opposizione a verbale ispettivo

Le azioni di accertamento negativo avverso i verbali ispettivi dell'INPS e i rapporti con le eventuali successive azioni di opposizione a cartella esattoriale o ad avviso di addebito 

 

Il verbale ispettivo d’accertamento, pur potendo contenere l’indicazione delle somme dovute per crediti contributi e/o sanzioni, rappresenta la contestazione, la comunicazione di una pretesa da parte dell’autorità pubblica e del relativo fondamento in fatto ed in diritto e, come tale, può essere impugnato nel merito dall’intimato con un’azione di accertamento negativo.

Tale possibilità trova un riscontro normativo nell’art. 24, co. 3, d. lgs. n. 46/1999, secondo il quale se l’accertamento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti all’autorità giudiziaria, l’iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice.  In tal senso, non vi sono dubbi sull’esistenza di un interesse concreto ed attuale ad agire in accertamento negativo in materia contributiva in presenza di un accertamento ispettivo concluso e già portato a conoscenza del debitore.

Irrilevante, in tal caso, impugnare la successiva cartella esattoriale in quanto le questioni di merito sono già state validamente proposte in sede giudiziaria, purchè il deposito del ricorso giudiziale (non la notifica, considerata la distinzione nel processo del lavoro, della editio actioni e della vocatio in ius  che collega la pendenza della lite al primo atto)   sia precedente alla notifica della cartella. 

 

Ne consegue che, nell’ambito del nuovo sistema, in considerazione della previsione del comma 14 dell’art. 30 del d.l. n. 78/ 2010 (che  stabilisce che i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo … si intendono effettuati … al titolo esecutivo emesso dallo stesso Istituto, costituito dall’Avviso di addebito), l’emissione dell’avviso di addebito risulta impedita dalla preventiva azione di accertamento negativo proposta dal debitore. 

Ne consegue che l’art. 24, co. 3, d. lgs. n. 46/1999, può leggersi nel senso che se l’accertamento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti all’autorità giudiziaria, l’Avviso di addebito può essere eseguito solo in presenza di provvedimento esecutivo del giudice. 

In caso di contemporanea pendenza di azione di accertamento negativo e di azioni oppositive (opposizione a cartella esattoriale, opposizione a decreto ingiuntivo, opposizione a ordinanza ingiunzione) vi è il problema del riparto degli oneri probatori.

Secondo parte della giurisprudenza nelle azioni di accertamento negativo l’onere di allegazione e prova dei fatti costitutivi del diritto negato grava sul convenuto titolare dell’asserito diritto e aggressore sostanziale (dovendosi rinvenire il soggetto onerato della prova del fatto costitutivo in colui che vanta il diritto sostanziale, ex art. 2697 c.c.,  e non necessariamente in colui che riveste il ruolo processuale di ricorrente).  L’attore-ente previdenziale, nelle azioni di accertamento positivo, e il convenuto-ente previdenziale, nelle azioni di accertamento negativo, così come il convenuto-ente previdenziale nelle opposizioni alle iscrizioni a ruolo e nelle opposizioni a decreto ingiuntivo, mirano tutti allo stesso obiettivo, ossia all’affermazione dell’esistenza della pretesa contributiva.

La regola di giudizio deve, pertanto, essere la stessa, a prescindere dal ruolo processuale che le parti sostanziali rivestono, perché sarebbe contrario all’ordinamento giuridico che più cause aventi medesimo oggetto possano avere esito differente in considerazione del mancato assolvimento di diversi oneri probatori addossati alle parti in funzione esclusiva della veste processuale rivestita dalle stesse.

Secondo giurisprudenza più risalente ma avallata da recente Sezioni Unite nelle azioni di accertamento negativo della pretesa ripetizione di indebito grava sull’attore dedurre e provare l’esistenza del suo diritto alla prestazione ricevuta. Le Sezioni Unite, però,  hanno circostanziato il loro intervento alla fattispecie concreta dell’accertamento dell'illegittimità della ripetizione dell'indebito pretesa dall'ente previdenziale a seguito della avvenuta corresponsione di somme non dovute,  affermando il principio secondo cui “in tema di indebito, anche previdenziale, ove l'accipiens chieda l'accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito egli deduce necessariamente in giudizio il diritto alla prestazione già ricevuta, ossia un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrispostogli dal convenuto, sicché egli ha l'onere di provare i fatti costitutivi di tale diritto”.

