mancata opposizione dell'avviso con riserva di ripetizione


Le conseguenze della mancata opposizione dell'avviso di addebito nel termine di cui all'art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999, gli effetti del pagamento con riserva


Una questione che ha interessato la giurisprudenza è quella degli effetti della mancata opposizione della cartella esattoriale o, oggi, dell'avviso di addebito emessi per contributi e somme aggiuntive nel termine di 40 giorni dalla notifica dei suddetti atti fissato dall'art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999.
 
Si è posta, in particolare, la questione se la mancata opposizione incida solo sulla possibilità, da parte dell'ente impositore, di procedere all'esecuzione forzata o se, invece, produca effetti sostanziali assimilabili a quelli del giudicato, con la conseguenza di rendere incontestabile la pretesa azionata in un diverso giudizio.
 
L'orientamento prevalente è nel senso che la mancata impugnazione della cartella esattoriale o dell'avviso di addebito nel termine previsto dall'art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 ha effetti di natura sostanziale assimilabili a quelli di un giudicato. 

La S.C. - sent. 17978/08 - ha enunciato il seguente principio “In tema di riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, il termine per proporre opposizione alla pretesa contributiva, fissato dall'art. 24 del d.lg. n. 46 del 1999 in quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento onde consentire l'instaurazione di un vero e proprio processo di cognizione per l'accertamento della fondatezza della pretesa dell'ente, deve ritenersi perentorio, perché diretto a rendere non più contestabile il credito contributivo, in caso di omessa tempestiva impugnazione, ed a consentirne una rapida riscossione. Ne deriva che l'estinzione del giudizio di opposizione alla cartella esattoriale determina l'incontestabilità della pretesa contributiva e ne preclude il riesame del merito in un diverso giudizio”.
 
Questo il percorso motivazionale della richiamata pronuncia “In ordine alla natura del termine di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, e alle conseguenze della sua inosservanza, questa Corte ha già avuto modo di osservare (in forza di ragioni che il Collegio condivide) che detto termine è stato accordato dalla legge al debitore per l'opposizione nel merito della pretesa contributiva, al fine di instaurare un vero e proprio processo di cognizione per l'accertamento della fondatezza della pretesa dell'ente; esso deve pertanto ritenersi perentorio, siccome diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell'ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo; nè alla natura perentoria del termine in esame osta la mancata espressa previsione della sua perentorietà, poichè, sebbene l'art. 152 c.p.c., disponga che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori, non si può da tale norma dedurre che, ove manchi una esplicita dichiarazione in tal senso, debba senz'altro escludersi la perentorietà del termine, dovendo pur sempre il giudice indagare se, a prescindere dal dettato della norma, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba essere rigorosamente osservato a pena di decadenza e sia quindi perentorio (cfr, ex plurimis, Cass. n. 14692/2007).
La situazione che si verifica in ipotesi di mancata osservanza del termine suddetto non è quindi dissimile da quella già ritenuta dalla giurisprudenza di questa Corte in relazione al mancato rispetto del termine previsto dall'ormai abrogato D.L. n. 338 del 1989, art. 2, convertito in L. n. 389 del 1989, (cfr. Cass., n. 8624/1993).
Era stato ivi ritenuto (con argomentazioni che ben si attagliano anche alla presente fattispecie), che non solamente i titoli esecutivi giudiziali sono passibili di diventare definitivi, cioè incontrovertibili con effetti analoghi al giudicato, in caso di mancata opposizione o di opposizione proposta fuori termine, poichè, tenuto conto delle leggi speciali che sono state emanate in diverse materie e con le quali il legislatore ha consentito agli organi della pubblica amministrazione di ordinare ai privati, mediante ingiunzioni, il pagamento di somme di danaro, la giurisprudenza di legittimità aveva già avuto modo di individuare i c.d. titoli paragiudiziali (cfr, ex plurimis, per l'utilizzo di tale terminologia, Cass., nn. 9944/1991; 10269/1991; entrambe in motivazione), per i quali, al pari di quelli giudiziali, è previsto un termine perentorio per la relativa opposizione davanti al giudice ordinario; con la conseguenza che tali titoli diventano definitivi in caso di omessa opposizione ovvero di opposizione tardiva, in quanto proposta dopo la scadenza del termine e tale dichiarata dal giudice a conclusione del relativo giudizio.
La conseguenza è dunque che, in tema di contributi previdenziali, per contestare il ruolo è necessaria l'opposizione da parte dell'interessato nel termine perentorio previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, poichè, in caso contrario, il titolo diviene definitivo e il diritto alla relativa pretesa contributiva incontestabile".

