la responsabilità del notaio


La responsabilità del notaio nell'ambito delle compravendite immobiliare, l'omissione dei dovuti controlli rileva anche in caso di scrittura privata autenticata

Con una recente sentenza )la n 2071 del 2013) la Suprema Corte ha avuto modo di individuare i presupposti costitutivi della responsabilità del notaio che presti la sua opera professionale nell'ambito di vicende giuridiche di compravendita immobiliare.
 
La fattispecie sottoposta alla cognizione della Suprema Corte riguardava la configurabilità di una responsabilità del notaio per non aver verificato e, conseguentemente, rappresentato alle parti che, sull'immobile compravenduto, gravava un'iscrizione pregiudizievole.
 
Il notaio, nel contestare la propria responsabilità, rilevava che l'obbligo di effettuare le visure ipocatastali era configurabile solo in caso di atto pubblico mentre, nella specie, le parti evevano ritenuto di compravendere con una scrittura privata con sottoscrizione autenticata.
 
Ne conseguiva, a parere del notaio, che la sua obbligazione si sarebbe dovuta limitare all'accertamento dell'identità delle parti e della provenienza della sottoscrizione dalle stesse; non era, al contrario, il notaio tenuto ad "effettuare accertamenti circa l'esistenza di eventuali pregiudizialità sull'immobile".

Secondo la Corte, invece: "l'opera professionale di cui è richiesto il notaio non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di direzione nella compilazione dell'atto ma si estende alle attività preparatorie e successive perchè sia assicurata la serietà e la certezza degli effetti tipici dell'atto e del risultato pratico perseguito dalle parti (da ultimo cfr. Cass., Sez. Un., 31/7/2012, n. 13617, ove la relativa omissione si è considerata integrare anche illecito deontologico comportante responsabilità disciplinare, trattandosi di violazione prevista dalla L. n. 89 del 1913, art. 138, come sostituito dal D.Lgs. n. 249 del 2006, art. 22).
La fonte dell'obbligo in argomento è stata dalla Corte ravvisata nella diligenza che il notaio è tenuto ad osservare (v. già Cass., 1/3/1964, n. 525, e, da ultimo, Cass., 28/9/2012, n. 16549; Cass., 27/10/2011, n. 22398. V. anche Cass., 2/3/2005, n. 4427) nell'esecuzione del contratto d'opera professionale (v. già Cass., 25/10/1972, n. 3255, e, da ultimo, Cass., 5/12/2011, n. 26020; Cass., 28/11/2007, n. 24733; Cass., 23/10/2002, n. 14934; nel senso che tra notaio ed il cliente intercorre un rapporto professionale inquadrabile nello schema del mandato v. peraltro Cass., 18/03/1997, n. 2396), il cui contenuto si è da ultimo affermato essere da tale obbligo integrato ai sensi dell'art. 1374 c.c., (v. Cass., 27/11/2012, n. 20991).
 
L'obbligo di effettuare le visure ipocatastali incombe allora senz'altro al notaio officiato della stipulazione di un contratto di trasferimento immobiliare anche in caso di utilizzazione della forma della scrittura privata autenticata (v. Cass., 1V12/2009, n. 25270; Cass., 31/5/2006, n. 13015; Cass., 16/3/2006, n. 5868).
 
Nè, secondo la Corte, al fine di escluderne la responsabilità rilievo alcuno può invero riconoscersi alla circostanza che l'utilizzazione della forma della scrittura privata come nella specie risponda a scelta della parte, la quale si sia rivolta al notaio "per la autenticazione delle firme di una scrittura privata di compravendita" in precedenza da terzi o come nella specie da essa stessa redatta
 
La clausola di buona fede o correttezza ha infatti valenza generale, e trova anche in tal caso applicazione.

Cassazione civile  sez. III  29 gennaio 2013 n. 2071


L'obbligo di effettuare le visure catastali incombe al notaio officiato della stipulazione di un contratto di trasferimento immobiliare anche in caso di utilizzazione della forma della scrittura privata autenticata.


MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2703 c.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, c.p.c.; nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si duole che la corte di merito non abbia considerato che nel caso trattavasi di mera autenticazione di scrittura privata, sicchè non era tenuto ad "effettuare accertamenti circa l'esistenza di eventuali pregiudizialità sull'immobile".
Lamenta al riguardo che "il legislatore ha voluto porre un distinguo tra la scrittura privata e l'atto pubblico, prevedendo che soltanto quest'ultimo sia redatto con le richieste formalità, da un notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli, fede nel luogo dove l'atto è formato, in modo tale da assumere piena prova delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta", e che pertanto, mentre "nell'ipotesi di redazione di un atto pubblico, il notaio non può limitarsi a registrare ciò che le parti dichiarano, ma deve indagare la loro volontà (cfr. art. 47, L. n.) e accertare la sussistenza o meno di eventuali vizi dell'atto (cfr. art. 28, L. n.)", allorquando come nella specie trattisi di "scrittura privata" il notaio viceversa "attesta semplicemente che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza".
Si duole non essersi tenuto invero conto che "dal tenore della normativa vigente in materia, appare di tutta evidenza che le prestazioni a cui è tenuto il notaio si differenzino notevolmente nell'ipotesi di autentica di scrittura privata rispetto a quella di redazione di un atto pubblico", risultando pertanto "chiaro che la corte territoriale ha errato nel non dare alcun rilievo al fatto che le parti abbiano fatto ricorso al notaio solo per l'autenticazione delle firme di una scrittura privata di compravendita" e "nel ritenere responsabile il notaio", giacchè l'omessa verifica delle formalità pregiudizievoli "è stata giustificata dalla scelta operata dalle parti stesse. In altri termini, i sig.ri G., decidendo di redigere essi stessi l'atto di compravendita de quo, si sono assunti il rischio che sull'immobile potessero gravare formalità pregiudizievoli".
Il motivo è infondato.
Superato l'orientamento formatosi sotto la previgente codificazione che - in assenza di espresso e specifico incarico al riguardo - escludeva il relativo obbligo per il notaio rogante, si è da epoca ormai risalente da questa Corte affermato che ove richiesto della stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare il medesimo è tenuto al compimento delle attività accessorie e successive necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti, e in particolare all'effettuazione delle c.d. visure catastali e ipotecarie, allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà (v. Cass., 28/7/1969, n. 2861, e, più recentemente, Cass., 24/9/1999, n. 10493; Cass., 18/1/2002, n. 547).
La sussistenza di tale obbligo è stata dalla giurisprudenza di legittimità dapprima argomentata dal combinato disposto di cui all'art. 2913 c.c., e art. 28 L. N. in ragione della funzione pubblica del notaio (v. Cass., 1/8/1959, n. 2444), ovvero da quello di cui al D.P.R. n. 640 del 1972, artt. 4 (secondo cui alle domande di voltura debbono essere acquisiti i certificati catastali) e 14 (che fa obbligo al notaio di chiedere la voltura), in base al quale il notaio è tenuto ad espletare attività di verifica catastale ed ipotecaria volta ad accertare la condizione giuridica ed il valore di un immobile, da tenersi distinta dalla normale indagine giuridica occorrente per la stipulazione dell'atto (v. Cass., 23/7/2004, n. 13825).
Successivamente, rimasta invero priva di seguito nella giurisprudenza di legittimità la tesi dottrinaria riconducente tale obbligo all'uso negoziale ex art. 1340 c.c., (da provarsi da colui che l'invoca), nel sottolinearsi che l'opera professionale di cui è richiesto il notaio non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di direzione nella compilazione dell'atto ma si estende alle attività preparatorie e successive perchè sia assicurata la serietà e la certezza degli effetti tipici dell'atto e del risultato pratico perseguito dalle parti (da ultimo cfr. Cass., Sez. Un., 31/7/2012, n. 13617, ove la relativa omissione si è considerata integrare anche illecito deontologico comportante responsabilità disciplinare, trattandosi di violazione prevista dalla L. n. 89 del 1913, art. 138, come sostituito dal D.Lgs. n. 249 del 2006, art. 22), la fonte dell'obbligo in argomento è stata da questa Corte ravvisata nella diligenza che il notaio è tenuto ad osservare (v. già Cass., 1/3/1964, n. 525, e, da ultimo, Cass., 28/9/2012, n. 16549; Cass., 27/10/2011, n. 22398. V. anche Cass., 2/3/2005, n. 4427) nell'esecuzione del contratto d'opera professionale (v. già Cass., 25/10/1972, n. 3255, e, da ultimo, Cass., 5/12/2011, n. 26020; Cass., 28/11/2007, n. 24733; Cass., 23/10/2002, n. 14934; nel senso che tra notaio ed il cliente intercorre un rapporto professionale inquadrabile nello schema del mandato v. peraltro Cass., 18/03/1997, n. 2396), il cui contenuto si è da ultimo affermato essere da tale obbligo integrato ai sensi dell'art. 1374 c.c., (v. Cass., 27/11/2012, n. 20991).
