natura delle circolari amministrative

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Le circolari amministrative non hanno natura normativa e possono essere disapplicate, possono valere come esimenti di responsabilità del funzionario

 

Con sentenza n 7521 del 15 ottobre 2010, la Sez V del Consiglio di Stato ha avuto modo di tornare ad esaminare la questione relativa alla natura giuridica delle circolari amministrative ribadendo principi già cristallizzati nella sua giurisprudenza. Le circolari amministrative, hanno precisato i giudici di Palazzo Spada, non possono essere contrarie a norme regolamentari e/o di legge e non sono vincolanti nei confronti dell'organo destinatario delle stesse. Le circolari amministartive, ha precisato il collegio, sono atti diretti agli uffici sottordinati che non hanno, di per sè, valore normativo o provvedimentale, nè efficacia vincolante per i soggetti estranei all'amministrazione. In tale prospettiva non è necessario procedere alla disapplicazione di circolari amministrative che risultino in contrasto con norme regolamentari o di legge in quanto si potrà procedere all'applicazione diretta di queste. Le circolari amministrative interpretative possono, peraltro, rilevare nella valutazione del comportamento del funzionario che ne abbia fatto applicazione.


Consiglio di Statio Sez V sent n 7521 del 15 ottobre 2010

Le circolari amministrative, in quanto atti di indirizzo interpretativo, non sono vincolanti per i soggetti estranei all'Amministrazione, mentre per gli organi destinatari esse sono vincolanti solo se legittime, potendo essere disapplicate qualora siano contra legem.

 

FATTO e DIRITTO

 

