i contratti a termine nel settore della scuola

I contratti a termine nel settore della scuola, il regime speciale in relazione alla progressione nell'ambito delle graduatorie ad esaurimento, la ricostruzione del sistema normativo e dell'indirizzo della giurisprudenza 
 

 

 
 
La disciplina di legge delle assunzioni a tempo determinato nel settore della scuola si rinviene tuttora nell’art. 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124, i cui primi tre commi recitano testualmente:
«1. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l’utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreché ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo. 2. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario. 3. Nei casi diversi da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee».
 
Per individuare le persone che sono chiamate ad assumere incarichi di supplenza l’Amministrazione attinge ad una graduatoria permanente su base provinciale (art. 4, comma 6 cit. l. n. 124/1999 che richiama l’art. 401 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297; le graduatorie permanenti sono divenute “ad esaurimento” per effetto della disposizione di cui all’art. 1, comma 605, lett. c della legge n. 296 del 2006).
 
Di recente il legislatore è intervenuto sulla materia, aggiungendo al citato art. 4 l. n. 124/1999, il comma 14-bis, per affermare espressamente che «I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e sulla base delle graduatorie previste dalla presente legge e dall’articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni» (art. 1 d.l. 25.9.2009, n. 134, convertito in legge dalla legge 24.11.2009, n. 167).
 
Il citato art. 1, comma 605, lett. c) della legge 296 del 2006 concerne un «piano triennale per l’assunzione a tempo indeterminato di personale docente per gli anni 2007-2009, da verificare annualmente […], circa la concreta fattibilità dello stesso, per complessive 150.000 unità, al fine di dare adeguata soluzione al fenomeno del precariato storico e di evitarne la ricostituzione, di stabilizzare e rendere più funzionali gli assetti scolastici, di attivare azioni tese ad abbassare l’età media del personale docente».
 
2. - Non vi sono disposizioni che in qualche modo riconducano in via diretta la materia delle assunzione a termine nel settore della scuola alla disciplina generale sui contratti di lavoro a termine dettata dal d.lgs. n. 368/2001 per dare attuazione alla direttiva comunitaria 1999/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, né alla disciplina speciale in materia di rapporti di lavoro “flessibili” nel pubblico impiego posta dall’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001.
 
Infatti, l’art. 70 comma 8 del d.lgs. n. 165 del 2001 statuisce: “Le disposizioni del presente decreto si applicano al personale della scuola. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 35. Sono fatte salve le procedure di reclutamento del personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successive modificazioni ed integrazioni”, con ciò essendo confermato che le disposizioni generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche valgono anche il personale della scuola, ma per tale settore continuano ad aver vigore le norme speciali sul reclutamento per cui, in particolare, la norma posta dall’art. 36 del d.lgs. n. 165 in tema di utilizzo di contratti di lavoro flessibile richiede quanto meno un’opera di coordinamento con le disposizioni speciali sulla scuola.
 
Si rammenta che il d.l. 13 maggio 2011, n. 70, conv. in l. n. 106 del 2011 ha confermato e chiarito la specialità della disciplina delle disposizioni in ambito scolastico in materia di contratti a termine, avendo aggiunto (con l’art. 9, comma 18) un comma 4-bis all’art. 10 del d.lgs. 368/2001 secondo il quale, “stante quanto stabilito dalle disposizioni di cui alla legge 3 maggio 1999, n. 124, sono altresì esclusi dall’applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica l'articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto”.
 
Le disposizioni sul reclutamento di personale avventizio nel settore della scuola sono quindi speciali sia rispetto a quelle generali sui contratti a termine (che pur sono applicabili a tutti i lavoratori, pubblici e privati) sia a quelle relative al pubblico impiego.
 
Deve dunque evidenziarsi che non vi sono nella disciplina sul personale della scuola prescrizioni di alcun genere né in materia di contenuto del contratto di lavoro, al fine di individuare specificamente le ragioni poste a supporto della clausola di apposizione del termine, né in materia di proroga o di assunzioni successive.
 