La responsabilità del notaio, si è al riguardo altresì precisato, rimane esclusa solamente in caso di espresso esonero - per motivi di urgenza o per altre ragioni - del notaio per concorde volontà delle parti, con clausola inserita nella scrittura (v. Cass., 16/3/2006, n. 5868; per l'ammissibilità di una dispensa anche in forma verbale v.
peraltro Cass., 1/12/2009, n. 25270), da considerarsi pertanto non già meramente di stile bensì quale parte integrante del contratto (v. Cass., 1/12/2009, n. 25270; Cass., 12/10/2009, n. 21612), sempre che appaia giustificata da esigenze concrete delle parti (v. Cass., 1/12/2009, n. 25270).
Quand'anche sia stato esonerato dalle visure, si è ulteriormente sottolineato, il notaio che sia a conoscenza o che abbia anche solo il mero sospetto della sussistenza di un'iscrizione pregiudizievole gravante sull'immobile oggetto della compravendita deve in ogni caso informarne le parti, essendo tenuto all'esecuzione del contratto di prestazione d'opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all'art. 1176 c.c., comma 2, e della buona fede (v. Cass., 2/7/2010, n. 15726; Cass., 11/1/2006, n. 264; Cass., 6/4/2001, n. 5158).
Orbene, a parte il rilievo che una limitazione della misura dello sforzo diligente dovuto nell'adempimento dell'obbligazione, e della conseguente responsabilità per il caso di relativa mancanza o inesattezza, non può farsi in ogni caso discendere (diversamente da quanto invero da questa Corte pure in passato affermato: cfr. Cass., 26/5/1993, n. 5926; Cass., 29/8/1987, n. 7127; Cass., 23/6/1979, n. 3520; Cass., 2/4/1975, n. 1185; Cass., 17/5/1972, n. 1504) dalla qualificazione della prestazione dovuta dal notaio in termini di "obbligazione di mezzi" (cfr. Cass., 9/10/2012, n. 17143; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 577; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., Sez. Un., 28/7/2005, n. 15781), va al riguardo (ulteriormente sviluppandosi.
quanto già emergente in nuce nelle più sopra richiamate pronunzie Cass., 2/7/2010, n. 15726; Cass., 11/1/2006, n. 264; Cass., 6/4/2001, n. 5158) osservato come (essendo nella specie in ogni caso non rilevante - oltre che ratione temporis inapplicabile - la modifica legislativa costituita dall'introduzione da parte dal D.L. n. 78 del 2010, art. 19, comma 14, (conv. in L. n. 122 del 2010) della L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1 bis, secondo cui "Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti (ad esclusione dei diritti reali di garanzia) devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie (sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale). Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari") la fonte dell'obbligo per il notaio rogante di effettuare le visure in questione deve invero propriamente ravvisarsi non già nella diligenza professionale qualificata (la quale non può essere comunque intesa in termini deponenti per la limitazione della responsabilità del professionista, e del notaio in particolare (in tal senso v. invece Cass., 15/6/1999, n. 5946), in caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà - nella specie d'altro canto nemmeno dedotti come sussistenti -, in quanto l'art. 2236 c.c., non contempla un'ipotesi di responsabilità attenuata e non esonera affatto il professionista- debitore da responsabilità nel caso di insuccesso di prestazioni complesse, ma si limita a dettare un mero criterio per la valutazione della sua diligenza, sicchè la diligenza esigibile dal professionista nell'adempimento delle obbligazioni assunte nell'esercizio delle sua attività è una diligenza speciale e rafforzata, di contenuto tanto maggiore quanto più sia specialistica e professionale la prestazione richiesta: cfr., da ultimo, Cass., 25/9/2012, n. 16254) bensì nella clausola generale (nell'applicazione pratica e in dottrina indicata anche come "principio" o come "criterio") di buona fede oggettiva o correttezza ex artt. 1175 c.c. (cfr. Cass., 2/30/2012, n. 16754; Cass., 11/5/2009, n. 10741).
