indennizzo Inail e risarcimento nell'infortunio in itinere

L'applicazione del principio della compensazione del lucro con il danno nel caso dell'infortunio in itinere, la rendita capitalizzata dell'Inail va detratta dal risarcimento dovuto dal terzo responsabile? la parola alle Sezioni Unite
 
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Un dipendente, a seguito di un incidente accaduto mentre si recava sul luogo di lavoro, subiva danni gravi.

A seguito di ciò, il Tribunale di La Spezia disponeva in suo favore l’erogazione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno, che si andava a sommare alla rendita di invalidità permanente erogata dall’INAIL, stante la qualificazione come infortunio in itinere del fatto generatore del danno.

La Corte d’appello di Genova aveva sostenuto, invece, che da quanto liquidato a titolo di risarcimento del danno doveva essere detratto il valore capitalizzato della rendita INAIL ricevuta per il medesimo evento dannoso. Il dipendente, per vedersi riconoscere interamente entrambi gli importi, ha proposto ricorso in Cassazione.

La Terza Sezione della Cassazione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, per chiarire se dall’ammontare del danno risarcibile si debba scomputare la rendita per l’inabilità permanente riconosciuta dall’INAIL a seguito di infortunio accorso dal lavoratore dipendente durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro.

Le Sezioni Unite, specificamente interessate della questione, hanno evidenziato che il principio della compensazione del lucro con il danno, laddove i fatti generatori del danno e del lucro, come sovente avviene, siano distinti può operare allorchè la causa risarcitoria e la causa della distinta attribuzione patrimoniale conseguente al fatto dannoso siano analoghe. In tale prospettiva, secondo le Sezioni Unite, non può essere posto un principio generale ed unico dovendo essere effettuata una verifica per tipologie di casi.

Nel risolvere il contrasto giurisprudenziale, in relazione all'indennizzo erogato dall'Inail in relazione all'istanza risarcitoria rivolta nei confronti del terzo responsabile in ipotesi di infortunio in itinere, le Sezioni Unite hanno affermato che «l’importo della rendita dell’inabilità permanente corrisposta dall’INAIL per l’infortunio in itinere occorso al lavoratore va detratto dall’ammontare del risarcimento dovuto, allo stesso titolo, al danneggiato da parte del terzo responsabile del fatto illecito».




Cassazione civile, sez. un., 22/05/2018, (ud. 13/02/2018, dep.22/05/2018),  n. 12566


3. - La Corte d'appello di Genova, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 20 aprile 2012, ha accolto in parte l'appello, ritenendo che da quanto liquidato a favore di B.R. a titolo di risarcimento del danno doveva essere detratto il valore capitalizzato della rendita INAIL ricevuta per il medesimo evento dannoso.

La Corte territoriale ha rilevato che le somme riconosciute dal primo giudice a titolo di danno patrimoniale (Euro 120.157,09) sono da intendere interamente assorbite dalla rendita per invalidità permanente del 40% liquidata a favore del B. nella misura capitale di Euro 160.194,85.

Secondo la Corte territoriale, è irrilevante la circostanza che l'INAIL non abbia esercitato, verso i danneggianti e la loro assicurazione, il diritto di regresso di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 11, ed è del pari ininfluente l'invocata prescrizione di tale diritto al regresso, giacchè "non si comprende quale motivo avrebbe il danneggiato B. di dolersi della perdita subita da INAIL o del correlativo vantaggio di Pedrotec, M. e Vittoria": una volta ottenuto il proprio ristoro, "il danneggiato non ha alcun interesse alla corretta distribuzione di tale onere tra danneggianti e INAIL", tanto più che non è configurabile "un interesse giuridicamente tutelabile del danneggiato ad ottenere una duplicazione di risarcimenti".

1. - La questione rimessa all'esame di queste Sezioni Unite è se dal computo del pregiudizio sofferto dal lavoratore a seguito di infortunio sulle vie del lavoro causato dal fatto illecito di un terzo, vada defalcata la rendita per l'inabilità permanente costituita dall'INAIL.

5. - Date queste premesse e venendo, dunque, alla specifica questione oggetto del contrasto, occorre in primo luogo considerare che, nell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la rendita INAIL costituisce una prestazione economica a contenuto indennitario erogata in funzione di copertura del pregiudizio (l'inabilità permanente generica, assoluta o parziale, e, a seguito della riforma apportata dal D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, anche il danno alla salute) occorso al lavoratore in caso di infortunio sulle vie del lavoro.

Indubbiamente il ristoro del danno coperto dall'assicurazione obbligatoria può presentare delle differenze nei valori monetari rispetto al danno civilistico (Cass., Sez. lav., 11 gennaio 2016, n. 208; Cass., Sez. lav., 10 aprile 2017, n. 9166). Nondimeno, la rendita corrisposta dall'INAIL soddisfa, neutralizzandola in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo, autore del fatto illecito, al quale sia addebitabile l'infortunio in itinere subito dal lavoratore.

5.1. - D'altra parte, il sistema normativo prevede un meccanismo di riequilibrio idoneo a garantire che il terzo responsabile dell'infortunio sulle vie del lavoro, estraneo al rapporto assicurativo, sia collateralmente obbligato a restituire all'INAIL l'importo corrispondente al valore della rendita per inabilità permanente costituita in favore del lavoratore assicurato.

Difatti, l'art. 1916 c.c., dispone che l'assicuratore che ha pagato l'indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell'ammontare di essa, nei diritti dell'assicurato verso il terzo danneggiante. Tale disposizione si applica, per espressa previsione, "anche alle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e contro le disgrazie accidentali", estendendosi così il diritto di surrogazione agli enti esercenti le assicurazioni sociali (cfr. Cass., Sez. U., 16 aprile 1997, n. 3288). Il diritto di surrogazione stabilito a favore dell'assicuratore comporta, per effetto del pagamento dell'indennità, una sostituzione personale ope legis di detto assicuratore all'assicurato-danneggiato nei diritti di quest'ultimo verso il terzo responsabile del danno (Cass., Sez. 3^, 16 gennaio 1985, n. 99).