Secondo la compiuta illustrazione della materia contenuta nella sentenza della Corte d’appello di Perugia del 23.2.2011, n. 143/2011 (a quanto consta inedita), “I contratti a tempo determinato nella scuola sono riconducibili a tre tipologie (v. l’art. 4, comma 11 della legge n. 124/99, l’art. 1 del regolamento per le supplenze del personale ata, d.m. n. 430 del 2000, e, per il personale docente, l’art. 1 del d.m. n. 201 del 2000, poi il d.m. n. 131 del 2007).
Vi sono, anzitutto, le supplenze annuali cosiddette su “organico di diritto”, ossia riguardanti posti disponibili e vacanti, con scadenza al termine dell’anno scolastico (31 agosto). I posti in questione sono quelli che risultano effettivamente vacanti entro la data del 31 dicembre e che rimarranno prevedibilmente scoperti per l’intero anno. Per essi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali, si procede al conferimento di supplenze annuali, con la stipulazione di contratti a termine in scadenza al 31 agosto, allorché non sia possibile provvedere con il personale di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante utilizzazione del personale in soprannumero, se non vi sia stato assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo. Si tratta, di regola, di posti in sedi disagiate o comunque di scarso gradimento, per i quali non vi sono domande di assegnazione da parte del personale di ruolo. La scopertura di questi posti non è prevedibile, e si manifesta solo dopo l’esaurimento delle procedure di trasferimento, assegnazione provvisoria, utilizzazione di personale soprannumerario e immissione in ruolo; solo allora, verificato che sono rimasti privi di titolare, quei posti possono essere coperti – in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo – mediante l’assegnazione delle supplenze su organico di diritto, dette anche annuali.
V’è, poi, la tipologia delle supplenze annuali cosiddette su “organico di fatto”, con scadenza al 30 giugno, cioè, al termine dell’attività didattica. I posti con esse coperti non sono tecnicamente vacanti, ma si rendono di fatto disponibili. Ciò può avvenire, ad esempio, per un aumento imprevisto della popolazione scolastica nel singolo istituto, la cui pianta organica resti tuttavia immutata, oppure per l’aumento del numero di classi, dovuto a motivi contingenti, ad esempio di carattere logistico.
La terza categoria è quella delle supplenze temporanee, conferite per ogni altra necessità, come la sostituzione di personale assente o la copertura di posti resisi disponibili, per qualsivoglia ragione, soltanto dopo il 31 dicembre, e destinate a terminare non appena venga meno l’esigenza per cui sono state disposte”.
4. - In base alla normativa speciale sulla scuola, pertanto, apparire lecito, ed anzi doveroso per le autorità scolastiche, sulla base delle graduatorie, al fine di coprire posti vacanti (supplenze annuali) o posti di fatto disponibili (supplenze temporanee fino al termine dell’anno scolastico), assumere un medesimo lavoratore, siccome collocato in una determinata posizione in graduatoria, ripetutamente da un anno all’altro, senza soluzione di continuità, senza indicazione delle specifiche ragioni a supporto del termine, per il solo fatto che vi è un posto vacante che sarà coperto in un momento futuro indeterminato cioè in attesa dell’espletamento di procedure concorsuali, ovvero perché persistono stabilmente esigenze di coperture di posti di fatto liberi.
In tal modo un lavoratore potrebbe, senza che ciò costituisca violazione delle norme specifiche di settore, trascorrere buona parte o anche tutta la propria vita lavorativa quale “supplente annuale” o quale “supplente temporaneo”.
 
Significativamente, il legislatore del 2009 si è prefisso l’obbiettivo di dare adeguata soluzione al fenomeno del precariato storico e di evitarne la ricostituzione, ben consapevole che esiste un rilevantissimo numero di docenti precari impiegati tuttavia continuativamente di fatto da molto tempo e dunque sostanzialmente necessario per soddisfare esigenze stabili e consolidate dell’Amministrazione.
 
La legittimità di tale sistema normativo è stata di recente esaminata approfonditamente dalla Corte di Cassazione che, con sentenza del 20 giugno 2012, n. 10127, in un caso del tutto analogo a quello ora in esame, ha escluso che possano esservi profili di contrasto con i principi e le disposizioni del diritto comunitario, ritenendo, in ultimo, pur configurabile un abuso ma non già nel fatto che vengano reiterate, in conformità alla prescrizione di legge, assunzioni a termine, ma se appunto l’amministrazione faccia luogo ad assunzioni ad di fuori delle condizioni di legge, come ad esempio nel caso di mancato rispetto delle graduatorie (v. par. 72 della motivazione).
 
La Corte ha quindi affermato che “La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel d.lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal d.lgs. n. 368 del 2001, essendone disposta la salvezza dall’art. 70, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, che le attribuisce un connotato di specialità, ribadito dall’art. 9, comma 18, del d.l. n. 70 del 2011, conv. in legge n. 106 del 2011, tramite la conferma dell’esclusione della conversione in contratto a tempo indeterminato dei contratti a termine stipulati per il conferimento delle supplenze. Lo speciale “corpus” normativo delle supplenze, integrato nel sistema di accesso ai ruoli ex art. 399 del d.lgs. n. 297 del 1994, modificato dall’art. 1 della legge n. 124 del 1999, consentendo la stipula dei contratti a termine solo per esigenze oggettive dell’attività scolastica, cui non fa riscontro alcun potere discrezionale dell’amministrazione, costituisce “norma equivalente” alle misure di cui alla direttiva 1999/70/CE e, quindi, non si pone in contrasto con la direttiva stessa, come interpretata dalla giurisprudenza comunitaria. Ne consegue che la reiterazione dei contratti a termine non conferisce al docente il diritto alla conversione in contratto a tempo indeterminato, né il diritto al risarcimento del danno, ove non risulti perpetrato, ai suoi danni, uno specifico abuso del diritto nell’assegnazione degli incarichi di supplenza”.
 