Come osservato anche in dottrina, oltre che regola (artt. 1337, 1358, 1375 e 1460 c.c.) di comportamento (quale dovere di solidarietà fondato sull'art. 2 Cost. (v. Cass., 10/11/2010, n. 22819; Cass., 22/1/2009, n. 1618; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, 28056) che trova applicazione a prescindere alla sussistenza di specifici obblighi contrattuali, in base al quale il soggetto è tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonchè volto alla salvaguardia dell'utilità altrui nei limiti dell'apprezzabile sacrificio, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilità: v. Cass., 27/4/2011, n. 9404; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 27/10/2006, n. 23273; Cass., 20/2/2006, n. 3651. V. altresì Cass., 24/9/1999, n. 10511; Cass., 20/4/1994, n. 3775), e regola (art. 1366 c.c.) di interpretazione del contratto (v. Cass., 23/5/2011, n. 11295), la buona fede oggettiva o correttezza è infatti anche criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo invero fonte - altra e diversa sia da quella eteronoma suppletiva ex art. 1374 c.c., (in ordine alla quale v. la citata Cass., 27/11/2012, n. 20991) che da quella cogente ex art. 1339 c.c. (in relazione alla quale cfr. Cass., 10/7/2008, n. 18868; Cass., 26/1/2006, n. 1689; Cass., 22/5/2001, n. 6956. V. altresì Cass., 9/11/1998, n. 11264) - di integrazione del comportamento dovuto (v. Cass., 30/10/2007, n. 22860), là dove impone di compiere quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell'apprezzabile sacrificio (che non si sostanzi cioè in attività gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (v. Cass., 30/3/2005, n. 6735; Cass., 9/2/2004, n. 2422), come ad esempio in caso di specifica tutela giuridica, contrattuale o extracontrattuale, non potendo considerarsi implicare financo l'intrapresa di un'azione giudiziaria (v. Cass., 21/8/2004, n. 16530), anche a prescindere dal rischio della soccombenza (v. Cass., 15/1/1970, n. 81)).
L'impegno imposto dall'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va quindi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (v. Cass., 30/10/2007, n. 22860).
L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi alla stregua della causa concreta dell'incarico conferito al professionista dal committente, e in particolare al notaio (cfr.
Cass., Sez. Un., 31/7/2012, n. 13617. V. anche Cass., 28/1/2003, n.1228; Cass., 13/6/2002, n. 8470. Per il riferimento alla serietà e certezza dell'atto giuridico da rogarsi e alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell'atto medesimo cfr. altresì Cass., 28/11/2007, n. 24733, e, conformemente, Cass., 5/12/2011, n. 26020), e cioè con lo scopo pratico dalle parti perseguito mediante la stipulazione, o, in altre parole, con l'interesse che l'operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare (cfr. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26973;
Cass., 7/10/2008, n. 24769; Cass., 24/4/2008, n. 10651; Cass., 20/12/2007, n. 26958; Cass., 11/6/2007, n. 13580; Cass., 22/8/2007, n. 17844; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 27/7/2006, n. 17145;
Cass., 8/5/2006, n. 10490; Cass., 14/11/2005, n. 22932; Cass., 26/10/2005, n. 20816; Cass., 21/10/2005, n. 20398. V. altresì Cass., 7/5/1998, n. 4612; Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 6/8/1997, n. 7266; Cass., 3/6/1993, n. 3800. Da ultimo v. Cass., 25/2/2009, n. 4501; Cass., 12/11/2009, n. 23941; Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947; Cass., 18/3/2010, n. 6538; Cass., 9/3/2011, n. 5583; Cass., 23/5/2011, n. 11295, nonchè la citata Cass., 27/11/2012, n. 20991).
L'obbligo di effettuare le visure ipocatastali incombe allora senz'altro al notaio officiato della stipulazione di un contratto di trasferimento immobiliare anche in caso di utilizzazione della forma della scrittura privata autenticata (v. Cass., 1V12/2009, n. 25270;
Cass., 31/5/2006, n. 13015; Cass., 16/3/2006, n. 5868).
Nè al fine di escluderne la responsabilità rilievo alcuno può invero riconoscersi alla circostanza che l'utilizzazione della forma della scrittura privata come nella specie risponda a scelta della parte, la quale si sia rivolta al notaio "per la autenticazione delle firme di una scrittura privata di compravendita" in precedenza da terzi o come nella specie da essa stessa redatta (diversamente v.
peraltro Cass., 23/12/2004, n. 23934; Cass., 18/1/2002, n. 547. E già Cass., 22/3/1994, n. 2699; Cass., 6/4/1995, n. 4020; Cass., 20/1/1994, n. 475).
La clausola di buona fede o correttezza ha infatti - come detto - valenza generale, e trova anche in tal caso applicazione.
