Regolamento preventivo giurisdizione

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La sentenza n 2716 del 8 febbraio 2010, si occupa del profilo del rito civile relativo alla preclusione alla proponibilità del regolamento preventivo di giurisdizione derivante dall'intervenuta decisione da parte del giudice presso il quale si sia radicato il processo anche qualora tale decisione sia limitata al profilo inerente la giurisdizione. Il profilo, pacifico nella giurisprudenza di legittimità, è stato affrontato in relazione alla norma di cui all'art. 59 della L. n. 69 del 18 giugno 2009 che detta nuove norme in punto di giurisdizione.
Detta norma, in particolare, prevede che:


"1. Il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione. La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo.
2. Se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di cui al comma 1, la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall'instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. Ai fini del presente comma la domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile.
3. Se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate, nel processo, le sezioni unite della Corte di cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d'ufficio, con ordinanza, tale questione davanti alle medesime sezioni unite della Corte di cassazione, fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito. Restano ferme le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione.
4. L'inosservanza dei termini fissati ai sensi del presente articolo per la riassunzione o per la prosecuzione del giudizio comporta l'estinzione del processo, che è dichiarata anche d'ufficio alla prima udienza, e impedisce la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda.
5. In ogni caso di riproposizione della domanda davanti al giudice di cui al comma 1, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova."

Oltre a statuire espressamente, tra gli elementi più significativi ed in continuità con l'arresto della Consulta del 2007, il principio della cd traslatio iudicii anche nell'ambito del processo amministrativo impedendo la decadenza del gravame amministrativo in caso di tempestiva riassunzione, la norma fa espresamente salve le previgenti norme in materia di regolamento preventivo di giurisdizione.
Ne consegue, secondo le Sezioni Unite, la piena coerenza con il nuovo dettato normativo della preclusione posta dall'art. 41 cpc alla proponibilità del regolamento preventivo di giurisdizione dopo che sia stata emanta una decisione da parte del giudice adito anche se solo inerente al profilo della giurisdizione.
 
 
Cassazione Civile Sez. Un .del 08 febbraio 2010  n. 2716
Giurisdizione civile - Regolamento di giurisdizione - Carattere preventivo - Ammissibilità - Limiti - Sentenza sulla giurisdizione o su altra questione processuale - Effetto preclusivo - Configurabilità - Permanenza di tale preclusione anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 59 l. n. 69 del 2009 sulla translatio iudicii - Sussistenza - Fondamento.

Il principio, secondo cui l'art. 41, comma 1, c.p.c. deve essere interpretato nel senso che qualsiasi decisione emanata dal giudice presso il quale il processo è radicato, anche se solo limitata alla giurisdizione o ad altra questione processuale, preclude la proponibilità del regolamento di giurisdizione, è rimasto fermo anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 59 l. 18 giugno 2009 n. 69, che ha disciplinato la translatio iudicii, risultandone anzi da quest'ultima rafforzato, sia perché le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione sono rimaste immutate in virtù del comma 3, ultima parte, del suddetto art. 59, sia perché, anche nel nuovo sistema processuale in materia di giurisdizione, il legislatore ha inteso conservare la natura non impugnatoria del rimedio del regolamento preventivo, la cui funzione continua ad essere proprio quella di prevenire decisioni impugnabili o possibili conflitti reali o virtuali di giurisdizione, e, quindi, quella di soddisfare un'esigenza di rispetto della compresenza nell'ordinamento di ordini giudiziali distinti.



LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. VITTORIA           Paolo                -  Primo Presidente f.f.   - 
Dott. PAPA               Enrico                   -  Presidente di Sezione   - 
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio    -  Consigliere  - 
Dott. GOLDONI            Umberto           -  Consigliere  - 
Dott. SEGRETO            Antonio            -  rel. Consigliere  - 
Dott. FORTE              Fabrizio               -  Consigliere  - 
Dott. MACIOCE            Luigi                -  Consigliere  - 
Dott. BUCCIANTE          Ettore             -  Consigliere  - 
Dott. LA TERZA           Maura               -  Consigliere  - 