Nella sentenza si legge che, avuto riguardo alla specifica materia del contendere sottoposta all’attenzione del Supremo Collegio, “non vi è … ragione di esaminare il più ampio problema dell'onere della prova nelle azioni di accertamento negativo”. Ciò ha consentito ad autorevoli pronunce della Sezione lavoro della Cassazione di dare continuità al primo orientamento illustrato , proprio con specifico riguardo al tema che ci occupa, per cui “In tema di riparto dell’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorchè sia convenuto in giudizio di accertamento negativo, con la conseguenza che la sussistenza del credito contributivo dell’Inps, preteso sulla base di verbale ispettivo, deve essere comprovata dall’Istituto con riguardo ai fatti costitutivi rispetto ai quali il verbale non riveste efficacia probatoria” .

 

Deve ritenersi, inoltre, che sussista un rapporto di continenza (art. 39, comma 2, c.p.c.) tra causa di accertamento negativo e causa di opposizione a decreto ingiuntivo (o a cartella esattoriale) quando vi è identità di soggetti (non esclusa dal fatto che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso) e di titolo; in caso di ricorso per decreto ingiuntivo (proseguito nell’opposizione) e causa di accertamento negativo, la lite introdotta con la domanda di ingiunzione deve considerarsi pendente a seguito della notifica del ricorso e decreto ma gli effetti della pendenza retroagiscono al momento del deposito del ricorso.

Va rammentato, incidentalmente, che i verbali ispettivi  fanno fede fino a querela di falso solo relativamente alla loro provenienza dal sottoscrittore, alle dichiarazioni a lui rese ed agli altri fatti che egli attesti come avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell'inchiesta per averle apprese da terzi o in seguito ad altre indagini, i verbali, per la loro natura di atto pubblico, hanno un'attendibilità che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria. Il materiale raccolto dal verbalizzante deve, quindi, essere liberamente apprezzato dal giudice, il quale può valutarne l'importanza ai fini della prova, ma non può attribuirgli il valore di vero e proprio accertamento addossando all'opponente l'onere di fornire la prova dell'insussistenza dei fatti contestatigli.

In ordine all'individuazione del "provvedimento esecutivo del giudice" che legittima l'iscrizione a ruolo pur in pendenza di giudizio di accertamento negativo della pretesa (art. 24, comma 3, d.lgs. n. 46), possono senz’altro essere considerati provvedimenti esecutivi le ordinanze ex art. 423 o 186 quater c.p.c., così come ha natura di provvedimento esecutivo anche il provvedimento emesso a seguito di ricorso ex art. 700 c.p.c.

Secondo l’opinione prevalente l'espressione provvedimento esecutivo consente però di escludere che tale funzione possa essere svolta anche dalla sentenza non coperta dal giudicato, trattandosi di un giudizio di mero accertamento negativo, e quindi privo del carattere della esecutività.

Secondo tale orientamento la sentenza di primo grado resa all'esito di un giudizio di accertamento negativo, per la quale è stato interposto appello, risulta essere provvedimento sia non esecutivo, in quanto di mero accertamento, che non definitivo, perché suscettibile di riforma nei successivi gradi del giudizio, per cui è ragionevole ritenere che il legislatore abbia voluto offrire all'opponente in prevenzione una tutela da ogni attacco da parte degli enti previdenziali per l'intera durata del processo, fino al passaggio in giudicato della sentenza.

Secondo un’altra tesi deve essere valorizzata la previsione contenuta nel testo riformato dell’art. 282 c.p.c., secondo cui “la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti”. Tale disposizione del codice di procedura, conferendo in via generale la provvisoria esecutività alla sentenza di primo grado, consente di qualificare, ai fini del terzo comma dell’art. 24 citato, come provvedimento esecutivo anche la decisione assunta dal giudice di primo grado di rigetto, totale o parziale, dell’azione di accertamento negativo dell’obbligo contributivo

 

 

 
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