Secondo la compiuta sintesi che della complessa motivazione ha operato il Tribunale di Roma nella sentenza del 18.9.2012 (Giudice Mimmo), «La Suprema Corte, in particolare, ha evidenziato che deve ritenersi, oramai, principio di diritto vivente, nella giurisprudenza di legittimità, l’affermazione secondo la quale il d.lgs. n. 165 del 2001 riconosce la praticabilità del contratto a termine e di altre forme negoziali flessibili nel rapporto di lavoro pubblico valorizzando il ruolo della contrattazione collettiva con l’attribuire alla stessa di una più accentuata rilevanza rispetto al passato e prevede, in caso di violazione di norme imperative in materia, un proprio e specifico regime sanzionatorio costituito dal diritto del lavoratore al risarcimento del danno (cfr. Cass. 20 marzo 2012 n. 4417, Cass. 31 gennaio 2012 n.392, Cass. 15 giugno 2010 n. 14350 e Cass. 7 maggio 2008 n. 11161) (par. 19), precisando che tale principio non contrasta con la direttiva 1999/70/CE, in quanto idoneo a prevenire e sanzionare l’utilizzo abusivo dei contratti a termine da parte della pubblica amministrazione e che è consequenziale alla configurazione come regolamentazione speciale ed alternativa a quella prevista dal D. Lgs. n. 368 del 2001 relativa alla disciplina generale del contratto a termine (per tutte V. ordinanza 1 ottobre 2010, causa C-3/10, Affatato, punto 40, e giurisprudenza comunitaria conforme ivi richiamata, secondo cui la clausola 5 dell’accordo quadro non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi un destino differente al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione a seconda che tali contratti siano stati conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato o con un datore di lavoro del settore pubblico) (par. 20).
Ricostruendo il quadro normativo di riferimento, ha affermato che nel settore scolastico la speciale regolamentazione non può ritenersi abrogata da quella stabilita in via generale dal richiamato d. lgs. n. 368 del 2001 stante l’immanenza della regola lex posterior generalis non derogat legi priori speciali (Cass. 31 gennaio 2012 n.392 cit.) (par. 21 e 27-29), per cui si deve concludere che il sistema del reclutamento del personale della scuola, di cui al d. lgs. n. 299 del 1994 e successive modificazioni ed integrazioni, è escluso dall’ambito di applicazione della normativa dei contratti a termine prevista per lavoratori privati (par. 25).
In riferimento all’art. 9 del decreto legge n. 70 del 2011, convertito in legge n. 106 del 2011, il quale, con il comma 18, ha aggiunto, all’art. 10 del d. lgs. n. 368 del 2001, il comma 4 bis, la Suprema Corte ha evidenziato che trattasi, invero, di esplicitazione di un principio che, in quanto già enucleabile, alla stregua di quanto in precedenza rimarcato, dal precedente sistema, non ha comportato alcuna innovazione e risponde, piuttosto, all’esigenza, avvertita dal legislatore, di ribadire, a fronte del proliferare di controversie sulla illegittimità delle assunzioni a termine nel settore in parola, di una regola iuris già insita nella legislazione concernente la c.d. privatizzazione del pubblico impiego, per cui la norma non può che aver valore d’interpretazione autentica, per rendere chiaro ed espresso quello che si evinceva dal precedente sistema normativo (par. 31-33).
In relazione alla compatibilità tra il sistema di reclutamento nell’ambito della scuola pubblica, dunque con la possibilità di reiterare contratti a termine nei confronti dello stesso docente o ATA, e i principi contenuti nella direttiva 1999/70/CE la Suprema Corte ha escluso che il reiterato conferimento dell’incarico di supplenza, specie quello annuale, possa costituire un abuso sia perché costituisce il veicolo attraverso il quale l’incaricato si assicura l’assunzione a tempo indeterminato in quanto, man mano che gli vengono assegnati detti incarichi, la sua collocazione in graduatoria avanza e, quindi, gli permette l’incremento del punteggio cui è correlata l’immissione in ruolo ex art. 399 del T.U. di cui al d. lgs n. 297 del 1994 (par. 43), sia perché la formazione della graduatoria permanente ovvero di circolo o istituto è ancorata a rigidi criteri oggettivi che costituiscono attuazione del principio generale secondo il quale l’assunzione dei dipendenti pubblici, anche non di ruolo, deve avvenire secondo procedure sottratte alla discrezionalità dell’amministrazione  (par. 44). Anzi, il sistema delle supplenze in parola rappresenta, pertanto, sotto il profilo in esame, un percorso formativo-selettivo, volto a garantire la migliore formazione scolastica, attraverso il quale il personale della scuola viene immesso in ruolo in virtù di un sistema alternativo a quello del concorso per titoli ed esami e vale a connotare di una sua intrinseca “specialità e completezza” il corpus normativo relativo al reclutamento del personale scolastico (par. 45), essendo oggettivamente funzionalizzato alla esigenza di sopperire alla necessità della copertura dei posti di insegnamento che risultino vacanti (par. 49).