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12004-2009 proposto da:
AGRICOLA  CORALLO  A  R.L., in persona del legale rappresentante  pro  tempore,  elettivamente  domiciliata in ROMA,  VIA  VAL  GARDENA  35,  presso lo studio dell'avvocato GUIDI DOMENICO, rappresentata e difesa  dall'avvocato PEREGO ENRICO, per delega in calce al ricorso;
ricorrente –

contro

C.G.,  CA.GI., elettivamente domiciliati  in  ROMA,  VIA  ATTILIO FRIGGERI 106, presso lo studio  dell'avvocato  TAMPONI MICHELE, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato  GARBAGNATI LUIGI, per delega in calce al controricorso;  AZIENDA OSPEDALIERA DELLA PROVINCIA DI LODI, in persona del Direttore  pro  tempore,  elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI  5, presso lo studio dell'avvocato MANZI ANDREA, che la rappresenta  e  difende unitamente agli avvocati CAROSI MAURIZIO, MASSIMO BERTON, per  delega in calce al controricorso;
controricorrenti –

avverso   la  sentenza  n.  3240/2009  del  TRIBUNALE  AMMINISTRATIVO  REGIONALE di MILANO, depositata il 10/04/2009; 
udito l'avvocato Carlo ALBINI per delega dell'avvocato Andrea Manzi; 
udita  la relazione della causa svolta nella camera di consiglio  del  12/01/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO; 
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott.  Antonio MARTONE, il quale chiede che le Sezioni unite della Corte  di cassazione,  in  camera  di  consiglio, dichiarino  inammissibile  il ricorso, con le conseguenze di legge.

