cassazione le pensioni dei ragionieri vanno ricalcolate

 
 
 
 
Con 45 sentenze la cassazione obbliga la cassa ragionieri a ricalcolare le pensioni ma la questione riguarda anche la cassa commercialisti...
 
 
 
Con 45 sentenze del 6 aprile 2011, depositate il successivo giorno 18, la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato, in linea di continuità con tutte le precedenti pronunce sugli ambiti dell'autonomia regolamentare degli enti previdenziali privatizzati, la questione relativa alla contestata legittimità della delibera della Cassa Ragionieri con la quale è stato incrementato il numero dei redditi da inserire nella base pensionabile con riferimento al calcolo della quota pensionistica riferibile alle anzianità contributive maturate anteriormente al 2004, alla quota, cioè, che viene calcolata con il c.d. metodo retributivo o reddituale.
 
Le norme vigenti prima dell'introduzione della modifica regolamentare prevedevano che la pensione fosse calcolata prendendo in considerazione, come base pensionabile, la media dei migliori quindici redditi prodotti nei venti anni anteriori al pensionamento.
 
Con le delibere del 2002 e del 2003, invece, la Cassa Ragionieri, nell'introdurre, per le anzianità contributive future il sistema contributivo di calcolo, ha mantenuto, quanto alla quota riferibile alle anzianità contributive maturate prima del 31.12.2003, il sistema retributivo o reddituale ma con l'innalzamento del numero dei redditi da inserire in base pensionabile dai migliori quindici sugli ultimi venti anteriori al pensionamento agli ultimi 24 prodotti prima del 2004.
 
Secondo la Suprema Corte, tale modifica del criterio di calcolo della quota pensionistica riferibile alle anzianità contributive ante delibera viola il principio del pro rata così come definito dall'art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995 nel testo vigente all'epoca dell'adozione delle contestate delibere.

Secondo la Cassa Ragionieri, il principio del rispetto del pro rata non sarebbe imposto con riferimento alle riforme di sistema quali quella dell'introduzione del sistema contributivo. Di diverso avviso la Suprema Corte secondo cui proprio in caso di riforme di sistema il principio del pro rata appare maggiormente indicato ai fini della tutela delle aspettative maturande da parte degli iscritti a sistemi previdenziali.
 
In particolare, ha precisato la Corte, il pro rata è un accorgimento cui è ricorso più volte il legislatore al fine di tutelare le aspettative degli assicurati non ancora assurte a diritti pensionistici perfetti. Ciò rilevato ha nuovamente preso le distanze dal suo unico precedente di segno contrario, la sentenza n 14701/2007 con la quale si era affermato il principio secondo cui il sistema di calcolo della pensione non sarebbe suscettibile di frazionamento per il che la pensione andrebbe comunque calcolata con i criteri vigenti al momento della maturazione del diritto (tale precedennte era stato già apertamente criticato dalla sentenza n 24202/09 con la quale la Suprema Corte aveva enucleato il significato di pro rata ed etichettato, senza mezzi termini, il precedente del 2007 come privo di basi giuridiche).

Ancora, la Suprema Corte, pare porre la parola fine ad ogni ulteriore disquisizione in ordine alla portata dell'inciso del comma 763 dell'art. 1 della L. n. 296 del 2006 che testualmente dispone che sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni adottati dagli enti previdenziali privatizati prima dell'entrata in vigore della legge (finanziaria per l'anno 2007) se approvati dai ministeri vigilanti. Tale inciso della norma richiamata (che ha modificato modalità e presupposti per l'esercizio dell'autonomia regolamentare degli enti previdenziali privatizzati, innovando il testo dell'art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995) era stato interpretato dalle casse (seguite da alcune pronunce di merito che avevano, su tale presupposta interpretazione, anche sollevato questione di legittimità costituzionale per violazione, tra l'atro, dell'art. 24 cost) nel senso che avesse sanato le delibere adottate prima dell'entrata in vigore della legge qualora approvate dai ministeri vigilanti.
 
La Suprema Corte ha, invece, condivisibilmente respinto l'interpretazione dell'inciso come norma di sanatoria, ravvisando la sua logica non già nell'intento di sanare eventuali delibere in contrasto con le norme vigenti all'epoca della loro emanazione ma nell'intento di garantirne l'ultrattività anche ove contrastanti con i nuovi criteri d'esercizio dell'autonomia regolamentare introdotti dall'art. 1 comma 763 dell Finanziaria 2007 (e si trattava di interpretazione che chi scrive aveva suggerito all'indomani dell'approvazione della finanziaria).

La Suprema Corte ha, in sostanza, fatto una lineare applicazione del principio del tempus regit actum ritenendo che la norma finale del comma 763 dell'art. 1 della L. n. 296 del 2006 null'altro significhi se non che le delibere regolamentari adottate prima della Finanziaria del 2007 vadano esaminate e valutate alla luce dell'art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995 nell'originaria versione e che le delibere regolamentari ed i provvedimenti successivi vadano invece valutati alla luce dell'art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995 così come modificato dall'art. 1 della L. n. 296 del 2006.

Resta da verificare se, come ed in che termini la Cassa Ragionieri si adeguerà al decisum della Suprema Corte considerando in particolare il significativo impatto finanziario anche in una prospettiva attuariale che un generale ricalcolo delle pensioni maturate e maturande comporterà.
 
Ulteriore interrogativo che pongono le pronunce è quello se la Cassa Commercialisti che ha deliberato un analogo incremento del numero dei redditi da inserire in base pensionabile, in sede di passaggio al sistema contributivo (deliberato il 14 luglio 2004), con riferimento alle anzianità contributive maturate prima del 31.12.2003, assumerà provvedimenti conformativi del proprio sistema previdenziale ovvero rimarrà inerte in attesa che la Cassazione si pronunci anche con specifico riferimento al suo sitema di previdenza.

Nei confronti della Cassa Commercialisti, sentenze che hanno condannato alla riliquidazione della pensione, con riferimento alla quota retributiva, sulla base dei migliori quindici redditi sugli ultimi venti redditi dichiarati anteriormente al pensionamento, anzichè sulla base del numero dei redditi indicati nella tabella allegata al nuovo regolamento sono state pronunciate dal Tribunale di Roma e dal Tribunale di Fermo (e vi sono, a quanto consta, solo procedimenti pendenti in appello).
 
Il tempo della Cassazione è ancora lontano ma le conseguenze di un ritardo della Cassa nell'assumere determinazioni che tengano conto di principi enucleati dalla Cassazione che sono chiaramente estensibili al suo sitema previdenziale potrebbero rivelarsi colpevolmente gravi.      
 
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