Il risarcimento in caso di revoca della promessa di matrimonio

La sentenza del Tribunale di Monza, Sezione distaccata di Desio, si occupa di diversi profili giuridici relativi al diritto di famiglia; in particolare, con riferimento alla promessa di matrimonio, si occupa dei limiti del risarcimento danni dovuto in caso di "rottura" di una promessa di matrimonio qualificata. Tale è la promessa di matrimonio reciproca che sia stata trasfusa in un atto pubblico o che risulti dall'effettuazione delle pubblicazioni. In tal caso il codice stabilisce che debbano essere restituite le spese fatte e che il risarcimento debba comprendere anche le obbligazioni contratte in vista del amtrimonio, nei limiti in cui tali spese e tali obbligazioni siano omogenee alle condizioni economiche delle parti. La sentenza conferma l'inapplicabilità degli artt. 2043 cc e 1337 cc. alla fattispecie della revoca della promessa di matrimonio.
 
         
 
                 Repubblica italiana
                     In nome del popolo italiano
                         Tribunale di Monza
                   - Sezione distaccata di Desio -
Con atto di citazione regolarmente notificato alla controparte S. M. adiva il Tribunale di Monza Sezione Distaccata di Desio chiedendo - tra l'altro - che il Tribunale, accertata la proprietà comune, disponesse lo scioglimento della comunione sull'unita immobiliare sita in Lentate sul Seveso, via Brianza n. 2, ed identificata al N.C.E.U. di Milano al Foglio 33 - mappale 125 - subalterno 1 - categoria A/7 - classe 3 - vani 7 - piano S1 - T - 1 - r.c. euro 650,74; subalterno 2 - categoria A/6 - classe 5 - mq. 35 - piano S1 - r.c. euro 74,11, condannando altresì la convenuta S. N. a corrispondere l'indennità di occupazione a far tempo dal 18 settembre 2004, al risarcimento dei danni, alla restituzione dei beni mobili contenuti nell'immobile e di proprietà dello stesso attore.
Riferiva l'attore che su un terreno di proprietà esclusiva della convenuta, egli e la sig. S. N. avevano deciso di realizzare l'immobile ora esistente, sopportandone a metà i costi, con impegno di S. N. di attribuire all'attore la quota di metà dell'immobile stesso. Realizzato l'immobile, S. N. aveva donato all'attore la suddetta quota di metà con atto notarile in data 27 luglio 2001. Successivamente S. M. ed S. N. avevano contratto mutuo presso la Banca Intesa S.p.A., garantendola con una ipoteca volontaria sull'immobile stesso, mentre S. M. aveva affrontato tutti gli esborsi per l'arredo dell'abitazione. 
Riferiva ancora l'attore che, rottosi il legame con la convenuta, quest'ultima lo aveva estromesso dall'abitazione a far tempo dal 18 settembre 2004, usufruendo dell'immobile stesso in via esclusiva, senza corrispondere all'attore indennità alcuna.
Tutto ciò premesso, concludeva come in epigrafe.
Si costituiva la convenuta che eccepiva:
- il carattere simulato dell'atto di donazione, anche in considerazione del fatto che S. M. aveva sostenuto solo parte delle spese che inizialmente si era impegnato ad assumere; 
- il proprio diritto a risolvere il contratto in questione per inadempimento del medesimo. 
In subordine, la convenuta chiedeva l'assegnazione a sé dell'immobile, dando atto della propria disponibilità a restituire i beni mobili di pertinenza dell'attore, mentre chiedeva il rigetto della domanda risarcitoria. 
Concludeva in ogni caso come in epigrafe, domandando la condanna dell'attore al risarcimento dei danni derivato dalla rottura del fidanzamento con S. M..
Si costituiva anche la banca, convenuta ex art. 1113 c.c., la quale chiedeva darsi atto della esistenza della garanzia ipotecaria a tutela del proprio credito residuo.
Esaurita la trattazione ed istruzione della controversia le parti venivano invitate a precisare le conclusioni in ordine all'accertamento del diritto dell'attore di procedere allo scioglimento della comunione, e, previa assegnazione di termine per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, la causa veniva trattenuta in decisione. 