Sulla medesima linea interpreativa, una recente sentenza del Tribunale di perugia ha ritenuto l'inammissibilità di un'azione di accertamento negativo dell'obbligo contributivo stante la mancata opposizione nel termine di 40 giorni dalla notifica della stessa, nonostante il professionista avesse pagato con animo di rivalsa.

sentenza del Tribunale di Perugia del 2 aprile 2014


XXXXXX ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Perugia, in funzione di giudice del lavoro, la Cassa dei Geometri per sentire accertare l’intervenuta prescrizione del credito per contributi e sanzioni iscritto a ruolo dalla convenuta e riferito alla produzione reddituale di esso ricorrente dell’anno 2000 e per ottenere, di conseguenza, la ripetizione di quanto dal medesimo pagato all’ente della riscossione a seguito della notifica di una cartella esattoriale di importo pari a €9.178,36.
Ha esposto che ha inviato la comunicazione reddituale obbligatoria relativa ai redditi del 2000 l’11.9.2001 e che la convenuta gli ha comunicato, l’8.10.09, di aver riscontrato uno scostamento di €74.980,25 tra quanto dichiarato con la predetta comunicazione e quanto dichiarato al Fisco nel modello Unico/Quadro RE (€99.975,73); che ha immediatamente contestato la fondatezza dell’addebito e comunque eccepito la prescrizione del credito; che ha ricevuto la notifica di una cartella esattoriale di importo pari a €9.178,36 avente ad oggetto il credito vantato dalla convenuta per contribuzione e per sanzioni derivante dal maggior imponibile contributivo relativo all’anno 2000; che ha immediatamente chiesto lo sgravio della cartella eccependo l’intervenuta prescrizione avvisando che, in difetto, avrebbe provveduto al pagamento con riserva di ripetizione; che, in difetto di rinuncia alla pretesa, ha pagato in otto rate la somma di €9.178,36, con riserva di promuovere il giudizio di ripetizione dell’indebito. Ha eccepito la prescrizione quinquennale del credito azionato dalla cassa convenuta relativo a contribuzione obbligatoria e sanzioni avente ad oggetto il maggior imponibile contributivo relativo ai redditi professionali dell’anno 2000.
Si è costituita la Cassa Geometri che ha eccepito l’incompetenza territoriale del Tribunale di Perugia, ai sensi dell’art. 444 c.p.c. terzo comma, l’improcedibilità della stessa non essendo stato promosso alcun ricorso amministrativo, l’inammissibilità perché la pretesa è diventata incontrovertibile a seguito della mancata impugnazione nel termine di quaranta giorni della cartella esattoriale notificata e l’infondatezza dell’eccepita prescrizione.
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
 