La sentenza appellata ha respinto il ricorso di primo grado, proposto dai Signori A. R., R. P., nonché dal Sig. G. C. De S., in proprio e per delega di F. F., A. De S. e M. L. De S., eredi di R. De S., diretto all'annullamento del provvedimento di cui al verbale n. 1731 in data 15.6.1989, con il quale il competente CO.RE.CO. (Comitato Regionale di Controllo) aveva annullato le deliberazioni nn. 229, 230 e 231 del 5.5.1988, adottate dal Comitato di Gestione della U.S.L. RM 29, avente ad oggetto l'inquadramento dei Dottori R., P. e De S. all'11° livello, con la qualifica di Direttore Amministrativo Capo Servizio, nonché di tutti gli altri atti preordinati, consequenziali o connessi.
La sentenza è appellata dai soli Dottori A. R. e R. P., i quali contestano la decisione di rigetto e ripropongono le censure disattese dal TAR.
In punto di fatto, è opportuno evidenziare che i Dottori De S., P. e R., dipendenti dell'Ospedale Provinciale Specializzato in malattie dell'apparato respiratorio "A. e C. Cartoni" di Rocca Priora, poi confluito nella U.S.L. RM 29 (oggi ASL ROMA H), hanno ricoperto, rispettivamente, la qualifica di Capo Ripartizione Personale, Capo Ripartizione Tecnica e Capo Ripartizione Ragioneria.
In base alle norme contenute nella legge n. 833/1978 e nel D.P.R. n. 761/1975, i ricorrenti di primo grado hanno assunto la qualifica di direttori amministrativi e, successivamente al primo Accordo Nazionale Unico di Categoria del Comparto Sanità, approvato con D.P.R. 25 giugno 1983, n. 348, sono stati inquadrati come direttori amministrativi del II° livello dirigenziale.
Con il D.P.R. 20 giugno 1987, n. 270 (che ha reso esecutivo l'Accordo Nazionale di Categoria per il triennio 1985-1987) si è previsto l'inquadramento all'11° livello del personale dirigente amministrativo ex ospedaliero (art. 117, comma 1, lettera r).
La USL RM 29, tenuto conto degli indirizzi applicativi forniti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica, ha adottato le deliberazioni del Comitato di Gestione nn. 229, 230 e 231 del 5.5.1988, di inquadramento dei ricorrenti all'11° livello del personale dirigente amministrativo.
Il Comitato Regionale di Controllo, però, con il provvedimento impugnato in primo grado, ha annullato le tre delibere indicate, rilevandone il contrasto con l' articolo 117 del D.P.R. n. 270/1987
Con un unico articolato motivo di ricorso, i ricorrenti di primo grado hanno dedotto i seguenti vizi del provvedimento impugnato: violazione ed errata applicazione dell' art. 117, lettera r) del D.P.R. n. 270/1987; violazione della circolare della Regione Lazio n. 5 del 21.1.1988 e della nota di indirizzo della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica prot. n. 10705/300.2.5 del 30.12.1987; eccesso di potere per carenza di motivazione, erronea conoscenza dei fatti e dei presupposti, ingiustizia manifesta.
In particolare, i ricorrenti di primo grado hanno evidenziato che:
- le deliberazioni del Comitato di Gestione della USL RM 29 nn. 229, 230 e 231 del 1988 sono state assunte in ossequio al combinato disposto dell' art. 117, comma 1, lettera r) del D.P.R. n. 270/1987, e della circolare della Regione Lazio n. 5 del 21.1.1988, che ha trasmesso la nota di indirizzo della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica prot. n. 10705/300.2.5 del 30.12.1987;
- il provvedimento di annullamento del Comitato Regionale di Controllo, pertanto, è stato assunto, a loro parere, in violazione delle disposizioni richiamate, senza prendere in considerazione le motivazioni dell'inquadramento indicate nelle tre deliberazioni citate e senza indicare le ragioni per le quali si sarebbe dovuto giungere al loro annullamento.
Il TAR ha giudicato infondate le censure, osservando che il D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270 (recante norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sindacale, per il triennio 1985-1987, relativa al comparto del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale), all'art. 117 (Norma particolare di primo inquadramento), ha stabilito che "1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto le sottoindicate figure professionali, tali in posizione di ruolo e con l'incarico formalmente attribuito delle funzioni a fianco di ciascuna figura indicate alla data del 20 dicembre 1979, vengono così inquadrate: ... r) personale ex ospedaliero del II livello dirigenziale di ospedale con oltre ottocento posti letto, con laurea ovvero con cinque anni di anzianità maturati nella qualifica anche successivamente alla data di cui al comma 1 del presente articolo - 11° livello".
Al fine di dare concreta attuazione a tale disposizione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica, ha emanato la nota di indirizzo prot. n. 10705/300.2.5 del 30.12.1987, con la quale, tra l'altro, ha precisato che:
- la lettera r) riguarda esclusivamente la dirigenza del ruolo amministrativo (profilo professionale Direttori Amministrativi) degli Ospedali con oltre 800 posti letto (pag. 28, punto 3);
- gli inquadramenti del personale di cui alla lettera r) riguardano, oltre i dirigenti amministrativi degli ospedali con oltre 800 posti letto, anche quelli degli ospedali specializzati con meno di 800 posti letto (pag. 28, punto 1).
Con le deliberazioni nn. 229, 230 e 231 del 1988, il Comitato di Gestione della USL RM 29, ha provveduto ad inquadrare all'11° livello i tre ricorrenti di primo grado, evidenziando che tra le strutture sanitarie confluite nell'Unità Sanitaria Locale rientrava anche l'Ente Ospedaliero di Rocca Priora, già classificato come Ospedale Specializzato Provinciale.
Sicché, anche se la USL RM 29 aveva meno di 800 posti letto (come si desume dal tenore delle deliberazioni indicate), sono stati adottati provvedimenti favorevoli agli interessati, sulla base di quanto previsto dalla nota di indirizzo del Dipartimento per la Funzione Pubblica.
A parere del TAR, a fronte delle determinazioni assunte dalla USL RM 29, il CO.RE.CO. ha correttamente annullato le deliberazioni nn. 229, 230 e 231, richiamando quanto puntualmente stabilito dall' art. 117 del D.P.R. n. 270/1987.
Secondo la sentenza impugnata, la decisione dell'organo di controllo appare legittima e doverosa, in quanto è evidente il contrasto tra la lettera r) del primo comma dell' art. 117 del D.P.R. n. 270/1987 - che ha consentito di inquadrare all'11° livello il personale ex ospedaliero del II livello dirigenziale (con laurea ovvero con cinque anni di anzianità maturati nella qualifica anche successivamente alla data di cui al comma 1 dello stesso articolo) solo se tale personale appartiene ad un ospedale con oltre ottocento posti letto - e la nota di indirizzo prot. n. 10705/300.2.5 del 30.12.1987 del Dipartimento per la Funzione Pubblica, che, "senza alcuna apparente ragione plausibile", ha esteso tale possibilità ai dirigenti amministrativi degli ospedali specializzati con meno di 800 posti letto (pag. 28, punto 10).