MOTIVI DELLA DECISIONE
Sommario: 1. Premessa. - 2. Sul diritto dell'attore di procedere allo scioglimento della comunione. Le domande riconvenzionali della convenuta circa la natura simulata della donazione. - 3. Sul diritto dell'attore alla restituzione dei beni presenti nell'immobile. - 4. Sul diritto dell'attore ad ottenere l'indennità per mancato godimento dell'immobile. - 5. Sulle domande risarcitorie proposte dalla convenuta. - 6. Sulla tutela delle ragioni della Banca Intesa S.p.A.. - 7. Conclusioni.
1. - Premessa.
Poiché le parti hanno reciprocamente azionato una serie di domande, non limitandosi ad agire e resistere unicamente nel giudizio di divisione, appare opportuno procedere ad un esame distinto dei vari profili, considerato anche il fatto che in alcuni casi si potrà addivenire ad una decisione definitiva su alcune domande, mentre su altre si renderà necessaria la prosecuzione del giudizio e l'espletamento di attività istruttoria ulteriore.
In ogni caso, il Tribunale non ritiene di procedere a separazione alcuna delle domande, neppure implicitamente, apparendo opportuno - alla luce della connessione esistente tra alcuni profili - mantenere unito l'intero giudizio, senza operare stralci.
2. - Sul diritto dell'attore di procedere allo scioglimento della comunione. Le domande riconvenzionali della convenuta circa la natura simulata della donazione.
Poiché S. N. contestava il diritto di S. M. di procedere allo scioglimento della comunione - ed anzi contestava la stessa esistenza di una comunione con l'attore - il Tribunale, in applicazione del disposto di cui all'art. 785 c.p.c., ha ritenuto di procedere all'istruttoria ed alla decisione su questo preliminare profilo.
L'attore basa il proprio diritto e la propria domanda sul rogito notarile in data 27 luglio 2001 (cfr. doc. 3 attoreo), con cui S. N. ha donato, appunto a S. M., la quota pro indiviso di metà del compendio immobiliare per cui è causa, precedentemente realizzato su un terreno di proprietà esclusiva di S. N. e conseguentemente integralmente acquistato da quest'ultima in virtù del meccanismo dell'accessione.
Le contestazioni della convenuta, invece, si basano sulla scrittura privata datata 10 gennaio 2001 (doc. 1 attore), con la quale - quando l'edificio non era stato ancora realizzato sul terreno della convenuta - S. M. si impegnò a partecipare a proprie spese, appunto alla costruzione dell'immobile (destinato a divenire futura abitazione coniugale) e S. N., a fronte di tale impegno, si impegnò a cedere all'odierno attore la quota di metà dell'appezzamento di terreno in modo tale che - come dichiara testualmente la scrittura in questione - "a costruzione ultimata (...) la casa ed il terreno saranno di comproprietà in parti uguali tra i firmatari della presente scrittura privata". Sostiene la convenuta che, alla luce di tali risultanze, risulterebbe in modo evidente la natura simulata della donazione, avendo le parti in realtà voluto stipulare una vendita o una permuta. Ulteriormente, secondo la convenuta, il contratto di compravendita o permuta dissimulato dalla donazione dovrebbe essere risolto per inadempimento, non avendo l'attore integralmente assunto gli oneri di realizzazione della costruzione.
Ritiene il Tribunale di dover disattendere le deduzioni della convenuta, alla luce delle considerazioni che seguono.
