fondo di garanzia inps e titolo esecutivo

 

Con una recente sentenza, la n. 4 del 14 gennaio 2022, il Tribunale di Perugia ha affrontato e risolto, in senso favorevole per il lavoratore, una controversia insorta con il Fondo di Garanzia presso l’Inps vertente sull’esigibilità in concreto, ai fini dell’intervento del fondo, del titolo esecutivo allorchè, come nel caso di specie, risulti, di fatto, irragionevole e quasi impossibile, per il lavoratore stesso, munirsi di detto titolo ed allorchè, in ogni caso, l’insolvenza risulti pacifica. La pronuncia si fonda su persuasivi richiami della giurisprudenza di legittimità e, in particolare, sulla sentenza n. 9108/2007 ponendosi in consapevole e motivato dissenso con la recente sentenza n. 1887/2020 con cui la Sezione lavoro del S.C., riformando la pronuncia di secondo grado che aveva condannato l’Inps al pagamento delle prestazioni del Fondo considerando impossibile e perciò superflua un’iniziativa di esecuzione individuale intrapresa ha affermato che la preventiva formazione di un titolo esecutivo nei confronti del datore di lavoro è un presupposto indispensabile “letteralmente e logicamente” perché l’Inps è soggetto terzo rispetto al datore di lavoro e, in quanto tale, non è neppure in condizione di contestare l’an e il quantum della pretesa assicurativa avanzata che sono basate sull’originario credito di lavoro.

 

Tribunale di Perugia sentenza n. 4 del 14 gennaio 2022

E’ documentato in atti, tramite i due cedolini paga relativi agli emolumenti della mensilità di dicembre 2018 ed alla tredicesima, che la ….ha prestato attività lavorativa alle dipendenze della…….. a decorrere dal 18.9.2017 con rapporto di lavoro a tempo parziale al 67,50%, risolto a decorrere dal 29.12.2018 e, attraverso la visura camerale, che la datrice di lavoro è stata posta in liquidazione….. e cancellata dal registro delle imprese….E’, altresì, documentato che la ricorrente, unitamente ad altra collega nelle medesime condizioni, ha presentato istanza di fallimento della compagine datrice di lavoro, rigettata dalla Sezione fallimentare di questo Ufficio….. per carenza della condizione di procedibilità posta dall’art. 15 L.F., risultando la società gravata da debiti inferiori ad € 30.000,00. In data 7.9.2019, a questo punto, la…….ha chiesto l’intervento del Fondo di garanzia dell’Inps, ma l’ente il 28.4.2020 ha respinto la richiesta per mancanza di copia autentica del titolo esecutivo “in base al quale doveva essere esperita l’esecuzione forzata”.

3.2 In punto di diritto, l’art. 2 della legge 297/1982 prevede che “È istituito presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale il "Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto" con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamento di fine rapporto, di cui all'articolo 2120 del codice civile, spettante ai lavoratori o loro aventi diritto. Trascorsi quindici giorni dal deposito dello stato passivo, reso esecutivo ai sensi dell'articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero dopo la pubblicazione della sentenza di cui all'articolo 99 dello stesso decreto, per il caso siano state proposte opposizioni o impugnazioni riguardanti il suo credito, ovvero dalla pubblicazione della sentenza di omologazione del concordato preventivo, il lavoratore o i suoi aventi diritto possono ottenere a domanda il pagamento, a carico del fondo, del trattamento di fine rapporto di lavoro e dei relativi crediti accessori, previa detrazione delle somme eventualmente corrisposte. Nell'ipotesi di dichiarazione tardiva di crediti di lavoro di cui all'articolo 101 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la domanda di cui al comma precedente può essere presentata dopo il decreto di ammissione al passivo o dopo la sentenza che decide il giudizio insorto per l'eventuale contestazione del curatore fallimentare….Qualora il datore di lavoro, non soggetto alle disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, non adempia, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, alla corresponsione del trattamento dovuto o vi adempia in misura parziale, il lavoratore o i suoi aventi diritto possono chiedere al fondo il pagamento del trattamento di fine rapporto, sempreché, a seguito dell'esperimento dell'esecuzione forzata per la realizzazione del credito relativo a detto trattamento, le garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte insufficienti. Il fondo, ove non sussista contestazione in materia, esegue il pagamento del trattamento insoluto….”.

Disposizioni del medesimo tenore sono contenute, per quanto concerne le ultime tre mensilità, nel combinato disposto degli artt. 1 e 2 del d.lgs. 80/1992.

