solidarietà committente niente decadenza per i contributi

La solidarietà del committente nell'appalto ex art. 29 d.lgs. n. 276/03: secondo la S.C. non c'è decadenza biennale per l'azione esercitata dall'Inps per il pagamento dei contributi in sostituzione dell'appaltatore indampiente



L'art. 29, comma 2 del d.lgs. n. 276/03 prevede che "in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro e' obbligato in solido con l'appaltatore, nonche' con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonche' i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento".

La S.C., con la sentenza n. 22110 del 4 settembre del 2019 ha espresso il principio di diritto secondo cui il termine di decadenza biennale per l'esercizio dell'azione nei confronti del committente obbligato in solido si riferirebbe esclusivamente ai trattamenti retributivi maturati nel corso dell'appalto e non alle relative situazioni soggettive contributive riferibili all'ente di previdenza.

Secondo la Suprema Corte tale lettura sarebbe imposta da ragioni di logica di sistema in quanto il lavoratore non sarebbe titolare della situazione soggettiva facente capo all'ente di pevidenza e non potrebbe essere soggetto alle conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'inerzia di questo.

Tale interpretazione appare però, ad avviso di chi scrive, il frutto di un'evidente forzatura del dato letterale della norma che riferisce il limite dei dua anni dalla cessazione dell'appalto, all'obbligo solidale del committente avente ad oggetto, sia i trattamenti retributivi, sia i contributi previdenziali, senza alcuna distinzione.

Inoltre, la stessa logica che ha ispirato la decisione non appare immune da rilievi critici visto che la stessa giurisprudenza della S.C. riconosce al lavoratore l'interesse ad agire per conseguire il versamento dei contributi al medesimo dovuti in riferimento a retribuzioni eventualmente omesse dal datore di lavoro con l'unico avvertimento che tale azione va esperita con la partecipazione necessaria dell'ente previdenziale. In tale prospettiva, l'eventuale maturazione del termine di decadenza potrebbe essere impedita dal lavoratore stesso il quale esercitasse l'azione anche con riferimento ai contributi previdenziali omessi avendo cura di convenire in giudizio l'ente previdenziale.
 

Cassazione civile sez. lav., 04/09/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 04/09/2019), n.22110


Il termine di due anni previsto dall'art 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, non è applicabile all'azione promossa dagli enti previdenziali, soggetti alla sola prescrizione.
 

7. Il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, oggetto nel tempo di varie modifiche, è stato sin dalla sua entrata in vigore incentrato sulla previsione di un vincolo di solidarietà tra committente ed appaltatore, secondo un modulo legislativo che intende rafforzare l'adempimento delle obbligazioni retributive e previdenziali, ponendo a carico dell'imprenditore che impiega lavoratori dipendenti da altro imprenditore il rischio economico di dovere rispondere in prima persona delle eventuali omissioni di tale imprenditore.

8. Questa Corte di cassazione, nell'interpretare i concreti contenuti della fattispecie in ipotesi di domande proposte dai lavoratori, quanto all'oggetto dell'obbligazione ed al meccanismo di operatività, ha avuto modo di precisare che:

- il regime della responsabilità solidale del committente con l'appaltatore di servizi, D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 29, comma 2, ha riguardo agli emolumenti, al cui pagamento il datore di lavoro risulti tenuto in favore dei propri dipendenti, di natura strettamente retributiva e concernenti il periodo del rapporto lavorativo coinvolto dall'appalto (restando esclusa l'applicabilità del predetto regime alle somme liquidate ad esempio a titolo di risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, Cass. n. 27678 del 2018);

- inoltre, il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, nella versione anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 5 del 2012, conv. con modif. in L. n. 35 del 2012, e dalla L.n. 92 del 2012, rilevante ratione temporis nell'odierna fattispecie, non prevedeva un regime di sussidiarietà bensì un'obbligazione solidale del committente con l'appaltatore per il pagamento dei trattamenti retributivi ed i contributi previdenziali dovuti al dipendente, come si evince dal tenore letterale della norma nonchè dalla sua ratio, intesa ad incentivare un utilizzo più virtuoso dei contratti di appalto, inducendo il committente a selezionare imprenditori affidabili, per evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno del lavoratore (Cass. n. 31768 del 2018);

- ancora, la logica della solidarietà tra l'appaltatore ed il committente sancita dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, che garantisce il lavoratore circa il pagamento dei trattamenti retributivi dovuti in relazione all'appalto cui ha personalmente dedicato le proprie energie lavorative, nonchè il dato testuale della norma, che fa riferimento al periodo di esecuzione del relativo contratto, impongono di ritenere che la solidarietà sussiste solo per i crediti maturati con riguardo al periodo del rapporto stesso, con esclusione di quelli sorti in altri periodi, ed il termine biennale dalla cessazione dell'appalto previsto dalla suddetta disposizione ha natura di termine di decadenza per la proposizione dell'azione giudiziale per i crediti per i quali vi sia tale possibilità (Cass. n. 17725 del 2017).

6. Il rafforzamento della garanzia dei lavoratori è perseguito dalla legge anche attraverso la specificazione che il committente deve corrispondere non solo i trattamenti retributivi ma anche i contributi previdenziali ai medesimi correlati.

