Fondo garanzia Inps e ammissione al passivo in chirografo

 

L'intervento del Fondo di Garanzia per il pagamento del TFR in ipotesi di insolvenza del datore di lavoro e l'ammissione al passivo in chirografo del relativo credito: condizione ostativa?

 

Numerose sono le questioni che si stanno ponendo in merito alle condizioni e ai tempi dell'intervento del Fondo di Garanzia dell'Inps in sostituzione del datore di lavoro insolvente quanto al pagamento del TFR.

Deve, al riguardo, ricordarsi che tale intervento è previsto e disciplinato dalla l. n. 297 del 1982 e che, secondo l'indirizzo interpretativo costante della S.C., la provvidenza erogata dall'Inps costituisce l'oggetto di una prestazione avente natura previdenziale. A mio avviso si tratta di coordinate che vanno tenute costantemente presenti al fine di dirimere i vari dubbi che si stanno ponendo dinanzi a una giurisprudenza di merito sorprendentemente oscillante a fronte delle eccezioni che l'Inps frappone alla tutela richiesta dagli assicurati.
 
Con una recente sentenza del Tribunale di Napoli, (che ha concluso, mio avviso del tutto condivisibilmente, a favore dell'assicurato) è stato affrontata, in particolare, la questione se la circostanza dell'essere stato, il credito a titolo di TFR del lavoratore, ammesso al passivo come credito chirografario e non munito di privilegio possa essere considerato un fatto ostativo all'intervento dell'Inps.

Ora, non pare che l'art. 2 della l. n. 297 del 1982 condizioni in alcun modo l'obbligo, di natura previdenziale, che grava sull'Istituto alla modalità di ammissione al passivo del credito a titolo di TFR del lavoratore stabilendo, al riguardo, esclusivamente che l'Inps si surroga nei diritti e nel privilegio spettante al lavoratore. In tale prospettiva, ma è questione del giudice del fallimento, a mio avviso l'Inps potrebbe autonomamente chiedere di essere ammessa in privilegio a prescindere da come è stato ammesso il credito del lavoratore proprio perchè è la legge che stabilisce la surroga. Non mi pare però che le modalità (eventualmente errate) con le quali il credito sia stato ammesso al passivo possano incidere in senso negativo sull'obbligo gravante sull'Inps in quanto non c'è norma dalla quale possa evincersi tale conclusione ed in quanto, anche nella prospettiva di cui all'art. 38 cost., se la legge prevede una specifica forma previdenziale in funzione di un determinato bisogno eventuali cause ostative doverbbero essere espressamente previste. La legge al riguardo prevede solo l'insolvenza del datore di lavoro e l'azionabilità entro un certo termine dall'ammissione al passivo, le condizioni si sono realizzate quindi, a mio avviso, non vi è motivo per escludere l'obbligo di pagamento dell'Inps.
 
Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 21 febbraio del 2018, ha, in linea con quanto sopra osservato, riconosciuto il diritto del lavoratore di conseguire il pagamento del TFR da parte del Fondo nonostante il suo credito a tale titolo fosse stato ammesso al passivo del Fallimento come credito chirografario e non come credito privilegiato.
 