3.3 Le prestazioni previdenziali poste a carico dell’Inps nella fattispecie in esame sono finalizzate a porre i lavoratori dipendenti al riparo dal rischio costituito dall’insolvenza del datore di lavoro, sulla base di quanto prescritto dalla direttiva CE n. 80/987, successivamente modificata dalla fonte di pari rango n. 74/2002 ed estesa dal legislatore nazionale anche a fattispecie di insolvenza verificate al di fuori delle procedure concorsuali. Invero, l’art. 2 della fonte eurounitaria richiamata stabilisce che: “…Ai sensi della presente direttiva, un datore di lavoro si considera in stato di insolvenza quando è stata chiesta l'apertura di una procedura concorsuale fondata sull'insolvenza del datore di lavoro, prevista dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di uno Stato membro, che comporta lo spossessamento parziale o totale del datore di lavoro stesso e la designazione di un curatore o di una persona che esplichi una funzione analoga…La presente direttiva non impedisce agli Stati membri di estendere la tutela dei lavoratori subordinati ad altre situazioni di insolvenza, come la cessazione di fatto dei pagamenti in forma permanente, stabilite mediante procedure diverse da quelle di cui al paragrafo 1 previste dal diritto nazionale.

Va da sé che l’unico presupposto costitutivo in senso stretto della tutela assicurativa che l’istituto è tenuto a prestare (oltre ovviamente all’inadempimento delle obbligazioni ed alla cessazione del rapporto di lavoro) è identificabile nell’insolvenza del datore di lavoro, anche se la legge individua degli strumenti qualificati (procedure concorsuali e in subordine esecuzione forzata individuale) di cui l’assicurato deve avvalersi per dimostrare detta insolvenza allo scopo di evitare abusi del meccanismo di socializzazione del rischio che è posto a carico del sistema delle imprese1.

In altri termini, l’assicurato che aspiri all’intervento sostitutivo del Fondo ha l’onere di dimostrare, in linea generale, di essersi attivato per la soddisfazione del proprio credito nei confronti del debitore con l’ordinaria diligenza e nulla di più può essere da lui preteso giacché, diversamente opinando, gli adempimenti procedurali verrebbero trasformati da strumenti di verifica in fatti costitutivi del diritto alle prestazioni assicurative, frustrando la ratio della normativa. Ne consegue che, nell’eventualità – concretizzatasi, come si dirà, nel caso di specie – di un datore di lavoro non assoggettabile a procedura concorsuale né ad esecuzione forzata, l’insolvenza ed il credito originario dell’assicurato possono e debbono essere verificati in giudizio mediante gli strumenti ordinari.

In tal senso appare chiaro, lineare e condivisibile l’orientamento espresso dal S.C. nella sentenza n. 9108/2007 con cui la Sezione lavoro ha affermato che:

…Nell'interpretare la prima delle suddette disposizioni (ma analoghe considerazioni valgono anche per la seconda [si discute delle due fattispecie di intervento del Fondo di garanzia nei termini già illustrati, ndr], attesa la sostanziale identità della disciplina prevista dalle due norme) questa Corte Suprema (cfr. Cass. 29 luglio 2004 n. 14447) ha preliminarmente osservato che la norma di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2, comma 5, prevede l'onere del creditore di dimostrare la mancanza o l'insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore ed individua nell'esperimento dell'esecuzione forzata il mezzo necessario per accertare la mancanza o l'insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore. Ricordato peraltro che, come affermato in particolare da Cass. 28 marzo 2003 n. 4783, il suddetto onere costituisce mera espressione di quella ordinaria diligenza che l'ordinamento richiede a qualunque titolare di una situazione giuridica di vantaggio, quale ne sia il contenuto, per poterla utilizzare conformemente alla sua funzione e trame la corrispondente utilità, la sentenza prima citata ha osservato che, trattandosi di attività diretta al concreto soddisfacimento di un credito, per valutare la sussistenza dell'ordinaria diligenza deve tenersi conto anche della sua economicità. La S.C., ha conseguentemente escluso la necessità di intraprendere o proseguire un'esecuzione i cui costi, non recuperabili, superino quelli del credito ovvero quando l'esecuzione si appalesi aleatoria. Applicando la stessa ratio decidendi alla fattispecie in esame deve ritenersi che debba escludersi la necessità di esperire l'esecuzione forzata anche nel caso in cui, in relazione alla peculiarità della fattispecie, la stessa debba essere considerata del tutto superflua in quanto la prova della mancanza o l'insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore sia già stata acquisita. In sostanza deve concludersi che se la previsione dell'esperimento dell'esecuzione forzata deve essere considerata quale espressione dell'ordinaria diligenza che il creditore deve adottare per la realizzazione del proprio diritto, finalizzata, in particolare, a dimostrare la mancanza o l'insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore, il relativo obbligo viene meno allorché il suo adempimento ecceda i limiti dell'ordinaria diligenza ovvero quando l'esecuzione forzata non sia necessaria a dimostrare la mancanza o l'insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore essendo già stata fornita aliunde la relativa prova. La sentenza impugnata, che ha ritenuto in ogni caso necessario l'esperimento dell'esecuzione forzata individuale per poter richiedere l'intervento del fondo di garanzia, ritenendo conseguentemente irrilevante, in particolare, il fatto, pacifico fra le parti, che altri lavoratori, dipendenti dello stesso datore di lavoro, trovandosi nelle medesime condizioni, avevano già esperito infruttuosamente l'esecuzione forzata, è erronea in diritto e va cassata….La causa viene rinviata ad altro giudice, che si designa nella Corte d'appello di Trieste, che provvederà applicando il seguente principio di diritto: l'esperimento, da parte del singolo lavoratore, dell'esecuzione forzata per la realizzazione dei propri crediti di lavoro, previsto dalla L. n. 297 del 1982, art. 2, comma 5, e dal D.Lgs. n. 80 del 1992, art. 2, comma 2, nei confronti del datore di lavoro inadempiente che non sia assoggettabile alle procedure concorsuali, costituisce, in linea di principio, un presupposto necessario per poter richiedere l'intervento del Fondo di garanzia istituito presso I.N.P.S. Tale presupposto viene peraltro meno in tutti quei casi in cui l'esperimento dell'esecuzione forzata ecceda i limiti dell'ordinaria diligenza ovvero quando la mancanza o l'insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore debbano considerarsi provate in relazione alle particolari circostanze del caso concreto…”.