1) In primo luogo va ricordato che, per costante giurisprudenza, se il negozio è stato redatto per iscritto, tra le parti trova applicazione la regola generale della limitazione dell'ammissibilità della prova testimoniale. Ne consegue che la prova della simulazione, sia essa assoluta o relativa, può essere data soltanto mediante controdichiarazione anch'essa scritta (cfr. Cass. civ., Sez. III, 15 gennaio 2003, n. 471; Cass. civ., Sez. II, 21 gennaio 2000, n. 642; Cass. civ., Sez.I, 7 gennaio 1999, n. 22). Nella specie detta prova non è stata fornita, non potendosi certo qualificare la scrittura del gennaio 2001 come controdichiarazione finalizzata ad evidenziare i diversi effetti che la donazione avrebbe dovuto avere rispetto a quelli dichiarati. Nella scrittura del gennaio 2001, invero, è solo previsto che, a fronte dell'assunzione da parte dell'attore degli oneri di realizzazione della futura casa coniugale, S. N.e avrebbe trasferito metà (non della casa bensì) del terreno. Risulta quindi evidente che il rapporto tra le due scritture non può essere ricostruito nei termini di contratto (relativamente) simulato e di controdichiarazione, bensì nei termini di una diversa attuazione di una complessiva operazione economica che vedeva S. M. accollarsi gli oneri di realizzazione dell'abitazione, acquisendo metà dell'abitazione stessa. Operazione che, nella scrittura del gennaio 2001 doveva essere attuata tramite la cessione diretta del terreno (in modo tale che l'attore acquisisse pro quota per accessione anche l'abitazione), mentre nel luglio successivo - essendo già stata realizzata l'abitazione - ha assunto le forme di una donazione con finalità (seppur non dichiarate) remuneratorie, senza che, per questo, possa parlarsi in alcun modo di atto simulato, anche solo relativamente. Sembra, semmai, corretto parlarsi - con riferimento alla complessiva operazione economica risultante dalle due scritture - di una sommatoria di liberalità reciprocamente effettuate, caratterizzate, da una finalità non di scambio, bensì di creazione di una situazione di comunione patrimoniale su quella che doveva divenire la futura abitazione coniugale. Lo scopo degli accordi inter partes non era, quindi, quello di commutare beni realizzando un arricchimento personale, bensì quello di accomunare risorse economiche per costituire un "patrimonio" familiare comune, tramite il contributo economico di entrambi i componenti della coppia. Finalità che - va detto - appare del tutto coerente con l'adozione della forma della donazione nel caso dell'attribuzione patrimoniale operata dalla convenuta.
2) In secondo luogo, occorre considerare che, quand'anche volesse accedersi alla tesi della convenuta, non per questo sussisterebbero le ragioni dell'accoglimento della domanda riconvenzionale da essa formulata. Anche ammettendosi che la donazione sia funzionalmente ricollegata all'impegno reciprocamente assunto dalle parti in causa con la scrittura del gennaio 2001, non per questo vi sarebbe spazio per una risoluzione del negozio da essa dissimulato. Va detto che, in primo luogo, la donazione non verrebbe a dissimulare una compravendita vera e propria, bensì un atto traslativo solvendi causa con il quale S. N. avrebbe dato ottemperanza all'impegno, assunto con la scrittura del gennaio 2001, di trasferire metà della quota del terreno. L'ammissibilità di contratti che realizzino il trasferimento di un bene immobile allo scopo di assolvere ad un precedente obbligo è stata reiteratamente affermata dalla Suprema Corte (cfr. Cass. 21 dicembre 1987 n. 9500, in Corr. Giur. 1988, 144, Giust. civ. 1988, I, 1237, Giur. it. 1988, I, 1, 1560, Riv. dir. civ. 1989, II, 233, Riv. notar. 1989, 210; Cass. 9 ottobre 1991 n. 10612, in Giust. civ. 1991, I, 2895, Riv. notar. 1991, 1412). Si potrebbe, invero, obiettare che detta ammissibilità è stata condizionata al fatto che l'atto solutorio - sia che ricorra allo schema di un contratto tipico, sia nell'ipotesi in cui invece assuma una forma negoziale atipica - evidenzi la propria causa in concreto, e cioè la concreta finalità (la causa solvendi, appunto) perseguita dai contraenti ed obiettivata e cristallizzata nel regolamento negoziale tramite la expressio causae, laddove nella donazione in sé detto requisito non compare, anche se risulta in modo netto dall'esame dell'operazione economica complessiva operato tramite il filtro della scrittura del gennaio 2001. In ogni caso detto limite, altro non farebbe se non evidenziare la debolezza della tesi dei convenuti, che qui si intende perseguire in via strettamente teorica, accedendo alla teoria della simulazione relativa. Orbene, ammettendo che la simulazione del luglio 2001 abbia in realtà dissimulato un atto solvendi causa collegato all'impegno assunto dall'attore di contribuire alla realizzazione dell'abitazione, la domanda di risoluzione "per inadempimento" della funzione di scambio concretamente perseguita dalla donazione (simulata) sarebbe comunque non meritevole di accoglimento, dal momento che:
a) la scrittura del gennaio 2001 non è affatto univoca nello stabilire se S. M. dovesse davvero assumere "tutte le spese necessarie alla realizzazione dell'immobile" come detto al punto 2) o se dovesse solo "partecipare", come detto al punto c) delle premesse, ed anzi, il successivo comportamento delle parti - che, come ci si appresta a vedere, hanno contribuito entrambe al pagamento del mutuo ed all'assunzione di alcune spese - sembra deporre (cfr. art. 1362, comma II, c.c.) nel senso che l'impegno concretamente assunto con la scrittura da S. M. fosse quello di contribuire nella realizzazione dell'erigenda abitazione per metà o in misura anche maggiore, ma non esclusiva;
b) le produzioni documentali (cfr. docc. 1 - 21 allegati alla memoria istruttoria attorea), le ammissioni di parte convenuta, che ha dato per incontestati numerosi capitoli di prova inerenti a versamenti del S. M. (cfr. capp. 3, 4, 5, 14, 15, 16, 17, dati per incontestati da parte convenuta nella memoria di replica ex art. 184 c.p.c.), le deposizioni testimoniali assunte in corso di giudizio (cfr. in particolare i testi F. N. e C. G., assai più puntuali del teste F., cha ha basato le proprie risposte su quanto riferitogli dalla stessa convenuta) e, infine, le risposte date dalla stessa S. N. in sede di interpello (in particolare all'avverso cap. 18) hanno confermato che S. M. si accollò la quasi totalità delle spese di realizzazione dell'immobile, dal momento che anche i pagamenti effettuati formalmente dalla convenuta, si basavano su una provvista fornita precedentemente o ripristinata successivamente dallo stesso S. M., con l'unica significativa eccezione del mutuo, assunto consapevolmente assieme dalle parti in causa, senza che nulla all'epoca venisse obiettato dalla convenuta;
b) l'eventuale inadempimento dell'attore avrebbe semmai giustificato il rifiuto della convenuta di addivenire alla cessione della quota di immobile (giacché era questo l'impegno correlato all'assunzione dell'onere di spesa da parte dell'attore), laddove, nella specie, la cessione non solo è stata operata, ma è stata conclusa quando l'immobile era ormai realizzato, ad ulteriore dimostrazione che, al momento della stipula della donazione ipoteticamente simulata, S. N. non riteneva sussistente alcun inadempimento.
Dunque, alla luce delle considerazioni che precedono, deve essere accertata l'esistenza di un diritto di comproprietà pro indiviso di S. M. e S. N. (nella quota del 50% ognuno) sull'immobile sito in Lentate sul Seveso, via Brianza n. 2, con conseguente declaratoria del diritto di S. M. di procedere allo scioglimento della comunione ed altrettanto conseguente rigetto della domanda riconvenzionale della convenuta di risoluzione della cessione dissimulata dalla donazione in data 27 luglio 2001.
Accertato il diritto dell'attore a procedere allo scioglimento della comunione esistente con la convenuta, il Tribunale deve disporre - con separata ordinanza - la rimessione della controversia sul ruolo, nominando un C.T.U., affinché quest'ultimo proceda alla più completa descrizione del compendio in comunione e predisponga un progetto divisionale.
3. - Sul diritto dell'attore alla restituzione dei beni presenti nell'immobile.
Parte attrice ha poi chiesto la condanna della convenuta alla restituzione di svariati effetti personali o beni mobili, presenti nell'appartamento, nonché degli arredi componenti la cucina, il salotto, la camera da letto, la cabina armadio.
Osserva sul punto il Tribunale quanto segue.
- Alcuni beni - e per l'esattezza: n. 1 bicicletta da trekking uomo; n. 12 completi intimi da uomo; n. 2 pigiami marca Irge in cotone; n. 2 pigiami marca Irge invernali; n. 1 valigetta contenente un pigiama di seta a pantaloncino e uno pantaloncino lungo e vestaglia fantasia; n. 1 valigia modello trolley da viaggio - sono stati di fatto riconosciuti dalla stessa convenuta come di esclusiva proprietà dell'attore in sede di interrogatorio formale, non essendosi mai concretamente contestato che l'attore avesse lasciato presso l'abitazione propri effetti personali. Si deve solo notare che la convenuta, pur avendo ripetutamente offerto la riconsegna dei suddetti beni, non ha mai proceduto concretamente alla restituzione.