Orbene, dei suindicati principi la corte di merito ha nel l'impugnata sentenza fatto invero corretta applicazione.
Nell'affermare la necessità di valutare se "nel caso specifico si possa ritenere sussistente una responsabilità del notaio appellante in relazione agli obblighi di diligenza media e di buona fede a cui lo stesso deve improntare la sua prestazione nell'interesse del cliente", tale giudice, facendo richiamo al precedente costituito da Cass. n. 5926 del 1993, ha infatti correttamente sottolineato come "per il notaio, richiesto della stipula di un atto di compravendita di un bene già gravato da una iscrizione ipotecaria, la preventiva verifica della libertà del bene costituisce, salvo l'espressa dispensa degli interessati, obbligo da ricomprendersi nel rapporto di prestazione di opera professionale: siffatto obbligo va adempiuto impegnando la diligenza ordinaria media rapportata alla natura della prestazione".
La corte di merito ha dato quindi al riguardo risposta positiva in ordine alla sussistenza nella specie dell'obbligo di visura de quo, e negativa al corretto assolvimento del medesimo ("Nel caso in esame risulta che l'appellante notaio non abbia correttamente eseguito la prestazione contrattuale a favore degli appellati secondo la diligenza richiesta ad un professionista, mediamente preparato ed avveduto, per avere omesso (non la visura) di riportare nell'atto - o di avvisare gli acquirenti che sul bene esistevano altre formalità pregiudizievoli oltre alla iscrizione dell'ipoteca della B.N.L.; ciò costituendo elemento che comportò la omessa indicazione del pignoramento gravante sul bene immobile all'epoca della stipula della compravendita").
Al riguardo ha argomentato dal rilievo che fosse "proprio il contesto specifico in cui veniva ad inserirsi l'atto negoziale demandato al notaio" che al medesimo imponeva "maggiore attenzione e scrupolo professionale nell'interesse primario dei clienti che a lui si erano rivolti anche se con una scrittura privata da sottoporre ad autenticazione".
Non risultando nella specie esservi stato espresso esonero del medesimo dallo svolgimento delle attività accessorie e successive necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti, e in particolare dal compimento delle c.d. visure ipotecarie, la consapevolezza del notaio odierno ricorrente in ordine alla causa concreta del contratto richiestogli di rogare risulta quindi motivatamente desunta dalla accertata circostanza che "alla data di stipulazione dell'atto" di compravendita de quo gli fu consegnata somma di denaro per provvedere alla cancellazione di (altra) ipoteca che risultava iscritta sull'immobile de quo ("è illuminante ciò che la parte fece in presenza dell'ipoteca iscritta dalla Banca Nazionale del lavoro, avendo lasciato in deposito al notaio l'importo di L. 60 milioni affinchè fosse versato alla BNL ed in vista della cancellazione della predetta ipoteca.
L'avere omesso di indicare in modo pieno e completo la situazione dell'immobile che all'epoca dell'atto risultava gravato da altra ipoteca e da un pignoramento immobiliare, non può essere considerato un adempimento completo e puntuale dell'obbligazione professionale gravante sul notaio appellante, tanto più se si considera che alla data di stipulazione dell'atto egli ricevette delle somme per poter tacitare la BNL ed impedire che essa potesse sfruttare la procedura esecutiva immobiliare già attivata dal Banco di S. Spirito presso il Tribunale di Livorno (che anche in presenza di una rinuncia del creditore procedente, poteva essere portata avanti dalla intervenuta creditrice BNL)": v. pag. 4 della sentenza impugnata).
Del tutto correttamente la corte di merito ha quindi ritenuto che l'odierno ricorrente fosse, nella sua qualità, tenuto nel caso all'effettuazione delle visure in argomento, escludendo qualsivoglia rilevanza in contrario alla "circostanza che, nella specie, le parti avessero fatto ricorso al notaio per la autenticazione delle firme di una scrittura privata di compravendita", e che "anche in tale situazione il notaio ha l'obbligo di informare le parti e di evidenziare la situazione ipocatastale dell'immobile da compravendere".....


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre ad accessori come per legge, in favore del G. e della C.; in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre ad accessori come per legge, in favore della società Allianz s.p.a.
(già Lloyd Adriatico s.p.a.) e della società U.G.F. Assicurazioni s.p.a. (già S.I.A.D. s.p.a. e poi Meie Aurora s.p.a.).
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2013

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