La recidiva e il licenziamento, va valutata la gravità

Il licenziamento intimato a causa del comportamento negligente recidivo del lavoratore, la cassazione ribadisce che occorre comunque valutare la gravità del fatto  

 
 
 
In riforma della sentenza del Tribunale di Trani, la Corte di Appello di Bari ebbe a dichiarare illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore dopo ripetuti episodi di negligenza nell’esecuzione della prestazione lavorativa assegnatagli.
 
Secondo la Corte Territoriale, infatti, la recidiva rappresentava un elemento costitutivo dei fatti della mancanza addebitata al dipendente e avrebbe, quindi, dovuto formare oggetto di contestazione, a pena della nullità della sanzione o del procedimento disciplinare.
 
La società, pertanto, proponeva ricorso dinnanzi alla Suprema Corte per la cassazione della sentenza tra l'altro in quanto  aveva accolto la domanda del lavoratore sull’assunto che la recidiva fosse elemento costitutivo delle fattispecie e che non avesse formato oggetto di contestazione, senza però effettuare qualsiasi valutazione in merito alla gravità delle negligenze contestate, per valutarne l’idoneità a giustificare il recesso.
 
La Corte ha, però, osservato "la previsione da parte della contrattazione collettiva della recidiva, in relazione a precedenti mancanze, come ipotesi di licenziamento non esclude il potere - dovere del giudice di valutare la gravità dell'addebito ai fini della proporzionalità della sanzione espulsiva, ai sensi della L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 3, art. 2119 c.c. e la L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7". In tale prospettiva, ad avviso della Corte, avrebbe dovuto essere valutata in concreto la gravità della condotta addebitata anche alla luce dei precedenti disciplinari; è stata dunque cassata con rinvio la sentenza.
 
Va osservato che la Corte ha citato un principio di diritto che era stato elaborato in fattispecie diametralmente opposte in quanto si trattava, piuttosto, di ridimensionare la gravità di condotte recidivanti che la contrattazione collettiva prevedeva fossero sanzionabili con il licenziamento.
 
Nel caso di specie, neppure può ritenersi che la Corte territoriale non avesse valutato la gravità della condotta addebitata al dipendente in quanto aveva evidenziato che si trattava di condotta punibile, sulla base delle fonti collettive, con sanzioni conservative (ipotesi, questa, che, come noto, alla luce dell'art. 18, nel testo così come modificato dalla Legge Fornero, legittima la pronuncia di reintegra).
 
Cassazione civile, sez. lav., 28/11/2017, (ud. 13/07/2017, dep.28/11/2017),  n. 28417 
 
 
E' fondato, e deve essere accolto, il terzo motivo di ricorso.

La Corte di merito ha, infatti, ritenuto che la recidiva fosse "elemento costitutivo della mancanza" posta alla base del provvedimento "in quanto la negligenza nella esecuzione del lavoro affidato" - negligenza consistita, nella specie, nell'avere inserito in maniera errata nelle calzature i sottopiedi con i numeri non conformi alle stesse (come da lettera di contestazione in data 14/10/2010) - era sanzionata dalla contrattazione collettiva di settore (art. 70) con la multa o con la sospensione dal lavoro per un massimo di tre giorni; ha inoltre osservato, per il caso in cui la recidiva rappresenti elemento costitutivo della mancanza, che essa deve formare oggetto di preventiva contestazione, a pena di nullità della sanzione o del procedimento disciplinare (cfr. sentenza, p. 5): contestazione che peraltro, nella lettera del 14/10/2010, non era stata formulata, non contenendo la stessa alcuna specifica indicazione degli addebiti di natura disciplinare precedentemente contestati al lavoratore (p. 4).

Ne consegue che la Corte, così articolando il proprio percorso critico - argomentativo, ha totalmente omesso di esaminare e valutare il fatto contestato.

Come più volte affermato da questa Corte di legittimità, "la previsione da parte della contrattazione collettiva della recidiva, in relazione a precedenti mancanze, come ipotesi di licenziamento non esclude il potere - dovere del giudice di valutare la gravità dell'addebito ai fini della proporzionalità della sanzione espulsiva, ai sensi della L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 3, art. 2119 c.c. e la L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7" (Cass. n. 26741/2014; Cass. n. 14041/2002).
 
 
 
 
 
 
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