Secondo conforme giurisprudenza comunitaria la nozione di «ragioni obiettive», ai sensi della clausola 5, punto 1, lett. a), dell’accordo quadro, deve essere intesa nel senso che si riferisce a circostanze precise e concrete caratterizzanti una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare in questo particolare contesto l’utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato successivi (par. 56). Ebbene, secondo la Corte il corpus normativo disciplinante il reclutamento del personale, nel consentire la stipula di contratti a tempo determinato in relazione alla oggettiva necessità di far fronte, con riferimento al singolo istituto scolastico - e, quindi, al caso specifico -, alla copertura dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, ovvero alla copertura dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre, ovvero ancora ad altre necessità quale quella di sostituire personale assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, riferendosi a circostanze precise e concrete caratterizzanti la particolare attività scolastica costituisce “norma equivalente” alle misure di cui alla clausola 5 n.1, lett. da A) a C) dell’accordo quadro secondo quanto indicato dalla sentenza 28 aprile 2009 C-370/07 Angelidaki cit., anche perché con riferimento alle fattispecie regolate dal primo e dal secondo comma dell’art. 4 della Legge n. 124 del 1999 sussiste uno stretto collegamento tra la necessità di ricorrere alla supplenza e la ciclica variazione in aumento ed in diminuzione della popolazione scolastica e la sua collocazione geografica (par. 59 e 60).
Peraltro, proprio il sistema delle graduatorie per garantire l’oggettività della scelta dell’incaricato, al fine di consentire la migliore formazione scolastica e la stessa immissione in ruolo dell’incaricato - la cui posizione in graduatoria progredisce, in ragione dell’assicurato diritto di precedenza, in funzione del numero delle supplenze - comporta necessariamente la reiterazione degli incarichi che, pur tuttavia, come osservato, rimangono temporanei e collegati ciascuno alla specifica e precisa esigenza del singolo istituto scolastico (par. 61).
Invece, la direttiva n. 70 del 1999 guarda alla successione di più contratti di rapporti di lavoro a tempo determinato come potenziale fonte di abuso in danno dei lavoratori dipendenti sì da richiedere apposite disposizioni di tutela minima (dirette ad evitare la “precarizzazione” della situazione dei lavoratori suddetti), identificabili non di certo in norme legali o regolamentari limitate ad autorizzare – in modo generale ed astratto – il ricorso a ripetuti contratti di lavoro a tempo determinato (sentenza 26 gennaio 2012 C-586/10 Kucuk, punto 28, e sentenza 28 aprile 2009 C-370/07, Angelidaki cit., punto 97). Il fatto che i contratti di lavoro a tempo indeterminato costituiscano la forma comune dei rapporti di lavoro, non esclude però che i contratti di lavoro a tempo determinato possano rappresentare una caratteristica dell’impiego in alcuni settori e per determinate occupazioni e attività, sicché viene lasciato agli Stati membri una certa discrezionalità nello stabilire le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi contratti (sentenza 26 gennaio 2012 C586/10 Kucuk, cit. punto 52; sentenza 4 luglio 2006 C-212/04, Adeneler, cit. punto 91; sentenza 7 settembre 2006, causa C-53/04, Marrosu e Sordino, punto 47; sentenza 28 aprile 2009 C-370/07, Angelidaki cit. punti 145 e 183) (par. 62).
Conclude la Corte che la specifica disciplina del reclutamento del personale scolastico, ed in particolare quella relativa al conferimento delle supplenze, sia conforme alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro di cui alla Direttiva del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999 e costituisce, quindi, “norma equivalente”(par. 64)».
 
 
RICHIEDI CONSULENZA