Inoltre, l'art. 142 del codice delle assicurazioni private (approvato con il D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209) - nel riprodurre le previsioni contenute nell'abrogato art. 28, della L. 24 dicembre 1969, n. 990, sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti - stabilisce che, qualora il danneggiato sia assistito da assicurazione sociale, l'ente gestore di questa abbia diritto di ottenere direttamente dall'impresa di assicurazione il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato ai sensi delle leggi e dei regolamenti che disciplinano detta assicurazione, semprechè non sia già stato pagato il risarcimento al danneggiato. Proprio per evitare detta evenienza, il citato art. 142, comma 2, prevede, in continuità con la precedente disposizione, un articolato meccanismo di interpello del danneggiato, con la richiesta di una dichiarazione attestante che lo stesso non ha diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie, e di comunicazione al competente ente di assicurazione sociale, ove il danneggiato dichiari di avere diritto a tali prestazioni.

Le due norme - l'art. 1916 cod. civ., da una parte, e l'art. 142 del codice delle assicurazioni private, dall'altra - regolano rapporti inter-soggettivi diversi, rispettivamente nei confronti del terzo responsabile e del suo assicuratore, e tuttavia contrassegnati da un elemento comune: la successione nel credito risarcitorio dell'assicurato-danneggiato, la quale attribuisce all'ente gestore dell'assicurazione sociale che abbia indennizzato la vittima la titolarità della pretesa nei confronti dei distinti soggetti obbligati, al fine di ottenere il rimborso tanto dei ratei già versati quanto del valore capitalizzato delle prestazioni future (Corte cost., sentenza n. 319 del 1989; Cass., Sez. 1^, 2 dicembre 1985, n. 6013; Cass., Sez. 3^, 20 novembre 1987, n. 8544; Cass., Sez. 3^, 24 giugno 1993, n. 6996; Cass., Sez. 3^, 12 febbraio 2010, n. 3356; Cass., Sez. 3^, 6 settembre 2012, n. 14941; Cass., Sez. U., 29 aprile 2015, n. 8620).

5.3. - La surrogazione, mentre consente dall'istituto di recuperare dal terzo responsabile le spese sostenute per le prestazioni assicurative erogate al lavoratore danneggiato, impedisce a costui di cumulare, per lo stesso danno, la somma già riscossa a titolo di rendita assicurativa con l'intero importo del risarcimento del danno dovutogli dal terzo, e di conseguire così due volte la riparazione del medesimo pregiudizio subito. Pertanto, le somme che il danneggiato si sia visto liquidare dall'INAIL a titolo di rendita per l'inabilità permanente vanno detratte dall'ammontare dovuto, allo stesso titolo, dal responsabile al predetto danneggiato.

Infatti, per un verso, mancando tale detrazione, il danneggiato verrebbe a conseguire un importo maggiore di quello a cui ha diritto. L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni è espressione del favor che la Costituzione e il legislatore hanno inteso accordare al lavoratore con l'addossare in ogni caso all'istituto le prestazioni previdenziali, le quali assumono perciò carattere di anticipazione rispetto all'assolvimento dell'obbligo a carico del responsabile (Corte cost., sentenza n. 134 del 1971). Ma l'intervento del sistema di sicurezza sociale attraverso l'erogazione della prestazione assicurativa non consente al lavoratore di reclamare un risarcimento superiore al danno effettivamente sofferto: gli consente, invece, di agire nei confronti del terzo, cui è addebitabile l'infortunio in itinere, per ottenere la differenza tra il danno subito e quello indennizzato, allo stesso titolo, dall'INAIL. L'infortunato, pertanto, perde la legittimazione all'azione risarcitoria per la quota corrispondente all'indennizzo assicurativo riscosso o riconosciuto in suo favore, mentre conserva il diritto ad ottenere nei confronti del responsabile il residuo risarcimento ove il danno sia solo in parte coperto dalla detta prestazione assicurativa (cfr. Cass., Sez. 3^, 23 novembre 2017, n. 27869).

Per l'altro verso, l'ente previdenziale, avendo provveduto all'erogazione delle prestazioni indennitarie a causa del fatto illecito di un terzo estraneo al rapporto assicurativo, potrà pretendere attraverso la surrogazione, esercitabile anche nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile di detto terzo responsabile, il rimborso delle spese sostenute per erogare quelle prestazioni, in tal modo impedendo che il responsabile civile, avvantaggiandosi ingiustamente dell'intervento della protezione previdenziale in favore dell'infortunato, paghi soltanto il danno differenziale al lavoratore. Il risarcimento resta pertanto dovuto dal responsabile del sinistro per l'intero, essendo questi tenuto a rimborsare all'ente gestore dell'assicurazione sociale le spese sostenute per le prestazioni erogate al lavoratore e a risarcire il maggior danno al danneggiato: la riscossione della rendita INAIL da parte dell'assicurato-danneggiato in conseguenza dell'evento dannoso non ha quindi alcuna incidenza sulla prestazione del terzo responsabile, il quale dovrà risarcire, in ogni caso, l'intero danno.

6. - Conclusivamente, a risoluzione del contrasto di giurisprudenza, va enunciato il seguente principio di diritto: "L'importo della rendita per l'inabilità permanente corrisposta dall'INAIL per l'infortunio in itinere occorso al lavoratore va detratto dall'ammontare del risarcimento dovuto, allo stesso titolo, al danneggiato da parte del terzo responsabile del fatto illecito".
 
 
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