- Con riferimento agli altri beni contenuti nell'elenco di cui al cap. 6 della memoria istruttoria di parte attrice, ritiene il Tribunale che essi siano stato oggetto di liberalità di valore modesto effettuate alla coppia di nubendi e non ad uno solo di essi. è ben vero che la teste P. - madre dell'attore - ha affermato che i doni da essa fatti erano destinati al solo figlio, ma il Tribunale osserva che la tipologia di beni (completi da letto matrimoniale, set di asciugamani, tovaglie e servizi da 12) appartengono alle suppellettili che vengono tipicamente donate ad una coppia e non ad un singolo, sicché le dichiarazioni della sig. P. appaiono più una interpretazioni a posteriori delle proprie intenzioni, che l'espressione del reale intento originario. Di detti beni, quindi, il Tribunale dovrà disporre la divisione con assegnazione e compendio, atteso l'incapacità delle parti di addivenire ad una soluzione meno formale ma più ragionevole.
- Con riferimento, infine, alla mobilia presente nell'immobile ed acquistata dall'attore, ritiene il Tribunale che detti acquisti costituissero attuazione dell'impegno, assunto da S. M., a contribuire alla realizzazione dell'abitazione coniugale. Varrebbero, quindi, per essi le considerazioni già svolte in precedenza, sull'esistenza di una finalità di creazione di una comunione patrimoniale, accomunando risorse economiche per costituire un "patrimonio" familiare comune, tramite il contributo economico di entrambi i componenti della coppia. Ritiene, in altri termini, il Tribunale, che l'attore, accollandosi l'intero prezzo di acquisto dei beni e collocando i medesimi nell'abitazione in comunione, abbia inteso donarne indirettamente metà alla convenuta, creando una situazione di comunione.
Conclusivamente, il Tribunale deve condannare S. N. a consegnare a S. M. i soli seguenti beni mobili: n. 1 bicicletta da trekking uomo; n. 12 completi intimi da uomo; n. 2 pigiami marca Irge in cotone; n. 2 pigiami marca Irge invernali; n. 1 valigetta contenente un pigiama di seta a pantaloncino e uno pantaloncino lungo e vestaglia fantasia; n. 1 valigia modello trolley da viaggio. Per i restanti beni, invece, ritenuta la sussistenza di una situazione di comunione, si deve accertare e dichiarare il diritto di S. M. di procedere allo scioglimento della comunione esistente con S. N., rimettendo al C.T.U. la predisposizione di un adeguato progetto divisionale.
4. - Sul diritto dell'attore ad ottenere l'indennità per mancato godimento dell'immobile.
Risulta in modo ormai pacifico - per averlo la stessa convenuta S. N. confessato in sede di interrogatorio formale - che in data 18 settembre 2004 S. M. si recò presso l'abitazione per cui è causa, constatando che le serrature delle porte di ingresso erano state cambiate. Contattata telefonicamente, la convenuta confermò la circostanza, rifiutando il rilascio di copia delle chiavi.
La condotta in questione costituisce palese estromissione dell'attore dalla disponibilità dell'immobile di cui era comproprietario, a nulla rilevando il precedente abbandono spontaneo dell'abitazione da parte dello stesso S. M.. La condotta della convenuta, infatti, impedendo in modo radicale all'attore il rientro nell'abitazione, ha comportato la definitiva interruzione della situazione di compossesso, escludendo S. M. da qualsiasi forma di godimento dell'immobile stesso.
è quindi evidente che, quantomeno a far tempo dal 18 settembre 2004 spetta all'attore la corresponsione di una indennità la cui determinazione dovrà essere rimessa ad espletando C.T.U., potendosi nella presente sede procedere unicamente alla pronuncia di condanna generica.
5. - Sulle domande risarcitorie proposte dalla convenuta.
