il millantato credito la corruzione e la truffa

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Delitti contro la Pubblica Amministrazione (artt. 314-360 c.p.)

Peculato

Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato

Malversazione a danno dello Stato

Concussione

Corruzione atti ufficio


Corruzione in atti giudiziari


Istigazione alla corruzione

Abuso d'ufficio

Rifiuto di atti di ufficio. Omissione

Violazione o minaccia a un pubblico ufficiale

Resistenza a un pubblico ufficiale

Delitti d'oltraggio

Usurpazione di funzioni pubbliche

Abusivo esercizio di una professione

Violazione di sigilli

Turbata liberta' degli incanti

Inadempimenti di contratti di pubbliche forniture

Frode nelle pubbliche forniture

Pubblico ufficiale

Incaricato pubblico servizio

Esercente servizio pubblica necessita'

Art. 346 Millantato credito

Chiunque, millantando credito presso un pubblico ufficiale o presso un pubblico impiegato che presti un pubblico servizio, riceve o fa dare o fa promettere, a se' o ad altri, denaro o altra utilita', come prezzo della propria mediazione verso il pubblico ufficiale o impiegato, e' punito con la reclusione da un anno a cinque anni e con la multa da lire seicentomila a quattro milioni. La pena e' della reclusione da due a sei anni e della multa da lire un milione a sei milioni, se il colpevole riceve o fa dare o promettere, a se' o ad altri, denaro o altra utilita', col pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare

L'art. 346 cp contempla e punisce il delitto di millantato credito che consiste nel ricevere o accettare la promessa di denaro o altra utilità come prezzo dell'attività di mediazione con un pubblico ufficiale, un pubblico impiegato o un incaricato di pubblico servizio ovvero, nella sua forma aggravata, con il pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o di un pubblico impiegato. La pena detentiva per il millantato credito, nella fattispecie delineata dal primo comma dell'art. 346 cp, è quella della reclusione da uno a cinque anni e, nella fattispecie di cui al comma successivo, quella della reclusione da due a sei anni.

Il bene giuridico protetto, secondo l'indirizzo giurisprudenziale dominante, è quello del prestigio della pa compromesso dalla condotta millantatoria destinata a creare l'apparenza della corruttibilità dei funzionari pubblici.

Si tratta di un reato comune che può essere commesso da chiunque.

La differenza essenziale tra la fattispecie delineata al primo comma e quella del secondo comma consiste nella componente dell'inganno necessariamente presente in quella di cui al secondo comma, laddove la dazione o la promessa sono ricevute con il pretesto di dover comprare favori presso il pubblico ufficiale e non necessariamente insita nell'attività di millanteria che contraddistingue entrambe le fattispecie.

Il millantato credito, di per sè, consiste nel vantare influenze inesistenti o nell'esagerare quelle realmente esistenti; esso può concretizzarsi senza che sia necessario spendere il nome del pubblico funzionario presso il quale si millanta il credito.

Delicati risultano i rapporti tra il millantato credito, la truffa e la corruzione di pubblico ufficiale.
Con riferimento al reato di corruzione, in particolare, si è posta la questione se il delitto di millantato credito potesse concorrere con quello di corruzione a pubblico ufficiale ove l'attività di corruzione fosse stata realmente posta in essere. La giurisprudenza più recente sembra al riguardo attestata su una posizione di alternatività tra le due fattispecie delittuose nel senso che il millantato credito si esaurisce laddove inizia la corruzione. Sempre sul tema deir apporti con altri delitti, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che il millantato credito deve necessariamente avere riguardo ad un'attività ancora da intraprendere e non ad un'attività del pubblico ufficiale già compiuta; in quest'ultimo caso, sarà, eventualmente, configurabile solo la truffa.

Il delitto si consuma nel tempo e nel luogo in cui l'agente riceve il denaro o altra utilità o ne riceve la promessa.

Particolarmente delicati risultano, poi, i rapporti tra il millantato credito e la truffa, trattandosi di fattispecie che, sotto il profilo formale astratto, non hanno un rapporto di specialità sicchè, a meno di non voler aderire alla tesi della specialità in concreto pur propugnata in dottrina, integrati i presupposti di entrambi i reati, entrambi dovrebbero essere applicati in concorso formale, non essendo applicabile l'art. 15 cp.

E, tuttavia, non senza numerose oscillazioni, la Suprema Corte ha sovente affiancato, al criterio di cui all'art. 15 cp, altri criteri di soluzione del concorso di norme penali incriminatrici per evitare che uno stesso fatto potesse essere addebitato, sostanzialmente per la stessa ragione, due volte, in relazione a diversi titoli di reato.

E' ciò, in particolare, che può accadere nella fattispecie di cui al secondo comma di cui all'art. 346 cp, ove la dazione o la promessa vengono ricevute solo con il pretesto di comprare il favore di un pubblico ufficiale, laddove la condotta millantatoria necessariamente finisce per concretizzare gli artifici e i raggiri di cui all'art. 640 cp. In tale ipotesi, ove risultino contestualmente integrati i presupposti di entrambe le fattispecie di reato, risulterà integrato il solo delitto di millantato credito per il principio dell'assorbimento.

Cassazione Penale  Sez. VI del 07 giugno 2006  n. 30150
Tra il reato di truffa (art. 640 c.p.) e quello di millantato credito previsto al comma 2 dell'art. 346 c.p. non vi può essere concorso formale. Infatti, il reato di truffa deve ritenersi assorbito in quello di millantato credito, dal momento che, diversamente, l'imputato si troverebbe a dover rispondere di due reati, sebbene il disvalore del fatto risulti già integralmente valutato dalla norma incriminatrice contenuta nel capoverso dell'art. 346 c.p.

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