La pronuncia appellata evidenzia, inoltre, che il punto 10 della nota indicata risulterebbe in contrasto con quanto stabilito al punto 3 della stessa, ove si legge che "la lettera r) riguarda esclusivamente la dirigenza del ruolo amministrativo (profilo professionale Direttori Amministrativi) degli Ospedali con oltre 800 posti letto".
L'appello non muove specifiche critiche all'argomento centrale esposto dal TAR, secondo cui l'inquadramento a suo tempo disposto dalla USL, e la nota di indirizzo adottata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri contrastano apertamente con la espressa previsione regolamentare, che definisce i presupposti per l'inquadramento del personale nell'XI livello dirigenziale. Tuttavia, la parte appellante sostiene che l'organo di controllo non aveva il potere di "disapplicare" gli atti di indirizzo adottati dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dalla Regione Lazio.
La tesi degli appellanti non è condivisibile.
Gli atti di inquadramento del personale previsti dall'articolo 117 hanno carattere vincolato e sono correlati esclusivamente all'applicazione puntuale della disposizione sulla base dell'oggettivo accertamento dei presupposti di fatto indicati dalla norma.
In tale quadro di riferimento, gli atti di indirizzo adottati dall'amministrazione non possono determinare alcun ulteriore vincolo in capo all'organo di controllo, chiamato a pronunciarsi sulla legittimità degli atti di inquadramento.
Le circolari interpretative della Presidenza del Consiglio e della Regione Lazio assumono rilevanza eventuale nel quadro della valutazione dei comportamenti dei funzionari che ne hanno fatto applicazione, ma non sono certamente idonee a modificare il contenuto delle prescrizioni regolamentari applicabili alla fattispecie in esame.
A maggiore ragione, gli indicati atti interpretativi non possono condizionare la valutazione espressa dal giudice amministrativo, nell'esercizio dei suoi poteri di cognizione e di decisione.
Questa conclusione non potrebbe essere in alcun modo contrastata dall'affermazione secondo cui le circolari avrebbero un proprio "valore provvedimentale", facendo sorgere "obblighi di comportamento con residui di discrezionalità di diversa ampiezza", in capo ai soggetti destinatari, come sostenuto dagli appellanti.
In tal modo, infatti, lo stesso appello riconosce che l'efficacia "condizionante" degli atti di indirizzo interpretativo potrebbe assumere rilevanza, a tutto, concedere, solo nell'ambito di attività a contenuto discrezionale.
Pertanto, nella vicenda in contestazione, non rileva il principio generale in forza del quale gli atti amministrativi producono effetti, "anche se viziati da illegittimità" (almeno fin quando non siano annullati)".
Ciò chiarito, non vi è alcun dubbio sulla portata dell'articolo 117, lettera r), che utilizza un unico criterio per definire i presupposti per attribuire il livello di inquadramento del personale dirigenziale, riferendolo, puntualmente, al solo numero di posti letto della struttura ospedaliera, senza attribuire alcun rilievo al carattere specialistico, o meno, dell'apparato.
Quindi, seppure sinteticamente, l'Organo di controllo ha motivato la sua scelta in modo corretto, richiamando il chiaro tenore dell'art. 117, D.P.R. n. 117/1987. Su tale base ha assunto la decisione di annullare le tre deliberazioni della ASL RM 29, operando una obbligata scelta diretta all'applicazione della fonte normativa sovraordinata, anziché alla circolare risultante con essa in aperto contrasto.
Come esattamente rilevato dal TAR, poi, le circolari amministrative sono atti diretti agli organi e uffici periferici ovvero sottordinati, che non hanno di per sé valore normativo o provvedimentale. "Ne consegue che tali atti non rivestono una rilevanza determinante nella genesi dei provvedimenti che ne fanno applicazione". Inoltre, è evidente che tali atti di indirizzo interpretativo non sono vincolanti per i soggetti estranei all'amministrazione, mentre, per gli organi destinatari esse sono vincolanti solo se legittime, potendo essere disapplicate qualora siano contra legem. (C. Stato, sez. IV, 27-11-2000, n. 6299).
È vero che, come dedotto dagli appellanti, il Dipartimento della funzione pubblica, istituito nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è titolare di un potere di indirizzo e di coordinamento generale in materia di pubblico impiego, ai sensi dell'articolo 27 della legge 29 marzo 1983, n. 83. È fuori discussione, peraltro, che tale potere deve svolgersi nel pieno rispetto delle regole vincolanti che definiscono i presupposti per l'inquadramento del personale pubblico.
Per gli stessi motivi, la specifica funzione consultiva prevista dall' articolo 112, comma 8, del DPR n. 270/1987 non autorizza la deroga a norme vincolanti dal contenuto non equivoco.
Non muta questa conclusione nemmeno la circostanza che la Regione Lazio abbai partecipato, quale componente della Commissione consultiva di cui all'articolo 112 del DPR n. 270/1983, alla formazione dell'atto interpretativo
Né può dirsi che l'indirizzo interpretativo espresso dal Dipartimento si sia riferito a fattispecie "non espressamente considerate" dal DPR n. 270/1987. Infatti, la normativa richiamata indica con chiarezza l'ambito applicativo delle regole di inquadramento considerate.
Contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti, poi, il potere di disapplicazione del giudice amministrativo non è circoscritto alle sole controversie in cui si faccia questione di diritti soggettivi, né presuppone una specifica domanda di parte, né, infine, può essere esercitato unicamente nelle ipotesi in cui esso sia finalizzato ad un esito favorevole alla parte attrice.
Nella vicenda in esame, peraltro, non si è in presenza della "disapplicazione" di un atto amministrativo illegittimo, in quanto le circolari della Presidenza del Consiglio e della Regione Lazio hanno una valenza meramente interpretativa delle disposizioni regolamentari rilevanti ai fini dell'inquadramento del personale.
Tanto il CORECO, quanto il TAR, quindi, hanno correttamente rilevato che tali atti di indirizzo, anche prescindendo dalla loro illegittimità, non sono idonei a definire i contenuti del rapporto giuridico controverso, direttamente riferibili alle norme regolamentari che disciplinano la vicenda e agli atti di inquadramento adottati dall'amministrazione sanitaria.
In definitiva, quindi, l'appello deve essere respinto. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite, non essendosi la regione costituita in giudizio.

P.Q.M.
Respinge l'appello.

Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2010 con l'intervento dei Signori:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Marco Lipari, Consigliere, Estensore
Marzio Branca, Consigliere
Roberto Chieppa, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 15 OTT. 2010.

 

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