PREMESSO IN FATTO

Con ricorso notificato in data 13.5.2009 la società agricola Corallo a r.l. ha proposto regolamento di giurisdizione avverso la sentenza n. 3240/2009 del Tar per la Lombardia - Milano, che aveva dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso presentato dalla Società Agricola Corallo a r.l. - volto ad ottenere l'annullamento della Delib. 27 febbraio 2009, n. 168 dell'Azienda Ospedaliera della Provincia di Lodi; della comunicazione del 3.3.2009, n. prot. 1876/118/U.O. Gestione Servizi Tecnici, della Delib. 24 aprile 2008, n. 331) del conseguente verbale di gara (OMISSIS)) del procedimento amministrativo volto ad accertare l'esistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla legge per l'esercizio del diritto di prelazione su un podere di C.G. e Gi., e di tutti gli atti e provvedimenti presupposti e consequenziali.
Resistono con rispettivi controricorsi l'Azienda ospedaliera ed i C..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Costituisce in proposito principio consolidato (a partire da Cass., sez. un., n. 2466 del 1996) che la prima parte dell'art. 41 cod. proc. civ., va interpretata nel senso che qualsiasi decisione emanata dal giudice presso il quale il processo è radicato, sia attinente al merito sia a questioni inerenti ai presupposti processuali, preclude la proponibilità del regolamento di giurisdizione, che costituisce uno strumento preventivo (e facoltativo) per l'immediata e definitiva soluzione delle questioni attinenti alla giurisdizione. Ne consegue che esso non è mai proponibile dopo che il giudice del merito abbia emesso una sentenza, anche se solo limitata alla giurisdizione, poichè in tal caso la decisione sul punto va rimessa al giudice di grado superiore (cfr., ex multis, Cass., sez. un., nn. 26092 e 14952 del 2007; Cass., sez. un., 5 maggio 2006, n. 10315).
2.1. Si pone il problema di sperimentare se tale giurisprudenza costante conservi la sua valenza anche a seguito dell'entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, che , all'art. 59, tratta della decisione sulle questioni di giurisdizione. La predetta norma, nei primi tre commi così statuisce: "1. Il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione.
La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo.
2. Se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di cui al comma 1, la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall'instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. Ai fini del presente comma la domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile.
3. Se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate, nel processo, le sezioni unite della Corte di cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d'ufficio, con ordinanza, tale questione davanti alle medesime sezioni unite della Corte di cassazione, fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito. Restano ferme le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione".
2.2. Ritengono queste Sezioni Unite che il principio in questione (e cioè la preclusione alla proposizione del regolamento preventivo in presenza di una sentenza anche sulla sola giurisdizione) sia viepiù da predicarsi a seguito della predetta novella.
Il detto principio si è formato sui rilievi :a) che, secondo la giurisprudenza costante e la dottrina pressochè unanime, le pronunce sulla giurisdizione sono suscettibili di giudicato formale; b) che il passaggio in giudicato di una pronuncia sulla giurisdizione preclude la proponibilità del regolamento preventivo: c) che le modifiche, introdotte con la legge n. 353 del 1990, non hanno inciso sulla natura non impugnatoria del regolamento preventivo: d) che, nel sistema, non si rinvengono norme, le quali, una volta esclusa l'automaticità della sospensione ex art. 367 c.p.c., consentano d'identificare nel regolamento di giurisdizione, proposto dopo una sentenza del giudice a quo, un mezzo idoneo ad impedirne il passaggio in giudicato, o che regolino il concorso tra regolamento di giurisdizione e impugnazione.
In sostanza, avendo il legislatore con la novella n. 353 del 1990, formulato diversamente l'art. 367 c.p.c. e rinunciato a disciplinare il regolamento di giurisdizione come impugnazione, nonostante che tale ipotesi si fosse profilata prima della riforma, si è ritenuto che egli ha reso più chiaro il carattere preventivo del regolamento, escludendone la proponibilità ogniqualvolta la risoluzione della questione di giurisdizione possa essere rimessa al giudice processualmente sovraordinato, secondo l'ordinario svolgimento del processo. La funzione e la struttura del regolamento hanno lo scopo non di costituire un mezzo di impugnazione di una decisione, ma di dimezzo 'sollecita definizione della questione di giurisdizione, quando su di essa non sia ancora intervenuta una decisione (Cass. S.U., 22/03/1996, n. 2466; Cass. S.U. 05/03/2008, n. 5917; Cass. S.U. 05/03/2008, n. 5924; Cass. S.U. 10/05/2006, n. 10704; Cass. S.U. 05/05/2006, n. 10315).
2.3. Tali caratteristiche del regolamento di giurisdizione ed i principi di diritto vivente che si erano in merito formati risultano rinvigoriti alla luce della L. n. 69 del 2009, art. 59. Anzitutto con l'attuale formulazione del comma 1, la decisione sulla questione di giurisdizione in ogni caso elimina l'incertezza su tale questione, dovendo il giudice, anche se declina la propria giurisdizione, pronunziarsi in positivo sulla giurisdizione del giudice nazionale, se esistente, munito di giurisdizione. Tale pronunzia, come emerge dal secondo comma, vincola le parti (ma non il giudice indicato)r ed è idonea a passare in giudicato, ovviamente in mancanza di impugnazione. La domanda va riproposta al giudice ivi indicato, se la riassunzione avviene entro i tre mesi.