In linea di continuità con tali indicazioni è anche la sentenza n. 3511/2001 della Corte (e la 1884/2004 che la richiama) che spiega che il presupposto costitutivo dell’insolvenza deve essere accertato ricorrendo, alternativamente, ai due meccanismi che la pronuncia qualifica di presunzione legale ossia l’apertura di una procedura concorsuale o il tentativo serio ed adeguato di esperimento di esecuzione forzata, tenendo distinto il requisito dell’erogazione della provvidenza dal meccanismo di accertamento del diritto.

In senso contrario, si è espressa, invece, la recente sentenza n. 1887/2020 con cui la Sezione lavoro del S.C., riformando la pronuncia di secondo grado che aveva condannato l’Inps al pagamento delle prestazioni del Fondo considerando impossibile e perciò superflua un’iniziativa di esecuzione individuale intrapresa, come nel caso in esame, a carico di una società cancellata dal registro delle imprese, ha affermato che la preventiva formazione di un titolo esecutivo nei confronti del datore di lavoro è un presupposto indispensabile “letteralmente e logicamente” perché l’Inps è soggetto terzo rispetto al datore di lavoro e, in quanto tale, non è neppure in condizione di contestare l’an e il quantum della pretesa assicurativa avanzata che sono basate sull’originario credito di lavoro.

L’assunto – contrastante con le enunciazioni di principio della giurisprudenza precedente – ad avviso di chi scrive non è persuasivo.

L’oggetto del giudizio è costituito, nella controversia in esame, dal diritto dell’assicurato al pagamento di una prestazione di tipo previdenziale ed è perciò autonomo e distinto dal credito di lavoro l’insoddisfazione del quale ne costituisce il presupposto. L’Inps, quale ente assicuratore, si trova nelle condizioni di potere verificare, anche prima dell’inizio del processo, l’an ed il quantum del credito originario di lavoro sia perché il carattere trilaterale del rapporto previdenziale obbliga il datore di lavoro a trasmettere ogni mese all’Inps le denunce delle retribuzioni del personale (dati verificabili, contrastabili e disconoscibili dall’istituto con gli strumenti ispettivi) anche al fine di determinare le prestazioni previdenziali ed assistenziali dovute2 sia perché ogni incertezza residua può e deve essere risolta, in base agli ordinari canoni probatori, dal Giudice nel processo.

Del resto, ad avviso del più recente orientamento di legittimità formatosi in materia (che ha rovesciato un orientamento precedente consolidato), Inps è abilitato a contestare la sussistenza dell’originario credito del lavoratore inerente TFR ed ultime mensilità ed in giudizio occorre accertarne l’esistenza al fine di trarne le conseguenze sul diritto previdenziale persino nell’ipotesi in cui il credito sia stato ammesso al passivo della procedura concorsuale (cfr Cass., sez. VI-lavoro, 31128/2019, sez. lavoro 19277/18, 30804/18, 4897/2021), sicché non pare revocabile in dubbio che detto accertamento sia possibile e doveroso anche quando il datore di lavoro non sia – astrattamente o concretamente – assoggettabile a procedura concorsuale…..

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