Il ricorso è infondato.
L’eccezione di incompetenza territoriale è infondata in quanto la disposizione di cui al terzo comma dell’art. 444 c.p.c. non è applicabile alle controversie che hanno ad oggetto i crediti contributivi delle casse di previdenza private per le quali, invece, opera il criterio di individuazione della competenza  territoriale indicato al comma 1° 
L’eccezione di improcedibilità per mancata proposizione di un ricorso amministrativo è infondata e sarebbe comunque solo dilatoria in quanto: a) per le azioni di ripetizione dell’indebito contributivo non è stata allegata l’esistenza di alcun obbligatorio previo procedimento amministrativo da parte della cassa convenuta; b) la comunicazione con la quale il ricorrente ha chiesto lo sgravio della cartella avvisando che, in difetto, avrebbe pagato con animo di rivalsa equivale ad un ricorso amministrativo preordinato all’azione proposta nel presente giudizio (essendo certamente idonea a consentire all’ente convenuto di valutare la fondatezza dell’istanza poi promossa in giudizio); c) le difese svolte dalla Cassa nel merito dimostrano la totale inutilità di un’eventuale sospensione del giudizio. 
Fondata è, invece, l’eccezione di inammissibilità della domanda per l’omessa proposizione dell’opposizione alla cartella esattoriale nel termine di quaranta giorni di cui all’art. 24 del d.lgs. n. 46/99, non potendo, sulla scorta della consolidata giurisprudenza della S.C. (cfr. in particolare Cass n. 17978/08 e Cass. N. 21365/2010), la riserva mentale con la quale è stato effettuato il pagamento incidere sugli effetti sostanziali e processuali determinati dalla mancata impugnativa del ruolo.
La Suprema Corte ha, infatti, chiarito come la mancata impugnativa nel termine della cartella esattoriale determina un effetto sostanzialmente analogo a quello di un giudicato con l’ulteriore conseguenza che la fondatezza della pretesa azionata con il procedimento di iscrizione a ruolo non può poi essere contestata in diverso giudizio.
La logica della riscossione esattoriale, infatti, secondo la Corte di legittimità, non è solo quella di agevolare la riscossione sotto il profilo esecutivo ma anche quella di velocizzare l’accertamento definitivo della fondatezza o infondatezza del credito.
In particolare, Cass. n. 17978/08 risulta così massimata “In tema di riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, il termine per proporre opposizione alla pretesa contributiva, fissato dall'art. 24 del d.lg. n. 46 del 1999 in quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento onde consentire l'instaurazione di un vero e proprio processo di cognizione per l'accertamento della fondatezza della pretesa dell'ente, deve ritenersi perentorio, perché diretto a rendere non più contestabile il credito contributivo, in caso di omessa tempestiva impugnazione, ed a consentirne una rapida riscossione. Ne deriva che l'estinzione del giudizio di opposizione alla cartella esattoriale determina l'incontestabilità della pretesa contributiva e ne preclude il riesame del merito in un diverso giudizio”.
Questo il percorso motivazionale della richiamata pronuncia “In ordine alla natura del termine di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, e alle conseguenze della sua inosservanza, questa Corte ha già avuto modo di osservare (in forza di ragioni che il Collegio condivide) che detto termine è stato accordato dalla legge al debitore per l'opposizione nel merito della pretesa contributiva, al fine di instaurare un vero e proprio processo di cognizione per l'accertamento della fondatezza della pretesa dell'ente; esso deve pertanto ritenersi perentorio, siccome diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell'ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo; nè alla natura perentoria del termine in esame osta la mancata espressa previsione della sua perentorietà, poichè, sebbene l'art. 152 c.p.c., disponga che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori, non si può da tale norma dedurre che, ove manchi una esplicita dichiarazione in tal senso, debba senz'altro escludersi la perentorietà del termine, dovendo pur sempre il giudice indagare se, a prescindere dal dettato della norma, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba essere rigorosamente osservato a pena di decadenza e sia quindi perentorio (cfr, ex plurimis, Cass. n. 14692/2007).
La situazione che si verifica in ipotesi di mancata osservanza del termine suddetto non è quindi dissimile da quella già ritenuta dalla giurisprudenza di questa Corte in relazione al mancato rispetto del termine previsto dall'ormai abrogato D.L. n. 338 del 1989, art. 2, convertito in L. n. 389 del 1989, (cfr. Cass., n. 8624/1993).
Era stato ivi ritenuto (con argomentazioni che ben si attagliano anche alla presente fattispecie), che non solamente i titoli esecutivi giudiziali sono passibili di diventare definitivi, cioè incontrovertibili con effetti analoghi al giudicato, in caso di mancata opposizione o di opposizione proposta fuori termine, poichè, tenuto conto delle leggi speciali che sono state emanate in diverse materie e con le quali il legislatore ha consentito agli organi della pubblica amministrazione di ordinare ai privati, mediante ingiunzioni, il pagamento di somme di danaro, la giurisprudenza di legittimità aveva già avuto modo di individuare i c.d. titoli paragiudiziali (cfr, ex plurimis, per l'utilizzo di tale terminologia, Cass., nn. 9944/1991; 10269/1991; entrambe in motivazione), per i quali, al pari di quelli giudiziali, è previsto un termine perentorio per la relativa opposizione davanti al giudice ordinario; con la conseguenza che tali titoli diventano definitivi in caso di omessa opposizione ovvero di opposizione tardiva, in quanto proposta dopo la scadenza del termine e tale dichiarata dal giudice a conclusione del relativo giudizio.
La conseguenza è dunque che, in tema di contributi previdenziali, per contestare il ruolo è necessaria l'opposizione da parte dell'interessato nel termine perentorio previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, poichè, in caso contrario, il titolo diviene definitivo e il diritto alla relativa pretesa contributiva incontestabile.
2.3 Deve al contempo considerarsi che l'opposizione alla pretesa contributiva portata dalla cartella esattoriale, prevista dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, richiede, perchè sia evitata la definitività del titolo e l'incontestabilità di detta pretesa, che l'opposizione stessa sia svolta mediante un ricorso giudiziale (comma 5), che da origine ad un giudizio contro il ruolo per motivi inerenti il merito della pretesa contributiva regolato dall'art. 442 c.p.c. e ss., (comma 6).
La richiesta proposizione dell'opposizione nelle forme suddette indica pertanto che tale opposizione viene in rilievo non già quale mera manifestazione di contestazione della pretesa contributiva, ma come mezzo al fine di ottenere una verifica giudiziale della fondatezza della pretesa stessa; ne discende che l'efficacia dell'opposizione quale atto idoneo ad impedire la definitività del titolo e l'incontestabilità della pretesa contributiva viene meno non soltanto nel caso di sua tardiva proposizione, ma anche qualora, per sopravvenute situazioni processuali, risulti definitivamente precluso il risultato a cui l'opposizione è finalizzata, ossia l'emanazione, nell'ambito del giudizio promosso, di una pronuncia sulla fondatezza della pretesa contributiva portata dalla cartella esattoriale opposta.
Il che si verifica, per quanto qui specificamente rileva, in ipotesi di estinzione del giudizio di opposizione; con la conseguenza che gli effetti che si generano sono gli stessi già descritti nel caso di mancata o tardiva proposizione dell'opposizione D.Lgs. n. 46 del 1999, ex art. 24, (ossia, come detto, definitività del titolo e incontestabilità del diritto alla relativa pretesa contributiva)”.
Si tratta di un orientamento, allo stato attuale, pacifico, cui questo giudice non può che conformarsi.
 

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