l'indebito assistenziale

La questione della ripetizione dell'indebito nel campo dell'invalidità civile, le discipline di dettaglio e l'applicabilità dei principi di cui all'art. 2033 c.c. ambito della tutela per il percettore di buona fede
 
 
 

 
La questione della ripetizione dell'indebito nell'ambito delle prestazioni dell'invalidità civile, come precisato dalla Suprema Corte di Cassazione, trova la sua disciplina generale nell'art. 2033 c.c. (non potendosi fare un'applicazione estensiva dei principi vigenti nel sottosistema della previdenza sociale) e l'eventuale disciplina derogatoria di dettaglio in specifiche disposizioni di legge.
La Suprema Corte ha, infatti, precisato che "la disciplina dell'indebito va ricavata esclusivamente dalle norme concernenti le prestazioni assistenziali agli invalidi civili.
 
La materia della ripetibilità delle prestazioni assistenziali indebite - in caso di accertata insussistenza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti prescritti dalla legge - è stata diversamente regolata nel corso del tempo da numerose disposizioni che si sono susseguite.
Si tratta: della L. n. 29 del 1977, art. 3, di conversione del D.L. n. 850 del 1976; del D.L. n. 173 del 1988, art. 3, comma 9, convertito nella L. n. 291 del 1988; della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, comma 4; del D.P.R. 21 settembre 1994 n. 698, art. 5, comma 5; del D.L. n. 323 del 1996, art. 4, convertito con modifiche nella L. 8 agosto 1996, n. 425 (in relazione alla mancanza dei requisiti sanitari), della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 52, comma 3, (in relazione alla mancanza dei requisiti salutari), della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 37, (in relazione alla mancanza dei requisiti sanitari); ed infine del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 5, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, il quale, nel disporre che l'Inps e il Ministero del Tesoro devono stabilire le modalità tecniche per effettuare in via telematica le verifiche sui requisiti reddituali dei titolari delle prestazioni assistenziali, e per procedere alla sospensione ed al recupero, prevede che: Non si procede alla ripetizione delle somme indebitamente percepite, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, dai soggetti privi dei requisiti reddituali.
Pertanto, la disciplina della ripetibilità muta a seconda della ragione che ha dato luogo all'indebito assistenziale: se si accerta la mancanza dei requisiti sanitari le norme applicabili, a seconda dell'epoca della erogazione, saranno quelle sopra elencate; se si accerta invece la mancanza dei requisiti reddituali, non si può procedere alla ripetizione dei ratei percepiti prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003; mentre, quando manca radicalmente il diritto alla prestazione, ad es. per corresponsione dovuta ad errore di persona, l'indebito è pienamente ripetibile ex art. 2033 cod. civ., mancando la ratio per applicarsi, in questo caso, il principio di settore di necessaria tutela del percettore in buona fede della prestazione assistenziale indebita (Cass. n. 12406 del 23 agosto 2003)".
Per quanto riguarda la mancanza dei requisiti sanitari, il comma 8 dell'art. 37 della l. n. 448 del 1998 prevede che "In caso di accertata insussistenza dei requisiti sanitari, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica dispone l'immediata sospensione dell'erogazione del beneficio in godimento e provvede, entro i novanta giorni successivi, alla revoca delle provvidenze economiche a decorrere dalla data della visita di verifica".
Analogamente, già l'art. 3-ter del D.L. n. 323/96 aveva previsto che, in caso di accertata insussistenza dei requisiti sanitari, la Direzione generale di cui al comma 1 provvedesse, entro novanta giorni dalla data della visita di verifica o degli ulteriori accertamenti che si rendessero necessari, alla revoca delle provvidenze in godimento a decorrere dalla data della visita di verifica. 
Successivamente il comma 2 dell'art. 52 della l. n. 449 del 1997, relativamente al piano straordinario di verifica delle invalidità civili, aveva previsto che, in caso di mancata presentazione dell'autocertificazione di cui al comma 2 dell'articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 1996, n.323, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 425, il Ministero del Tesoro - Direzione generale dei servizi vari e delle pensioni di guerra - provvede entro e non oltre 120 giorni alla verifica della sussistenza dei requisiti sanitari che hanno dato luogo alle provvidenze economiche indicate nel citato comma rimanendo impregiudicate le azioni dell'amministrazione ai sensi degli articoli 2033 e 2946 del codice civile.

