Il reato di truffa e la giurisprudenza

Art. 640 Truffa

Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a se' o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire centomila a due milioni. La pena e' della reclusione da uno a cinque anni e della multa da lire seicentomila a tre milioni:
1) se il fatto e' commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;
2) se il fatto e' commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorita'. Il delitto e' punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un'altra circostanza aggravante (1).

(1) Comma aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

 

In materia di rapporti tra la truffa semplice e la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Cassazione Penale  Sez. II del 23 ottobre 2001 n. 45352
L'art. 640 bis c.p. (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) configura un'ipotesi autonoma di reato e non una circostanza aggravante del reato di truffa, come può, in particolare, desumersi: a) dalla collocazione della fattispecie in un apposito articolo anziché all'interno dell'art. 640 c.p.; b) dalla previsione, a differenza di quest'ultimo, della sola pena detentiva, alla quale verrebbe incongruamente ad aggiungersi quella pecuniaria nel caso in cui, considerando il fatto come circostanza aggravante, concorressero circostanze attenuanti ritenuti equivalenti o prevalenti; c) dall'estraneità all'ordinamento giuridico di ipotesi di circostanze aggravanti la cui presenza dia luogo all'eliminazione di una pena (che nella specie sarebbe quella pecuniaria) prevista congiuntamente ad altre per il reato non aggravato; d) dalla chiara volontà del legislatore, come emerge dai lavori preparatori della l. 19 marzo 1990 n. 55 (con la quale, tra l'altro, è stato introdotto l'art. 640 bis), di dar luogo ad un'autonoma fattispecie criminosa che comprendesse "quel terreno di illiceità costituito dalle truffe ai danni degli organismi comunitari", fino ad allora perseguite con la previsione (rivelatasi insufficiente), dall'aggravante di cui all'art. 640 cpv. n. 1 c.p.

Cassazione Penale  Sez. Un. del  26 giugno 2002 n. 26351
La truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche prevista dall'art. 640 bis c.p. costituisce una circostanza aggravante del delitto di truffa di cui all'art. 640 dello stesso codice e non figura autonoma di reato. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto corretta la declaratoria di prescrizione pronunciata dal giudice di merito previa concessione di attenuanti equivalenti alla circostanza aggravante).

In base ai criteri ermeneutici dell'analisi della struttura normativa, l'art. 640 bis c.p. contempla una ipotesi di truffa aggravata, e non un autonomo reato.


La configurabilità della truffa in caso di silenzio

Cassazione penale  sez. II del 10 febbraio 2006 n. 10231
L'omesso adempimento dell'obbligo di comunicazione, così come la semplice menzogna, al di là dell'effetto di induzione in errore, in ragione dello specifico affidamento che quelle stesse condotte, in positivo o in negativo, possono "ex lege" integrare le caratteristiche della artificiosa "mise en scéne" che rappresenta l'in sé della truffa.

La condotta descritta dall'art. 316 ter c.p. si distingue dalla figura delineata dall'art. 640 bis c.p. per le modalità, giacché la presentazione di dichiarazioni o documenti attestanti cose non vere deve essere "fatto" strutturalmente diverso dagli artifici e raggiri, e per l'assenza della induzione in errore, considerato che ove l'ente erogante fosse stato in concreto "circuito" attraverso la produzione di elementi attestativi o certificativi artificiosamente ricettivi, il fatto finirebbe per essere attratto nell'ambito della clausola di salvezza con cui lo stesso art. 316 ter c.p. esordisce.

La fattispecie criminosa di cui all'art. 316 ter c.p. ha carattere residuale e sussidiario rispetto alla fattispecie di truffa aggravata e non è con essa in rapporto di specialità, sicché ciascuna delle condotte ivi descritte (utilizzo o presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, e omissioni di informazioni dovute) può concorrere ad integrare gli artifici ed i raggiri previsti dalla fattispecie di truffa, ove di questa figura criminosa siano integrati gli altri presupposti. (La Corte ha quindi chiarito che il mendacio ed il silenzio assumono le connotazioni "artificiose" o di "raggiro" in riferimento a specifici obblighi giuridici di verità, la cui violazione sia penalmente sanzionata, perché essi qualificano l'omessa dichiarazione o la dichiarazione contraria al vero come artificiosa rappresentazione di circostanze di fatto o manipolazione dell'altrui sfera psichica).

truffa in caso di contratto in frode a terzi

Cass Pen Sez II, n 1539 del 16 gennaio 2006

In materia di configurabilità del reato di truffa su danno di società a partecipazione pubblica locale


Cassazione Penale  Sez. VI del 05 febbraio 2009 n. 8392
Nell'ipotesi di truffa, non scatta l'aggravante speciale del fatto commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico se la parte offesa del reato è una società per azioni che gestisce un servizio pubblico. In tal caso, infatti, per la configurabilità della circostanza di cui all'art. 640, comma 1 n. 1, c.p. non rileva la natura dell'attività svolta, ma quella pubblica del soggetto passivo del reato.

Non è configurabile l'aggravante inerente alla natura pubblica della persona offesa dal reato di truffa in relazione ad una società per azioni incaricata della gestione di servizi comunali a norma dell'art. 22, lett. e) Legge 8 giugno 1990, n. 142, in quanto la natura eventualmente pubblica del servizio prestato assume rilievo esclusivamente ai fini della qualifica dei soggetti agenti, secondo la concezione funzionale oggettiva accolta dagli artt. 357 e 358 cod. pen..

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