le innovazioni normative (C. Cost. ordinanze n. 137 e 346 del 2008). E' peraltro noto che, a partire dalle sentenze n. 348 e 349 del 2007, la giurisprudenza della Corte Costituzionale è costante nel ritenere che le norme della Cedu, nel significato loro attribuito dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, integrino quali "norme interposte, il parametro costituzionale espresso dall'art. 117 primo comma Cost. nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna a vincoli erivanti dagli obblighi internazionali...La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha più volte affermato che se, in linea di principio, nulla vieta al legislatore di regolamentare in materia civile, con nuove disposizioni, dalla portata retroattiva i diritti risultanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e il concetto di processo equo sanciti dall'art. 6 della Convenzione, ostano, salvo che per imperative ragioni i interesse generale, all'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia, al fine di influenzare l'esito giudiziario di una controversia (ex plurimis Corte Europea sentenza, seconda sezione, 7 giugno 2011, Agrati e altri c Italia...). Pertanto, secondo il giudice delle leggi, sussiste uno spazio, sia pure delimitato, per un intervento del Legislatore con efficacia retroattiva se giustificato da "motivi di interesse generale". nel caso in esame, come si evince dalle considerazioni sopra svolte non è dato ravvisare quali sarebbero i motivi imperativi di interesse generale, idonei ad attribuire effetto retroattivo alla norma in questione".
 
La S.C. ha, dunque, ritenuto percorribile un'interpretazione costituzionalmente conforme della norma escludendone la portata retroattiva.
 
In effetti, ove la norma di cui all’art. 1 comma 488 della l. n 147/2013, venga interpretata come una sanatoria ex nunc dei regolamenti e degli atti adottati dagli enti previdenziali privatizzati entro il 31.12.2006, essa, pur criticabile sotto molti profili, potrebbe sottrarsi agli altrimenti ineludibili vizi sopra enunciati.
 
Il Legislatore avrebbe, in sostanza, legificato, con decorrenza dall'1.1.2014 tutti gli atti e i regolamenti adottati dagli enti previdenziali privatizzati entro il 31.12.2006 se diretti alla sostenibilità di lungo periodo.
 
Ne conseguirebbe che, per i pensionamenti attuati entro il 31.12.2013, i regolamenti emanati entro il 31.12.2006 continuerebbero ad essere valutati sulla base delle fonti primarie di riferimento (cfr. art. 3 comma 12 della l. n. 335 del 1995) mentre, per i pensionamenti attuati a decorrere dall'1.1.2014, la fonte di riferimento sarebbe da considerare la combinazione dei predetti regolamenti con la norma di sanatoria di cui all'art. 1 comma 488 della l. n. 147 del 2013.
 
E' di tutta evidenza come tale interpretazione consentirebbe di evitare che la norma di sanatoria in questione si sovrapponga al contenzioso pendente determinandone l'esito, con la già evidenziata violazione degli artt. 117 Cost e 6 CEDU.
 

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