Con riferimento ai requisiti reddituali, invece, la norma di riferimento è l'art. 42, comma 5 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, il quale, nel disporre che l'Inps e il Ministero del Tesoro devono stabilire le modalità tecniche per effettuare in via telematica le verifiche sui requisiti reddituali dei titolari delle prestazioni assistenziali, e per procedere alla sospensione ed al recupero, prevede che: "Non si procede alla ripetizione delle somme indebitamente percepite, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, dai soggetti privi dei requisiti reddituali". Norma quest'ultima che, implicitamente, riconosce la ripetibilità delle prestazioni indebitamente erogate per motivi connessi all'assenza dei requisiti reddituali per il periodo successivo.

Con riferimento agli altri requisiti per il riconoscimento dei benefici, invece, con particolare riguardo a quello dell'incollocabilità, la S.C. ha ritenuto che i ratei siano da restituire con decorrenza dal provvedimento che accerta l'assenza di tali requisiti e non già con decorrenza dal momento in cui tali requisiti siano venuti a mancare.


Uno specifico problema che può porsi con riferimento al caso dell'assenza del requisito sanitario è quello della disciplina applicabile ove non sia stata disposta l'immediata sospensione del beneficio assistenziale imposta per legge e laddove la revoca sia intervenuta, per colpa dell'amministrazione a distanza di anni. Nel caso, potrebbe sostenersi che si tratta pur sempre di una revoca a seguito di revisione con la conseguenza che le provvidenza corrisposte successivamente alla visita di verifica continuano ad essere indebite ed oggetto di ripetizione. Ma potrebbe, anche in una prospettiva in linea con le indicazioni della Consulta, ritenersi che proprio il mancato rispetto dei termini, posti anche a tutela del percettore delle prestazioni, da parte dell'amministrazione, determina l'inapplicabilità dell'intera disposizione di cui all'art. 37 della l. n. 448/98 ed il riespandersi della norma generale di cui all'art. 3-ter del D.L. n. 850 del 1976, art. 3 ter, convertito in L. n. 29 del 1977 secondo cui "Gli organi preposti alla concessione dei benefici economici a favore ... degli invalidi civili hanno facoltà, in ogni tempo, di accertare la sussistenza delle condizioni per il godimento dei benefici previsti, disponendo la eventuale revoca delle concessioni con effetto dal primo giorno del mese successivo alla data del relativo provvedimento".

Cassazione civile    sez. lav. 23/01/2008 n 1446

In materia di ripetibilità delle prestazioni economiche indebitamente erogate agli invalidi civili non può trovare applicazione l'art. 38, comma 7, l. 28 dicembre 2001 n. 448, norma espressamente rivolta a disciplinare il settore delle prestazioni pensionistiche, dovendosi, invece, ricercare nella normativa dettata nello specifico ambito la disciplina particolare della ripetibilità. Pertanto, con riferimento a prestazioni assistenziali non dovute e percepite in mancanza del requisito di incollocazione al lavoro, trovano applicazione, in difetto di una specifica disciplina, le norme sull'indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza dei requisiti di legge in generale, con esclusione delle disposizioni che regolano, espressamente, la mancanza del requisito sanitario o di quello reddituale; conseguentemente, accertata la mancanza del requisito della incollocazione, vanno restituiti i ratei indebitamente erogati a partire dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta.