S. N. ha proposto nei confronti di S. M. una domanda di risarcimento "dei danni patrimoniali, morali, biologici subiti (...) in conseguenza del comportamento da valutare ex art. 2043 c.c. (o comunque altra norma di legge) sfociato nell'abbandono" da parte di S. M..
Rammenta il Tribunale che la fattispecie della "rottura di matrimonio" è regolata dagli artt. 79 segg. c.c., il quali così dispongono:
Art. 79. - (Effetti). La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento
Art. 80. - (Restituzione dei doni). Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto. La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui s'è avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti.
Art. 81. - (Risarcimento dei danni). La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata da una persona maggiore di età o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a norma dell'articolo 84, oppure risultante dalla richiesta della pubblicazione obbliga il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti. Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell'altro. La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimoni.
Osservato, incidenter, che forse su tali norme S. N. avrebbe potuto fondare una domanda - non proposta - di restituzione della quota donata ad S. M., il Tribunale rileva che nella specie, sembrano comunque mancare i presupposti della fattispecie risarcitoria di cui all'art. 81 c.c., da considerarsi speciale, e tale da escludere l'applicazione di altre fattispecie ipoteticamente applicabili, come l'art. 1337 e l'art. 2043 c.c.
Le ragioni della specialità e della conseguente prevalenza di un regime indubbiamente più restrittivo sono da individuarsi nell'esigenza di garantire in ogni caso la piena ed assoluta libertà nel compimento di un atto personalissimo come il matrimonio, e di limitare, conseguentemente, l'ambito delle conseguenze risarcitorie di un rifiuto che il legislatore ha voluto mantenere sino all'ultimo momento possibile e liberamente opponibile.
Ciò spiega perché - al di fuori di casi peculiarissimi, ed ormai improbabili, come l'illecito penale della seduzione con promessa di matrimonio (cfr. Cass. civ., 10 agosto 1991, n. 8733; Cass. civ. 27 novembre 1986, n. 6994) - l'ambito delle conseguenze risarcitorie derivanti dalla rottura di un fidanzamento sia stato dal legislatore limitato ai casi di promessa assunta con particolari forme ed in ogni caso ridotto sul piano quantitativo alle "spese fatte e (...) obbligazioni contratte a causa di quella promessa".
Nella specie, tuttavia, il Tribunale deve constatare come negli unici atti scritti inerenti alla vicenda sentimentale delle due parti in causa (e cioè i già citati docc. 1 e 2 fascicolo attoreo) manchino riferimenti di sorta a qualsivoglia promessa di matrimonio, rendendo inoperanti le citate previsioni.
Già solo le considerazioni che precedono varrebbero a giustificare il rigetto di una domanda che - comunque e ad abundantiam - risulterebbe infondata anche sotto il profilo probatorio, non avendo parte convenuta fornito alcuna concreta prova di un "danno biologico" (inteso come compromissione psico-fisica accertabile con criteri medico - legali) e di un danno morale, ed avendo dedotto come unica concreta voce di danno patrimoniale, le dimissioni dal lavoro (cfr. doc. 3/a), senza che sia però possibile stabilire se la convenuta abbia completamente cessato di lavorare o abbia trovato un impiego a retribuzione inferiore.
Ritiene pertanto il Tribunale di rigettare la domanda.
6. - Sulla tutela delle ragioni della Banca Intesa S.p.A..
La presente statuizione ha come contenuto il mero accertamento dell'esistenza di una situazione di comunione tra S. M. e S. N., e come tale non risulta in grado di compromettere in alcun modo le ragioni della Banca Intesa S.p.A., atteso, tra l'altro, che l'accertamento in questione altro non fa che confermare la situazione di "apparenza" (in senso atecnico) che risultava dalla documentazione oggetto di pubblicità. La sentenza o l'ordinanza che procederanno al completamento delle operazioni di scioglimento della comunione avranno invece modo di tutelare le ragioni dell'istituto di credito menzionando nel provvedimento finale il gravame tuttora esistente ed accertando, eventualmente, l'esistenza del diritto di prelazione della Banca Intesa S.p.A. sul conguaglio ai sensi e con le modalità di cui all'art. 2825 comma IV C.C. a garanzia delle somme ad essa ancora eventualmente spettanti.


RICHIEDI CONSULENZA