responsabilità PA e danno non patrimoniale

Con la sentenza n 3397 del 20 maggio 2010, la Sezione V del Consiglio di Stato viene investita della questione se le coordinate espresse dalle Sezioni Unite in ordine all'individuazione ed alla prova del danno non patrimoniale in sede civile siano estensibili anche al campo della responsabilità della PA. Il Consiglio di Stato fornisce risposta positiva al quesito negando la tutela risarcitoria richiesta sul rilievo che il danno non patrimoniale risarcibile deve originare da una lesione di un diritto della persona costituzionalmente rilevante caratterizzato dalla serietà dell'offesa e dalla gravità delle relative conseguenze e, sotto quest'ultimo profilo, dalla necessità di fornire una prova, sia pure attraverso le presunziioni, del danno conseguenza subito.
 
Consiglio Stato Sez. V del  28 maggio 2010  n. 3397
Secondo una lettura evolutiva dell'art. 2059 c.c. fornita dalla più recente giurisprudenza della Corte di cassazione, da ritenere applicabile anche al processo amministrativo, il danno non patrimoniale deve ritenersi risarcibile non solo nei casi contemplati da apposita previsione di legge, ma anche nelle ipotesi di lesione dei valori fondamentali della persona tutelati dalle disposizioni immediatamente precettive della Carta costituzionale.

Il risarcimento del danno non patrimoniale costituzionalmente qualificato è ammesso nei soli casi in cui la lesione del diritto costituzionale sia qualificata dalla serietà dell'offesa e dalla gravità delle conseguenze nella sfera personale del danneggiato.

Ai fini del riconoscimento del danno non patrimoniale, è necessario che il danneggiato fornisca la prova, oltre dell'evento dato dalla sussistenza di una lesione del diritto costituzionalmente primario che superi la soglia della tollerabilità, anche della ricorrenza di significative ripercussioni pregiudizievoli sotto il profilo del danno-conseguenza.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 9228 del 2009, proposto da: 
Comune di Taranto, in persona del Sindaco pro tempore,  rappresentato e difeso dall'avv. Marcello Fischetti, con  domicilio  eletto  presso Sebastiano Mastrobuono in Roma, via Fabio Massimo, n. 60;

contro

A. C., rappresentato e difeso dall'avv. Bruno Decorato, con domicilio eletto presso Arcangelo Bruno in Roma, via Gregorio VII, n. 154;    

per la riforma della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE  I n. 01874/2009, resa tra le  parti,  concernente  AUTORIZZAZIONE  ALLA VENDITA DI QUOTIDIANI E PERIODICI IN POSO FISSO - RISARCIMENTO DANNI. Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A. C.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  2  marzo  2010  il  Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti gli avvocati Decorato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con avviso pubblico del 21.1.2005, il Dirigente del Settore Attività Produttive del Comune di Taranto indiceva la procedura per l'assegnazione di n. 11 autorizzazioni per l'attività di rivendita esclusiva di giornali e riviste.
A. C. partecipava alla procedura per le zone di Lama - Carelli S. Vito e Solito -Corvisea ed otteneva l'assegnazione della rivendita della zona di S. Vito da localizzare <<a chiosco, sul viale Jonio, tra l'ingresso alla nuova base navale e l'incrocio con Viale del Tramonto, la cui distanza dall'edicola più vicina non dovrà essere inferiore a mt. 400 e, comunque, nei casi in cui la rivendita più vicina si trovi in una macro zona diversa la distanza minima non potrà essere inferiore a mt. 400>> (nota 30.11.2005 prot. n. 9582/AA.PP. del Dirigente del Settore Attività Produttive di Taranto).
Riscontrando la nota in discorso, la C. evidenziava talune criticità relative al sito assegnato e proponeva altra area sita a 200 mt dal punto limite, lontana 510 m. dalla rivendita di giornali più vicina.
Vista l'impraticabilità di tale soluzione, con provvedimento 14.9.2007 n. 147, il Dirigente della Direzione Sviluppo Economico e Produttivo del Comune di Taranto autorizzava la ricorrente all'esercizio della <<rivendita di quotidiani e periodici in posto fisso nel chiosco sito .....alla piazzetta Spartitraffico Viale Jonio angolo via Dentice adiacente Istituto comprensivo "R. Frascolla">>.
Con l'atto impugnato in primo grado il Dirigente procedeva però alla revoca dell'autorizzazione, sulla base della seguente motivazione: <<premesso che la ridetta autorizzazione veniva rilasciata in un punto distante di circa duecento metri dall'ambito ottimale messo a concorso ...revoca, nell'esercizio del potere di autotutela, l'autorizzazione n. 147 del 14.09.2007........in quanto tale area non è compresa nell'ambito ottimale previsto dal vigente piano comunale per le rivendite esclusive di giornali e riviste>>.
Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno accolto il ricorso proposto per l'annullamento del provvedimento di revoca ed hanno accordato alla ricorrente un risarcimento del danno non patrimoniale quantificato nella misura di 20.000 euro.
Con l'atto di appello in epigrafe specificato il Comune di Taranto contesa la statuizione di primo grado.
La parte originariamente ricorrente ha affidato al deposito di apposita memoria l'illustrazione delle proprie tesi difensive.