Le prestazioni economiche agli invalidi civili costituiscono l'oggetto di obbligazioni (pubbliche) ex lege, in quanto nascono al verificarsi dei fatti previsti dalle norme. Di conseguenza, i procedimenti amministrativi preordinati ad accertare tali fatti e, quindi, l'esistenza o l'inesistenza dell'obbligazione (originaria o sopravvenuta), ancorché i detti fatti siano complessi ed il relativo accertamento abbia natura critica, cioè di giudizio, con l'opinabilità che contrassegna tutti i giudizi, rivestono natura meramente ricognitiva, funzionale all'attuazione dei rapporti obbligatoli, perciò escludendo la configurabilità di poteri amministrativi e di provvedimenti costitutivi degli effetti (giurisprudenza pacifica: vedi, per tutte, Cass., sez. un. , 8 aprile 1975, n, 1261 e 24 ottobre 1991, n. 11329). Ciò implica che il diritto nasce in coincidenza con l'insorgenza dei requisiti e non certo per effetto degli atti cd. di "concessione", come impropriamente talora denominati dalle norme; allo stesso modo, i cd. atti di revoca non sono altro che ricognizioni in ordine all'inesistenza originaria o sopravvenuta dell'obbligazione e non certo provvedimenti espressione della cd. "autotutela amministrativa", che è potere discrezionale di apprezzamento della conformità della situazione all'interesse pubblico (vedi, per tutte, Cass. 256/2001; 8713/1999; 5138/1994). Il descritto assetto ordinamentale si pone in diretta derivazione dai principi espressi dall'art. 38 Cost., attributivi del "diritto" al mantenimento e all'assistenza sociale spettante ai cittadini inabili e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere, nonché del diritto alla previdenza per i lavoratori. In linea generale, perciò, le prestazioni derivanti dalla solidarietà sociale non possono riconoscersi a coloro che non possiedono i requisiti previsti dalla legge per essere titolari del diritto. A questa regola, può derogare il legislatore mediante espresse previsioni e per casi specifici, ove ritenga di privilegiare l'affidamento determinato dall'attribuzione di fatto di una prestazione per un lasso notevole di tempo (si veda il disposto del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 9, comma 1, circa la rettificabilità degli errori commessi dall'Inail nell'attribuzione di prestazione entro il termine massimo di dieci anni). Ne discende l'applicabilità del principio generale di cui è espressione l'art. 2033 c.c., secondo il quale ogni erogazione attribuita in assenza dei requisiti prescritti dalla legge è da considerare indebita e soggetta a ripetizione. Tuttavia, nel settore della previdenza e dell'assistenza obbligatorie si è affermato, ed è venuto via via consolidandosi, un principio di settore secondo il quale, in luogo della generale regola codicistica di incondizionata ripetibilità dell'indebito, trova applicazione la regola, propria di tale sottosistema, che esclude viceversa la ripetizione in presenza di situazioni di fatto variamente articolate, ma comunque avente generalmente come minimo comune denominatore la non addebitabilità al percepiente della erogazione non dovuta ed una situazione idonea a generare affidamento. Al riguardo, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha rilevato che il canone dell'art. 38 Cost., appresta al descritto principio di settore una garanzia costituzionale in funzione della soddisfazione di essenziali esigenze di vita della parte più debole del rapporto obbligatorio, che verrebbero ad essere contraddette dalla indiscriminata ripetizione di prestazioni naturaliter già consumate in correlazione - e nei limiti - della loro destinazione alimentare (C. cost. n. 39 del 1993; n. 431 del 1993).
