Il trust interno e internazionale

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Il trust è uno strumento negoziale di origine anglosassone che consente di separare taluni beni nell'ambito del patrimonio del disponente destinandoli alla soddisfazione di specifici interessi meritevoli di tutela dei beneficiari affidandoli in gestione al trustee.

Il trust, nell'ambito dell'ordinamento italiano, ha ricevuto un espresso riconoscimento legislativo con la L. n. 364 del 16 ottobre 1989 che ha ratificato in Italia la Convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985 relativa alla legge applicabile al trust ed al suo riconoscimento.
 
A seguito della ratifica della richiamata convenzione, si è aperto un fronte di dibattito in ordine all'ammissibilità dei trust meramente interni, dei trust cioè che abbiano a riferimento solo soggetti e beni "italiani".
 
Secondo una parte della dottrina, infatti, la ratifica della convenzione avrebbe sancito esclusivamente il riconoscimento degli effetti giuridici dei trust internazionali ma non avrebbe contestualmente introdotto la possibilità di dare vita a trust meramente interni sul rilievo che tale ipotesi giuridica avrebbe comportato una violazione dell'art. 2740 cc in frode ai creditori, nonchè una violazione del principio della tipicità dei diritti reali e della tendenziale tassatività degli atti soggetti a trascrizione.
 
Altra parte della dottrina è una corposa giurisprudenza di merito hanno invece ritenuto che il trust interno sia consentito dalle stesse disposizioni della convenzione dell'Aja ratificata con L. n. 364 del 16 ottobre 1986 con il solo limite che gli effetti perseguiti non si pongano in contrasto con quelli dell'ordinamento giuridico italiano.
 
E' stato, poi, osservato che il trust interno non contrasta con la disciplina della proprietà e della responsabilità patrimoniale in quanto trova la sua fonte negli artt. 2 e 11 della Convenzione dell'Aja: "che hanno inserito nell'ordinamento una nuova forma di proprietà e hanno introdotto nell'ordinamento una deroga all'art. 2740 cc" (così Trib. Bologna 1 ottobre 2003).

Il solo vincolo individuato dalla assolutamente prevalente giurisprudenza di merito è quello che il trust non sia complessivamente finalizzato ad intenti fraudolenti (in tal senso Trib Reggio Emilia, 14 maggio 2007).
 
Più di recente il Tribunale di Milano, con pronuncia del 16 giugno 2009 ha avuto modo di affermare che: "in virtù della Convenzione dell'Aja del 1/7/1985, devono ritenersi riconosciuti all'interno dell'ordinamento italiano non solo i trust internazionali - che presentano cioè elementi di estraneità rispetto a detto ordinamento (residenza del disponente, del trustee, dei beni da segregarsi) - ma anche i trust interni, cioè i trust che non presentino alcun elemento di estraneità con l'ordinamento italiano nè di carattere oggettivo (avuto riguardo ai beni conferiti in trust) nè di carattere soggettivo (in relazione alle persone del disponente ovvero a quella del trustee), ad eccezione della legge applicabile al trust".

Con riferimento alla richiamata problematica relativa agli interessi creditori frustrati dalla sottrazione di beni alla garanzia generica di cui all'art. 2740 cc, è stato osservato che tale violazione non viene determinata dal trust in sè ma dall'atto istitutivo che può essere impugnato mediante l'utile esperimento dell'azione di riduzione o delle revocatorie ordinaria e fallimentare.
 
Come conseguenza del riconoscimento del trust interno, ne è stata conseguentemente ammessa la trascrivibilità, posta da un lato l'inesistenza di norme che ne vietino la trascrizione ed in considerazione, d'altro canto, del superamento della tesi secondo cui l'art. 2643 cc enumererebbe tassativamente gli atti soggetti a trascrizione in favore di una diversa tesi secondo cui l'art. 2643 cc è norma che consente la pubblicità in relazione a determinati effetti giuridici e non già in relazione a determinati atti (produttivi di tali effetti) e che gli effetti giuridici soggetti a trascrizione siano da individuare elasticamente (in tal senso, vedansi Tribunale di Parma, 13 ottobre 2003 e Tribunale di Trieste, Ufficio del giudice tavolare, decreto 23 settembre 2005).
 
La giurisprudenza invece non appare propensa ad ammettere il c.d. trust autodichiarato caratterizzato dalla coincidenza tra il soggetto disponente e il trustee.
 
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