DIRITTO

Il presente giudizio trae origine dalla determinazione dirigenziale con la quale il Comune di Taranto ha revocato l'autorizzazione n. 147/2007 rilasciata in favore di C. A. per la rivendita di quotidiani e periodici in posto fisso.
Il Comune appellante contesta la sola parte della sentenza con la quale il Primo Giudice ha condannato l'amministrazione al risarcimento dei danni non patrimoniali liquidandoli nella misura di 20.000 euro.
L'appello è fondato.
Giova rimarcare che, per effetto della lettura evolutiva dell'art. 2059 c.c. fornita dalla più recente giurisprudenza della Corte di Legittimità (Cass. Civ., sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827 e 8828; Cass. sezioni unite, 11 novembre 2008, n. 26972; 19 agosto 2009, n. 18356), il danno non patrimoniale deve ritenersi risarcibile non solo nei casi contemplati da apposita previsione di legge ma anche in caso di lesione dei valori fondamentali della persona tutelati dalle disposizioni immediatamente precettive della Carta Costituzionale. Si è in questo modo aderito ad un approccio ermeneutico che legge in senso elastico la tipicità del danno non patrimoniale risarcibile, consentendo il ristoro del danno in caso di lesione di valori costituzionali primari, oltretutto non confinabili ad un numerus clausus in quanto ricavabili, in forza della clausola aperta di cui all'art. 2 della Costituzione, in base ad un criterio dinamico che consente di apprezzare l'emersione, nella realtà sociale, di nuovi interessi aventi rango costituzionale in quanto attinenti a posizioni inviolabili della persona.
L'ampliamento della categoria del danno non patrimoniale, categoria unitaria non scindibile in sottocategorie strutturalmente autonome, è tuttavia compensata, dall'introduzione di un limite ontologico e di un onere probatorio. Quanto al primo, in quadro interpretativo attento al contemperamento tra i principi costituzionali di solidarietà e di tolleranza, il risarcimento del danno non patrimoniale costituzionalmente qualificato è stato ammesso nei soli casi in cui la lesione del diritto costituzionale sia qualificata dalla serietà dell'offesa e dalla gravità delle conseguenze nella sfera personale . Quanto al secondo aspetto la Cassazione, superando la teoria del danno evento, esige che il danneggiato fornisca la prova, oltre dell'evento dato dalla sussistenza di una lesione del diritto costituzionalmente primario che superi la soglia della tollerabilità, anche della ricorrenza di significative ripercussioni pregiudizievoli sotto il profilo del danno conseguenza.
Facendo applicazione delle coordinate esposte, il Consiglio, in adesione ai motivi di appello, non considera ravvisabile una lesione che superi la soglia dell'apprezzabilità e, in ogni caso, non reputa assolto l'onere probatorio che grava sul danneggiato.
Quanto al primo aspetto, anche a ritenere sussistente l'incisione dei valori di cui agli artt. 2, 4 e 41 Cost., il Collegio reputa che il semplice ritardo, che la condotta amministrativa ha cagionato, nell'inizio di un'attività economica (nella specie di rivendita di giornali) non evidenzi una lesione grave dei diritti primari della persona tale da ripercuotersi, oltre la soglia della tollerabilità, sulla qualità della vita e sulla sfera esistenziale. In particolare, se si concentra l'indagine al provvedimento oggetto di impugnazione in primo grado, si ricava che l'atto di revoca notificato il 24 giugno 2008 ha prodotto effetti solo fino al successivo il 19 novembre, data della pronuncia cautelare di accoglimento dell'istanza di sospensione proposta in primo grado, si ricava che il provvedimento gravato ha prodotto un impedimento temporalmente circoscritto ad un intervallo di meno di cinque mesi.
Si deve poi convenire con la parte ricorrente che non è stata comunque fornita una prova adeguata della sussistenza di significative conseguenze dannose eziologicamente ricollegabili, sul piano personale e morale, alla lesione dei rammentati valori fondamentali della persona. Va infatti osservato che la sentenza, sul punto inoppugnata, esclude la ricorrenza di danni biologici mentre non risulta non risulta fornita alcuna prova specifica della sussistenza di danni conseguenziali non patrimoniali di altra natura che valichino la soglia della gravità. Va soggiunto, quanto al ricorso alla prova presuntiva, che il semplice ritardo, nell'inizio di un'attività economica (nella specie di rivendita di giornali), cagionato dalla condotta amministrativa non costituisce un fatto idoneo in quanto tale, in assenza dell'introduzione di ulteriori sostegni probatori, a far presumere il fatto ignoto della sussistenza di danni non patrimoniali qualificati sotto il profilo delle ripercussioni gravi sulla sfera personale ed esistenziale.
In definitiva l'appello deve essere accolto.
Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza gravata, respinge la domanda risarcitoria proposta con il ricorso di primo grado.
Spese dei due gradi compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2010 con l'intervento dei Signori:
Stefano Baccarini, Presidente
Filoreto D'Agostino, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere, Estensore
Adolfo Metro, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 28 MAG. 2010.


Rif. Corriere Giuridico n.7 del 2010
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