Nello specifico ambito delle prestazioni economiche corrisposte agli invalidi civili, la disciplina particolare della ripetibilità delle prestazioni indebitamente erogate va ricercata nella normativa appositamente dettata in materia, non potendo trovare applicazione in via analogica - ma neppure estensiva stante il carattere derogatorio dell'art. 2033 c.c. di disposizioni di questo genere - le regole dettate con riferimento alle pensioni o altri trattamenti previdenziali. Su questo specifico punto si è espressa la Corte costituzionale, giudicando manifestamente infondate le questioni di legittimità, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., comma 1, dell'art. 1, commi 260 - L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 265, e della L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 52, comma 2, nelle parti in cui, pongono limiti alla ripetibilità dell'indebito previdenziale ma non anche di quello assistenziale. Ha precisato il giudice delle leggi che, a seguito delle modifiche del quadro normativo introdotte dal D.L. n. 323 del 1996, art. 4 e dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 37, comma 8, si è realizzato un avvicinamento della disciplina, sia transitoria che a regime, della indebita percezione delle prestazioni assistenziali a quella dell'indebito previdenziale, per effetto del quale avvicinamento la normativa censurata può dirsi del tutto rispettosa degli invocati parametri in quanto, attesa la peculiarità dell'accertamento dell'insussistenza del requisito sanitario richiesto per ottenere le prestazioni assistenziali, non è necessario che la disciplina che ne regolamenta le conseguenze sia assolutamente identica a quella relativa all'indebita percezione delle prestazioni previdenziali, e considerato che gli assistiti risultano tutelati in modo idoneo e quindi nel rispetto dell'art. 38 Cost., comma 1 (Corte costituzionale, 27 ottobre 2000, n. 448; 22 luglio 2004, n. 264). La stessa Corte costituzionale, in tema di ambito di applicazione della L. n. 448 del 2001, art. 38, commi 7 e 8, ha ritenuto legittima la non estensione ai trattamenti pensionistici erogati dall'Inpdap (sent. 28 aprile 2006, n. 178) ed altresì rilevato il carattere straordinario ed eccezionale dell'intervento legislativo nella materia dell'indebito previdenziale (sent. 13 gennaio 2006, n. 1). Le considerazioni svolte dimostrano l'erroneità palese della tesi enunciata dalla sentenza impugnata, secondo cui sarebbe applicabile al rapporto controverso la L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 38, comma 7, che recita: Nei confronti dei soggetti che hanno percepito indebitamente prestazioni pensionistiche o quote di prestazioni pensionistiche o trattamenti di famiglia, a carico dell'INPS, per periodi anteriori al 1 gennaio 2001, non si fa luogo al recupero dell'indebito qualora i soggetti medesimi siano percettori di un reddito personale imponibile ai fini dell'IRPEF per l'anno 2000 di importo pari o inferiore a 8.263,31 Euro. Sia il contesto delle disposizioni nel quale la previsione è inserita, sia il riferimento esclusivo alle "pensioni" e non ad altre prestazioni, sia, e soprattutto, la circostanza che il legislatore riserva costantemente una disciplina differenziata per le provvidenze previste a favore degli invalidi civili, rendono manifesto come l'ambito di applicazione sia estraneo al rapporto controverso. La disciplina dell'indebito va, quindi, ricavata esclusivamente dalle norme concernenti le prestazioni assistenziali agli invalidi civili. La specifica questione dell'indebita percezione della prestazione in difetto del requisito di iscrizione nelle liste speciali di collocamento obbligatorio è stata già indagata dalla giurisprudenza della Corte (Cass. 28 marzo 2006, n. 7048) e decisa nel termini di seguito esposti. La materia della ripetibilità delle prestazioni assistenziali indebite - in caso di accertata insussistenza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti prescritti dalla legge - è stata diversamente regolata nel corso del tempo da numerose disposizioni che si sono susseguite.