7. Occorre, dunque, approfondire l'interpretazione del comma 2 dell'art. 29, con riferimento alla obbligazione contributiva dell'appaltante chiamato in via di solidarietà, che nella stesura in vigore dal 1 gennaio 2007 al 9 febbraio 2012, rilevante nella presente fattispecie e precedente alle modifiche apportate dal D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, prevede(va) " (...) 2. In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonchè con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti.(...)".

8. La questione controversa può riassumersi nell'alternativa tra due opzioni interpretative. Una prima, secondo la quale si tratterebbe di una peculiare obbligazione contributiva che, pur legittimando il solo Ente previdenziale alla pretesa - posto che il lavoratore non può certo ricevere i contributi - sia del tutto conformata alla speciale azione riconosciuta al lavoratore e, quindi, soggetta al termine di decadenza di due anni. La seconda, ispirata a ragioni di ordine sistematico, che proprio dall'assenza, nel D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, di espresse regole relative alla pretesa contributiva ed in considerazione della diversa natura delle due obbligazioni, induce a ritenere applicabile alla fattispecie la disciplina generale dell'obbligazione contributiva che non prevede alcun termine di decadenza per l'esercizio dell'azione di accertamento dell'obbligo contributivo, soggetto solo al termine prescrizionale.

8 Questa seconda opzione è preferibile per varie considerazioni.

9 In primo luogo, va considerato che l'obbligazione contributiva non si confonde con l'obbligo retributivo, posto che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha da tempo consolidato il principio secondo il quale il rapporto di lavoro e quello previdenziale, per quanto tra loro connessi, rimangono del tutto diversi (vd., ex multis, Cass. n. 5353 del 2004; Cass. nn. 15979, 6673 del 2003).

10. L'obbligazione contributiva, derivante dalla legge e che fa capo all'INPS, è distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva (Cass. 8662 del 2019), essa (Cass. n. 13650 del 2019) ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (cd. "minimale contributivo").

11. Dunque, può affermarsi che la finalità di finanziamento della gestione assicurativa previdenziale pone una relazione immanente e necessaria tra la "retribuzione" dovuta secondo i parametri della legge previdenziale e la pretesa impositiva dell'ente preposto alla realizzazione della tutela previdenziale.

12. Proprio dalla peculiarità dell'oggetto dell'obbligazione contributiva, che coincide con il concetto di "minimale contributivo" strutturato dalla legge in modo imperativo, discende la considerazione di rilevo sistematico che fa ritenere non coerente con tale assetto l'interpretazione che comporterebbe la possibilità, addirittura prevista implicitamente dalla legge come effetto fisiologico, che alla corresponsione di una retribuzione - a seguito dell'azione tempestivamente proposta dal lavoratore - non possa seguire il soddisfacimento anche dall'obbligo contributivo solo perchè l'ente previdenziale non ha azionato la propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell'appalto.

13. Si spezzerebbe, in altri termini e senza alcuna plausibile ragione logica e giuridica apprezzabile, il nesso stretto tra retribuzione dovuta (in ipotesi addirittura effettivamente erogata) ed adempimento dell'obbligo contributivo, con ciò procurandosi un vulnus nella protezione assicurativa del lavoratore che, invece, l'art. 29 cit. ha voluto potenziare.

14. Si deve, dunque, affermare il principio che "il termine di due anni previsto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, non è applicabile all'azione promossa dagli enti previdenziali, soggetti alla sola prescrizione".

15. Tanto in analogia all'orientamento formatosi nel vigore della L. n. 1369 del 1960.

16. Nel precedente contesto normativo, infatti, questa Corte di cassazione ha avuto modo di affermare che la L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 4 (sul divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro), che poneva il termine di decadenza di un anno dalla cessazione dell'appalto per l'esercizio dei diritti dei prestatori di lavoro, dipendenti da imprese appaltatrici di opere e servizi nei confronti degli imprenditori appaltanti - pur facendo riferimento, oltre che ai diritti al trattamento economico e normativo, anche al diritto di pretendere l'adempimento degli obblighi derivanti dalle leggi previdenziali - limitava l'ambito di efficacia del suddetto termine ai diritti suscettibili di essere fatti valere direttamente dal lavoratore, non potendosi estendere invece l'efficacia dell'anzidetta disposizione legislativa ad un soggetto terzo, quale l'ente previdenziale, i cui diritti scaturenti dal rapporto di lavoro disciplinato dalla legge si sottraggono, pertanto, al predetto termine annuale decadenziale (v., ex multis, Cass. n. 18809 del 2018; Cass. n. 6532 del 2014; Cass. n. 996 del 2007). La solidarietà contributiva nell’appalto. La Corte di cassazione è stata chiamata ad interpretare l’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 nella sua formulazione in vigore tra il 2007 e il 2012: “in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”. Nel caso di specie, INPS aveva ingiunto alla società committente di pagare gli oneri contributivi omessi dalla società appaltatrice e ciò in virtù della responsabilità solidale prevista ex art. 29. L’azione tuttavia veniva radicata oltre il termine biennale di decadenza previsto dalla norma stessa. I giudici di merito, ritenendo applicabile tale termine anche all’ente previdenziale (e non solo al lavoratore), avevano quindi annullato gli avvisi di addebito notificati alla committente, sollevandola dall’obbligazione contributiva.



 
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