L'impugnazione di tale decisione sulla giurisdizione non può essere costituita dalla proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione, in quanto la funzione del regolamento è proprio quella di prevenire decisioni impugnabili o possibili conflitti (quest'ultimo caso, allorchè siano stati aditi giudici appartenenti ad organi giudiziali diversi e nessuno di essi si sia pronunziato sulla propria giurisdizione o abbia negato quella dell'altro).
2.4. La soluzione di tornare ad ammettere il regolamento preventivo nel giudizio originato da una domanda riproposta prima del passaggio in giudicato della sentenza di merito che declina la giurisprudenza appare però da escludere.
Tale soluzione non può fondarsi sull'innovativo art. 59 cit., comma 3 che faculta il giudice, davanti al quale sia stata riassunta la causa, a sollevare la questione con ordinanza davanti alle S.U., se ritiene che egli non abbia tale giurisdizione.
Infatti va posto in adeguato risalto che la norma detta si chiude con la chiarificatrice statuizione: "Restano ferme le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione".
Il legislatore ha ritenuto, quindi, di escludere ogni inferenza del nuovo rimedio (richiesta d'ufficio alle S.U. di pronunziarsi sulla questione di giurisdizione, già decisa con una prima sentenza) con il regolamento preventivo di giurisdizione, e, più in generale, di confermare quanto già espresso anche dal diritto vivente in merito a tale regolamento preventivo, tra cui, per quanto qui interessa, la natura non impugnatoria dello stesso ed il conseguente principio della preclusione, costituita anche da una sentenza emessa sulla sola giurisdizione.
3.1. Ma a tali conclusioni si giunge anche sulla sola base di considerazioni sistematiche in armonia con l'evoluzione dell'istituto della giurisdizione, della quale evoluzione la translatio è solo un aspetto.
Il principio della conservazione degli effetti che la domanda avrebbe proposto se presentata al giusto giudice, deve trovare attuazione pratica col consentire alle parti di proseguire davanti ad un secondo giudice il processo iniziato davanti a quello male individuato dall'attore.
Ne è derivato l'effetto di una riduzione ad unità del processo dalla domanda alla decisione finale, con la connessa privazione di rilevanza impeditiva, così come per la competenza, all'errore iniziale della parte nella individuazione del giudice provvisto di giurisdizione.
Nel quadro di questo fenomeno unitario, lo strumento processuale del regolamento di giurisdizione chiesto di ufficio - strumento che ripropone quello previsto in tema di competenze ed, forti nell'ambito della disciplina del processo civile - trova la sua ragion d'essere nella divisione funzionale ed organizzativa delle giurisdizioni, che, non diversamente da quanto è previsto per la competenza ed anzi a maggior ragione, non ammette la possibilità che il giudice di un ordine diverso, perchè nega di avere nel caso giurisdizione, possa poi imporla al diverso giudice che egli indica.
In conclusione, il rimedio del regolamento di ufficio soddisfa un'esigenza di rispetto della compresenza nell'ordinamento di ordini giurisdizionali distinti.
3.2.11 fenomeno della translatio - va aggiunto - è fenomeno che presuppone una situazione processuale in cui è il giudice adito che nega di avere giurisdizione e ciò significa che le parti non hanno ritenuto di dovere evitarne la decisione sulla questione di giurisdizione, richiedendone preventivamente il regolamento alla Corte di cassazione.
Sicchè il fenomeno giuridico si colloca in un'area in cui le parti non manifestano la propensione a far regolare la lite da uno anzichè da altro giudice, come resta asseverato dal fatto che poi, l'attore, almeno in genere, si sposta dal giudice indicato.
Il fenomeno processuale della translatio opera dunque per linee orizzontali e tende a sfruttare la possibilità che esso offre alle parti ed al giudice indicato di definire la questione di giurisdizione per tacito accordo, senza necessità di una seconda decisione.
La richiesta del regolamento di ufficio lo fa rifluire nella logica verticale dell'accesso al giudice della giurisdizione.
3.3. La disciplina della translatio copre perciò un'area diversa da quella già coperta dalla disciplina del regolamento preventivo di giurisdizione, mezzo che corrisponde ad una situazione di fatto in cui, dalla diversità dell'atteggiamento assunto dalle parti davanti al giudice di merito sulla questione di merito, sorge in una di esse l'esigenza di vederla immediatamente risolta per la strada verticale dell'accesso al giudice della giurisdizione.
La reciproca estraneità dei due fenomeni rende ragione della perfetta possibilità d'una loro giustapposizione e dunque di un'esigenza di disciplina limitata, rispetto allo spazio già disciplinato, d'una sola disposizione, quella adottata, che suona conferma di quanto già previsto in tema di regolamento preventivo.
3.4. Il principio della translatio iudicii, perè, è principio che è nato nel sistema della competenza e il regolamento chiesto di ufficio dal giudice indicato è strumento processuale tratto dalla disciplina della competenza.
Al fondamento del principio della translatio è d'altra parte il progressivo avvicinamento degli istituti della competenza e della giurisdizione.
Questo progressivo avvicinamento apre alla riflessione se ad altre situazioni processuali, che nel campo del rapporto tra le giurisdizioni manifestassero tratti di analogia con quelli disciplinati nell'ambito di competenza, non siano da estendere i corrispondenti istituti che in tale ambito le regolano.