Si tratta: della L. n. 29 del 1977, art. 3, di conversione del D.L. n. 850 del 1976; del D.L. n. 173 del 1988, art. 3, comma 9, convertito nella L. n. 291 del 1988; della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, comma 4; del D.P.R. 21 settembre 1994 n. 698, art. 5, comma 5; del D.L. n. 323 del 1996, art. 4, convertito con modifiche nella L. 8 agosto 1996, n. 425 (in relazione alla mancanza dei requisiti sanitari), della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 52, comma 3, (in relazione alla mancanza dei requisiti sanitari), della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 37, (in relazione alla mancanza dei requisiti sanitari); ed infine del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 5, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, il quale, nel disporre che l'Inps e il Ministero del Tesoro devono stabilire le modalità tecniche per effettuare in via telematica le verifiche sui requisiti reddituali dei titolari delle prestazioni assistenziali, e per procedere alla sospensione ed al recupero, prevede che: Non si procede alla ripetizione delle somme indebitamente percepite, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, dai soggetti privi dei requisiti reddituali. Pertanto, la disciplina della ripetibilità muta a seconda della ragione che ha dato luogo all'indebito assistenziale: se si accerta la mancanza dei requisiti sanitari le norme applicabili, a seconda dell'epoca della erogazione, saranno quelle sopra elencate; se si accerta invece la mancanza dei requisiti reddituali, non si può procedere alla ripetizione dei ratei percepiti prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003; mentre, quando manca radicalmente il diritto alla prestazione, ad es. per corresponsione dovuta ad errore di persona, l'indebito è pienamente ripetibile ex art. 2033 cod. civ., mancando la ratio per applicarsi, in questo caso, il principio di settore di necessaria tutela del percettore in buona fede della prestazione assistenziale indebita (Cass. n. 12406 del 23 agosto 2003). Nessuna disposizione prevede specificatamente quale sia il regime dell'indebito nel caso, che ricorre nella specie, di mancanza del requisito di incollocazione al lavoro. Vanno, quindi, applicate le norme sull'indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza dei requisiti di legge in via generale (ed escludendo quindi le disposizioni che regolano espressamente la sorte dell'indebito per la mancanza del requisito sanitario e per la mancanza del requisito reddituale), vigenti nel lungo periodo dal primo febbraio 1982 al 28 aprile 1997.
Le disposizioni applicabili sono dunque: a) Il D.L. n. 850 del 1976, art. 3 ter, convertito in L. n. 29 del 1977, secondo cui "Gli organi preposti alla concessione dei benefici economici a favore ... degli invalidi civili hanno facoltà, in ogni tempo, di accertare la sussistenza delle condizioni per il godimento dei benefici previsti, disponendo la eventuale revoca delle concessioni con effetto dal primo giorno del mese successivo alla data del relativo provvedimento"; b) il D.L. n. 173 del 1988, art. 3, comma 9, convertito nella L. n. 291 del 1988, il quale dispone che "Con decreto del Ministro del Tesoro sono stabiliti i criteri e le modalità per verificare la permanenza nel beneficiario del possesso dei requisiti prescritti per usufruire della pensione, assegno o indennità previsti dalle leggi indicate nel comma 1 e per disporne la revoca in caso di insussistenza di tali requisiti, con decreto dello stesso Ministro, senza ripetizione delle somme precedentemente corrisposte"; c) la L. n. 537 del 1993, art. 11, comma 4, il quale recava una disciplina particolarmente rigorosa, prescrivendo che "nel caso di accertata insussistenza dei requisiti prescritti per il godimento dei benefici, e se il beneficiario non rinuncia a goderne dalla data dell'accertamento, sono assoggettati a ripetizione tutti i ratei versati nell'ultimo anno precedente la data stessa". Ma quest'ultima disposizione venne espressamente abrogata dall'art. 4, comma 3 - nonies introdotto dalla L. n. 425 del 1996 di conversione del D.L. n. 323 del 1996; d) La disciplina di cui alla citata L. n. 537 del 1993 si accavallò per un certo periodo con quella del D.P.R. n. 698 del 1994 il quale, all'art. 5, comma 5, prevede che "Nel caso di accertata insussistenza dei requisiti prescritti per il godimento dei benefici si da luogo alla immediata sospensione cautelativa del pagamento degli stessi, da notificarsi entro trenta giorni dalla data del provvedimento di sospensione. Il successivo formale provvedimento di revoca produce effetti dalla data dell'accertata insussistenza dei requisiti prescritti". L'ultima