contratti a termine degli insegnanti di religione cattolca

contratti a termine degli insegnanti di religione cattolca
 
La reiterazione dei contratti a termine tra l'amministrazione scolastica e gli insegnanti di religione cattolica: è legititmo il superamento dei trentasei mesi?
 
 
Una questione parzialmente differente rispetto a quella che ha formato oggetto del vasto contenzioso in merito al ritenuto abuso nel ricorso a supplenze da parte del MIUR nel settore scolastico è quella che concerne la legittimità del ricorso a contratti a tempo determinato per gli incarichi annualir elativi all'insegnamento della religione cattolica.
 
In tale settore, infatti, l'amministrazione scolastica non deve e non può ricorrere al sistema di reclutamento di cui all'art. 4 della l. n. 124 del 1999; sistema, questo, che prevede il ricorso alle graduatorie permanenti per le supplenze annuali e per quelle che hanno durata per l'intero anno scolastico.
 
Ne consegue che, per risolvere la questione, non soccorrono i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in merito alla specialità del sistema delineato dall'art. 4 della l. n. 124 del 1999 ed in merito all'inapplicabilità delle norme limitative di cui al d.lgs. n. 368/01.
 
Il problema più ricorrente è quello relativo alla complessiva durata dei contratti a termine reiterati dall'amministrazione scolatica; durata che sovente eccede i trentasei mesi di cui all'art. 5, comma 4 bis del d.lgs. n. 368/01.
 
Si pone, in sostanza, la questione di stabilire se tale norma sia destinata a regolare anche i contratti a tempo determinato con gli insegnanti di religione cattolica o se la materia sia connotata da un regime speciale che escluda, per incompatibilità, l'applicabilità della normativa di cui al d.lgs. n. 368/01 e in particolare delle norme che pongono limiti temporali massimi di ricorso a tali tipologie di contratti.
 
Va ricordato, in proposito, che la disciplina dei rapporti di impiego a tempo determinato degli insegnanti di religione cattolica è contenuta nella l. n. 186 del 2003 (successiva al d.lgs. n. 368/01) ove, al comma 10 dell’art. 3 è previsto che “Per tutti i posti non coperti da insegnanti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, si provvede mediante contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dai dirigenti scolastici, su indicazione del dirigente regionale, d'intesa con l'ordinario diocesano competente per territorio”. 
 
La l. n. 183 del 2003 ha, infatti, istituito i ruoli degli insegnanti di religione, con la previsione, però, che le dotazioni organiche siano stabilite nella misura del 70% dei posti di insegnamento complessivamente funzionanti.
 
L’art. 3, comma 2 della legge in questione prevede, poi, che l’accesso ai ruoli avvenga mediante concorso per titoli ed esami da bandirsi con frequenza triennale.
 
Il più significativo elemento di specialità relativo all’accesso ai rapporto di impiego a tempo determinato e indeterminato alle dipendenze del M.I.U.R. per gli insegnanti di religione cattolica è costituito dal fatto che il titolo di idoneità all’insegnamento è riconosciuto dall’ordinario diocesano e si tratta di un titolo che ha effetto permanente salvo revoca. Tale elemento di specialità incide, in origine, sulla costituzione del rapporto non essendo ammissibile la stipulazione, da parte del M.I.U.R., di un contratto di lavoro a tempo determinato per l’insegnamento della religione cattolica con un soggetto che sia privo del titolo di idoneità riconosciuto dall’ordinario diocesano e, successivamente, sulla permanenza del rapporto contrattuale, con effetti distinti a seconda che il rapporto sia a termine o a tempo indeterminato, laddove il titolo di idoneità sia revocato.
 
L’art. 36 dei Patti Lateranensi (L. n. 810 del 27.5.1929) prevede che “l’insegnamento della religione cattolica [sia dato] a mezzo di maestri e professori, sacerdoti o religiosi, approvati dall’autorità ecclesiastica, e sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità rilasciato dall’Ordinario diocesano”. Il punto 5 del protocollo addizionale degli accordi di Villa Madama (L. n. 121/85) prevede che l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole sia impartito “da insegnanti che siano riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati, d’intesa con essa, dall’autorità scolastica”.
 
Con una recente sentenza del Tribunale di Perugia (sentenza del 26 febbraio del 2016), si è ritenuto che tali elementi di specialità non siano, tuttavia, tali da escludere, per incompatibilità, che l'amministrazione scolastica debba rispettare i limiti massimi di ricorso ai contratti a tempo determinato stabiliti dal d.lgs. n. 368 del 2001.
 