 
Oggetto del contendere è circoscritto alla questione se il Fondo di Garanzia istituito presso gli enti previdenziali INPS e INPGI dalla L. 297/82 sia tenuto ad erogare il tfr ancorchè il diritto accertato ed ammesso al passivo della procedura concorsuale sia un credito definito chirografario e, pertanto, non consenta all’ente previdenziale – gestore del Fondo di garanzia – di esercitare la surroga nei modi e termini previsti dal comma 7 dell’art. 2 della Legge 297/82.
Secondo parte ricorrente, tale aspetto sarebbe irrilevante, poiché l’unico presupposto per ottenere il riconoscimento del proprio diritto alla prestazione a carico del fondo sarebbe unicamente l’aver ottenuto – attraverso l’ammissione al passivo fallimentare – l’accertamento della esistenza del credito fatto valere e l’ammontare dello stesso.
L’Inpgi ha, invece, ritenuto che il grado di privilegio spettante ai crediti di lavoro rappresenta una condizione imprescindibile, in quanto imposta dal comma 7 dell’art. 2 della Legge 297/82. Ha, inoltre, evidenziato che, diversamente opinando, l’Istituto arrecherebbe un pregiudizio al Fondo dallo stesso gestito, che vedrebbe ingiustificatamente negata la possibilità di recuperare in via prioritaria direttamente nei confronti del datore di lavoro inadempiente (ovvero nei confronti dell’attivo fallimentare) i crediti rivenienti dall’intervento.
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Ebbene, ai fini della risoluzione della controversia, deve rilevarsi come sia pacifico tra le parti che il diritto del lavoratore di ottenere, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del trattamento di fine rapporto a carico dello speciale fondo di cui all'art. 2 della legge n. 297 del 1982 ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale ed è perciò distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro, senza che possa configurarsi un'ipotesi di obbligazione solidale. Esso si perfeziona non con la cessazione del rapporto di lavoro, ma al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge, quali l'insolvenza del datore di lavoro e la verifica dell'esistenza e della misura del credito in sede di ammissione al passivo ovvero all'esito di procedura esecutiva (Cass. 16617/2011).
E’ peraltro opportuno premettere, sul piano normativo, che la Direttiva della Comunità Europea 20 ottobre 1980 n. 987 ha impegnato i Paesi membri a adottare le misure necessarie affinché appositi organismi di garanzia assicurassero la tutela dei diritti dei lavoratori subordinati nei confronti dei datori di lavoro, sia in caso d'insolvenza di questi ultimi, accertata in sede di procedura concorsuale, sia in caso di semplice inadempimento dei medesimi, dopo l'esperimento negativo dell'esecuzione forzata individuale.
In attuazione della citata Direttiva, la legge 29 maggio 1982 n. 297, recante la disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica, ha previsto all'art. 2 l'istituzione presso l'INPS del "fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto" con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso d'insolvenza nel pagamento del trattamento di fine rapporto, di cui all'art. 2120 cod. civ., spettante ai lavoratori o ai loro aventi diritto. Erogata la prestazione, il Fondo ha azione di regresso nei confronti del datore di lavoro e subentra per le somme pagate nel privilegio riconosciuto al credito del lavoratore dagli artt. 2751 bis e 2776 cod. civ..
Successivamente, il decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 80, attuativo, a sua volta, della delega di cui all'art. 48 legge 29 dicembre 1990 n. 428, ha previsto l'intervento del medesimo Fondo, alimentato finanziariamente mediante aumento dei contributi già corrisposti al Fondo per il trattamento di fine rapporto, per i (diversi) crediti di lavoro relativi agli ultimi tre mesi del rapporto, i quali, peraltro, sono garantiti entro un certo massimale, non sono compatibili con redditi alternativi ricevuti dal lavoratore nello stesso periodo, sono prescrittibili entro il breve termine di un anno, e comprendono gli accessori, decorrenti dalla data di presentazione della relativa domanda.
Occorre poi aggiungere che il primo comma dell'art. 2, legge n. 297 del 1982 stabilisce che il Fondo "si sostituisce" al datore di lavoro nel pagamento della somma dovuta (e non che "garantisce" tale pagamento) e contiene, dunque, un precetto che induce a ritenere costituito dallo stesso legislatore un accollo cumulativo e non una fideiussione. Il Fondo subentra quindi nella stessa posizione del datore di lavoro ed è tenuto a pagare il debito di quest'ultimo, comprensivo della somma capitale e dei relativi accessori.
D'altra parte, la prestazione a carico del Fondo non si determina in relazione al diritto maturato e riconosciuto nel passivo fallimentare come se il Fondo, nel pagamento del trattamento di fine rapporto, si sostituisse al fallimento. Invero, come è espressamente stabilito dal più volte citato articolo 2, primo comma, e come pure si ricava dalla formulazione del quinto comma per il caso che il datore di lavoro non sia stato sottoposto a un procedimento concorsuale, il legislatore ha disposto la sostituzione del Fondo al datore di lavoro e non già al fallimento, con la conseguenza che, appunto come si è già detto, il Fondo è tenuto a corrispondere il debito che grava sul datore di lavoro nel suo intero ammontare, comprendente la somma capitale e gli accessori (cfr. Cass. SU 14220/2002).
Conseguentemente, realizzatisi i presupposti legali, quali l'insolvenza del datore di lavoro e la verifica dell'esistenza e della misura del credito in sede di ammissione al passivo, il diritto del lavoratore sussiste nei confronti del fondo che non può opporre un rifiuto per la determinazione in via chirografaria del credito del tfr ad opera del giudice del fallimento. Il fondo, quindi, è tenuto all’adempimento, in quanto è stata accertata l'esistenza di un credito per tfr, qualificato già dalla legge come diritto avente natura privilegiata.
Va, pertanto, riconosciuto il diritto della parte ricorrente alla corresponsione del trattamento di fine rapporto (tfr), pari ad € 8.553,32, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di cessazione del rapporto (31.3.2013) al saldo, con condanna dell’Inpgi al pagamento delle dette somme.
 
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