disposizione citata, ossia il D.P.R. n. 698 del 1994 fu emessa in forza della L. n. 537 del 1993, la quale prevedeva all'art. 11 l'emanazione di un regolamento che riordinasse i procedimenti in materia di invalidità civile, ma la delega al regolamento non riguardava invece la materia relativa alla revoca dei benefici, la quale era integralmente disciplinata dal già riportato L. n. 537 del 1993, art. 11, comma 4, onde detta disposizione deve ritenersi non applicabile (cfr. Cass 26 aprile 2002, n. 6091). In ogni caso tutte le disposizioni citate (ad esclusione di quella di cui al punto sub e) che però è stata abrogata) ed ivi compresa l'ultima (emanata come detto con eccesso di delega) prescrivono che vengano restituiti i ratei indebitamente erogati a partire dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta"(così Cass. 1446/2008 citata).
Richiamate le articolate e condivisibili argomentazioni suesposte, nel caso in esame, non è in contestazione il fatto che l'Inps abbia errato nel riconoscere e pagare i permessi retribuiti, non avendo la madre della N. i requisiti prescritti, ma l'errore è imputabile unicamente all'Istituto e la buona fede del percettore è totale.
In mancanza di previsione espressa di legge riferita al caso in esame (indebita corresponsione di indennizzo per permessi retribuiti ex art. 33 comma 3° l.n. 104/1992), a parere di questa Corte deve applicarsi la normativa di cui sopra relativa alla mancanza dei requisiti di legge in generale, ossia, in base al quadro normativo ricostruito dalla Cassazione, il D.L. n. 850 del 1976, art. 3 ter, convertito in L. n. 29 del 1977,(secondo cui "Gli organi preposti alla concessione dei benefici economici a favore ... degli invalidi civili hanno facoltà, in ogni tempo, di accertare la sussistenza delle condizioni per il godimento dei benefici previsti, disponendo la eventuale revoca delle concessioni con effetto dal primo giorno del mese successivo alla data del relativo provvedimento") e di seguito il D.L. n. 173 del 1988, art. 3, comma 9, convertito nella L. n. 291 del 1988, il quale dispone che "Con decreto del Ministro del Tesoro sono stabiliti i criteri e le modalità per verificare la permanenza nel beneficiario del possesso dei requisiti prescritti per usufruire della pensione, assegno o indennità previsti dalle leggi indicate nel comma 1 e per disporne la revoca in caso di insussistenza di tali requisiti, con decreto dello stesso Ministro, senza ripetizione delle somme precedentemente corrisposte".
In particolare si ritiene condivisibile quanto sostenuto dalla difesa dell'appellata all'udienza di discussione, ossia che la disciplina ex art. 2033 c.c. trovi applicazione solo allorquando manchi qualsiasi rapporto assistenziale, ed in tal senso va interpretata la locuzione della Cassazione "quando manca radicalmente il diritto alla prestazione", come si evince dall'esempio citato nella sentenza n. 1446/2008 per esplicitare tale ipotesi ("corresponsione dovuta ad errore di persona").
Ogni qual volta, invece, sussista un rapporto assistenziale tra assicurato ed istituto erogatore, poiché la domanda di prestazione è stata presentata, nonché sussistano la piena buona fede del percettore e, correlativamente, la colpa esclusiva dell'Ente erogatore nella concessione della provvidenza non spettante, si ricade non nel caso di "mancanza radicale del diritto alla prestazione", ma in quello di mancanza di un requisito prescritto dalla legge per ottenere la prestazione.
D'altronde tale soluzione è la sola compatibile con la ratio di tutela del "principio di settore di necessaria tutela del percettore in buona fede della prestazione assistenziale indebita" . In linea generale e salvo che sia specificatamente previsto in modo diverso dalla legge, detto principio non opera, per l'appunto, solo quando manca il rapporto assistenziale (e dunque se sussiste errore di persona) o quando manca la buona fede del percettore.
In conclusione, l'appello deve essere respinto e può essere confermata l'impugnata sentenza, pur se con diversa motivazione.
Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. 
 
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