Si è, al riguardo, osservato che "Tali elementi e le norme che li fondano, tuttavia, non costituiscono una disciplina speciale rispetto a quella di cui al d.lgs. n. 368 del 2001 relativa alla durata dei contratti a tempo determinato né risultano incompatibili con la norma di cui all’art. 5, comma 4 bis del d.lgs. n. 368 del 2001 in tema di durata massima di tali contratti (come, invece, ad avviso di questo giudice, è per quanto riguarda le assunzioni a tempo determinato effettuate ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 4 della l. n. 124 del 1999 che non possono non essere effettuate dall’amministrazione scolastica con il soggetto avente titolo in relazione alla posizione acquisita in graduatoria a prescindere dalla durata dei pregressi incarichi conferiti a termine).
Il punto 5 del protocollo addizionale degli accordi di Villa Madama (L. n. 121/85) prevede, infatti, che l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole sia impartito “da insegnanti che siano riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati, d’intesa con essa, dall’autorità scolastica”, il che comporta che lo Stato non possa nominare un insegnante di religione cattolica senza l’intesa dell’autorità ecclesiastica ma non anche che l’Autorità Ecclesiastica possa imporre allo Stato la scelta tra l’assunzione a termine o a tempo indeterminato degli insegnanti da essa designati o la stipulazione di un contratto a tempo determinato, nonostante il divieto stabilito da altre norme dell’ordinamento giuridico (e, nella specie, dall’art. 5, comma 4 bis del d.lgs. n. 368/01).
Deve, al riguardo, sottolinearsi che, nonostante gli evidenziati elementi di specialità, l’ordinamento italiano ha specificamente previsto la possibilità dell’assunzione a tempo indeterminato degli insegnanti di religione cattolica, istituendo i ruoli degli insegnanti di religione a cui è possibile accedere mediante concorso da bandirsi con cadenza triennale ai sensi del comma 2 dell’art. 3 della l. n. 186/03 il quale stabilisce che “I concorsi per titoli ed esami sono indetti su base regionale, con frequenza triennale, dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con possibilità di svolgimento in più sedi decentrate, in relazione al numero dei concorrenti, ai sensi dell'articolo 400, comma 01, del testo unico, e successive modificazioni”.
Ne consegue che non appare convincente la tesi sostenuta dall’amministrazione scolastica relativa ad una ontologica precarietà del rapporto di lavoro degli insegnanti di religione cattolica in quanto, a parte nell’ipotesi di revoca del gradimento, gli insegnanti assunti a tempo indeterminato, dopo il superamento del concorso, godono della stabilità che è garantita a tutti gli impiegati dello Stato (si pensi, solo, ai benefici che un rapporto di lavoro stabile produce in termini di certezza di reddito e di programmazione delle scelte di vita o al più favorevole statuto giuridico che disciplina i rapporti di lavoro a tempo indeterminato rispetto a quelli a tempo determinato in materia di licenziamento). 
Ne consegue, ancora, che non convince neppure la tesi della non configurabilità di un abuso ai danni dell’insegnate di religione cattolica che sia assunto ripetutamente a termine in quanto l’aspettativa di essere inserito in ruolo, sempre che vi sia la condizione del gradimento dell’Ordinario Diocesano, è fondata proprio sulla L. n. 186/03 che tale ruolo ha istituito ed è implicitamente confermata dal Legislatore che ha previsto che siano banditi concorso con cadenza triennale (cfr. il già richiamato art. 3, comma 2).
Quanto alla previsione normativa di una consistenza dell’organico superiore del 30% rispetto agli insegnanti di ruolo essa non appare incompatibile con il diritto del singolo insegnante di religione cattolica assunto a tempo determinato, impiegato reiteratamente con supplenze annuali ad essere assunto a tempo indeterminato dall’amministrazione (previo superamento del concorso) ove sia stato utilizzato dall’amministrazione scolastica, in virtù di contratti a termine, per un tempo superiore a quello previsto dall’art. 5, comma 4 bis del d.lgs. n. 368 del 2001.
La previsione normativa espressa, ex art. 53 u.c. della l. n. 312/80, di scatti di anzianità biennale in favore degli insegnanti di religione cattolica assunti in virtù di contratti a tempo determinato non è, infine, incompatibile con l’art. 5, comma 4 bis del d.lgs. n. 368/01 costituendo, semmai, un elemento di ormai poco comprensibile specialità tra i contratti a termine stipulati con gli insegnanti della religione cattolica e quelli stipulati con tutti gli altri insegnanti. 
 
 
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