3.5. Il problema che si pone nel caso in esame è il seguente. Una volta che, dopo una decisione sulla giurisdizione da parte di un giudice di merito, sulla questione, sia pure per iniziativa del giudice indicato, ha tornato ad essere possibile il diretto accesso alla cassazione, per avere una decisione della cassazione sulla giurisdizione, ha ancora ragion d'essere la scelta fatta a decorrere dal 1996, di negare alle parti la possibilità di utilizzare il regolamento di giurisdizione non come mezzo di impugnazione, ma con analogo effetto di superamento della decisione negativa, presa dal giudice di merito adito dalla parte?.
3.6. Non possono trarsi validi supporti dalla presenza, nel sistema della competenza davanti al giudice ordinario, dell'istituto del regolamento necessario di competenza contro le decisioni sulla sola questione di competenza, che l'affermano o la negano.
Intanto il regolamento di giurisdizione non potrebbe essere esperito contro le sentenze che negano la giurisdizione, perchè esse definiscono il giudizio di merito, mentre il regolamento ne suppone la sopravvivenza.
Per converso, il regolamento necessario di competenza ha le caratteristiche del mezzo di impugnazione, che, non sperimentato, fa divenire immutabile, nell'ambito del plesso giurisdizionale, la decisione, mentre il regolamento, pur proposto a decisione positiva già intervenuta secondo l'originaria e superata interpretazione giurisprudenziale, aveva i tratti della facoltatività.
3.7. Ma va aggiunto che, allora, le ragioni poste in campo per contrastare l'impiego del regolamento, dopo che passata la causa in decisione vi fosse seguita anche solo una decisione sulla giurisdizione, erano germinate dall'esigenza di contrastare un uso abusivo del mezzo processuale e però segnavano già una prima emersione della consapevolezza della necessità d'una smitizzazione della questione di giurisdizione.
Sul solco di quell'esigenza la giurisprudenza della Corte si è mossa con esiti che sono valsi a dare a quell'esigenza il ruolo di un metodo essenziale di reinterpretazione delle disposizioni processuali. Il ridimensionamento della questione di giurisdizione sta dando esiti notevoli nell'ottica della effettività della funzione giurisdizionale, intesa come tutela e come risposta di merito alla domanda del servizio-giustizia(Cass. S.U. 22.2.2007, n. 4109 - sulla translatio iudicii; S.U. n. 24883/2008, -sul giudicato implicito in tema di giurisdizione-; Cass. S.U. 23.12.2008, n. 30254 -sulla pregiudiziale amministrativa; Cass. S.U. 06/03/2009, n. 5456 - sul ricorso incidentale condizionato sulla giurisdizione;
fondamentale, per i suddetti principi, è anche Corte cost. n. 77/2007).
3.8. Le parti che manifestino un reale interesse alla decisione preventiva della questione di giurisdizione, una volta acquisiti al processo i dati di fatto necessari per deciderla, sono nelle condizioni di operare la scelta di chiederne la decisione alla Corte di cassazione, prima che venga ad essere impegnata la funzione decisoria del giudice di merito.
Quando sulla questione di giurisdizione non vi sia stato contrasto tra le parti, il giudice che ritenga di fondare su tale questione la decisione avrà l'onere procedimentale di avvertirle (art. 101 c.p.c., comma 2).
Ammetterle allora al regolamento, che, come si è detto, può in astratto essere praticato solo contro la decisione non definitiva che afferma la giurisdizione del giudice adito, significherebbe tornare a permettere alla parte convenuta, che ha avuto torto sul punto, di utilizzare, senza averne fatto uso a tempo debito, uno strumento idoneo ad intralciare l'ulteriore corso del giudizio in primo grado e così la possibilità della parte attrice di attingere la tutela esecutiva.
3.9. Se un ordinato svolgimento del processo poggia anche sul delimitare i tempi in cui gli strumenti di difesa delle parti vanno esperiti, ciò non esclude che, mentre la parte attrice si sposta dal giudice indicato, il convenuto proponga appello per tornare dal primo giudice (se pure ciò non dovrebbe frequentemente accadere) od anche che l'attore proponga appello, pur riproponendo la domanda al giudice indicato.
Questo può generare la pendenza contemporanea del medesimo processo davanti a due diversi ordini giudiziari.
Spetterà al giudice indicato, quando condivida le ragioni che possono avere spinto una delle parti all'appello, richiedere il regolamento, ed al giudice dell'appello scegliere se sospendere il processo in attesa della decisione della Corte o anticiparla con una decisione che rigetta l'appello.
4. Nella fattispecie il Tar Lombardia ha dichiarato con la sentenza impugnata il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la giurisdizione del giudice ordinario.
5. Va da ultimo chiarito che neppure ricorrono i presupposti per la conversione del ricorso per regolamento di giurisdizione in ricorso per cassazione, essendo stato lo stesso proposto avverso una sentenza di primo grado impugnabile con appello.
Ne consegue che sarebbe comunque inammissibile il ricorso, ove anche lo stesso non fosse da qualificare come ricorso per regolamento di giurisdizione (essendo già intervenuta sentenza sulla giurisdizione, equiparabile alla sentenza di merito agli effetti dell'art. 41 c.p.c.) e dovesse esso intendersi come ordinario ricorso per Cassazione, non essendo tale ricorso proponibile avverso sentenze appellabili.
6. Va quindi dichiarata l'inammissibilità del ricorso.
La ricorrente va condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione sostenute dai resistenti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione sostenute dalla Azienda ospedaliera di Lodi, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge e da C.G. e Gi., liquidate in egual misura.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2010
 
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