Cass Civ Sez Lav n 9941 2004

 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. Sergio      MATTONE      - Presidente -                       
Dott. Paolino     DELL'ANNO    - Consigliere -                      
Dott. Giovanni    PRESTIPINO   - Consigliere -                      
Dott. Giancarlo   D'AGOSTINO   - Rel. Consigliere -                 
Dott. Grazia      CATALDI      - Consigliere -                      
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
P.P. elettivamente domiciliato in ROMA VIA TACITO 23 INT 9, presso lo studio dell'avvocato MICHELE FIGUS DIAZ, che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. GIUSEPPE  CALA',  giusta  procura  speciale  atto notar GIANNI FANCELLO in MACOMER (distretti riuniti di CAGLIARI)  del 17 dicembre 2001, REP. N. 6500;

ricorrente –

contro

ENPACL - ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSITENZA    DEI  CONSULENTI DEL  LAVORO,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore, elettivamente domiciliato in ROMA  VIA  F  CORRIDONI  23,  presso  lo studio dell'avvocato LUDOVICO GRASSI, che lo rappresenta  e  difende, giusta delega in atti;

controricorrente –

avverso la sentenza n.  284/01  della  Sezione  distaccata  di  Corte d'Appello di SASSARI, depositata il 29/10/01 - R.G.N. 23/2001;
udita la relazione della causa  svolta  nella  pubblica  udienza  del 22/12/03 dal Consigliere Dott. Giancarlo D'AGOSTINO;
udito l'Avvocato FIGUS DIAZ;
udito l'Avvocato GRASSI;
udito il P.M. in persona del  Sostituto  Procuratore  Generale  Dott. Federico SORRENTINO che ha concluso per il rigetto del ricorso.     

Svolgimento del processo

Con ricorso del 6 maggio 1998 al giudice del lavoro di Sassari P.P. premesso di essere stato iscritto all'Albo dei Consulenti del Lavoro dal 12 maggio 1965 al 28 dicembre 1993, chiedeva la condanna dell'Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Consulenti del Lavoro (ENPACL) alla corresponsione della pensione di invalidità o di inabilità, avendo l'ente respinto la domanda presentata in sede amministrativa il 24 giugno 1994.
L'ENPACL si costituiva e si opponeva alla domanda osservando che al momento della presentazione della domanda amministrativa il P.P. non era più iscritto all'Albo.
Il Tribunale di Sassari, con sentenza n. 269 del 2000, rigettava la domanda, rilevando che il P.P. non aveva diritto alla pensione di inabilità, difettando il presupposto della iscrizione all'albo al momento della domanda, richiesto dall'art. 4 della legge n. 259/1991; né aveva diritto alla pensione di invalidità, in quanto a norma dell'art. 24 della legge il diritto a tale trattamento spettava solo per gli eventi invalidanti successivi al 31.12.1996.
L'impugnazione proposta dal P.P. veniva respinta dalla Corte di Appello di Sassari con sentenza n. 284 del 2001.
In motivazione la Corte osservava che l'art. 4 della legge n. 259 del 1991 richiedeva l'iscrizione all'Albo al momento della presentazione della domanda di pensione di inabilità, requisito non posseduto dal P.P.; osservava altresì che nella specie non erano più applicabili le diverse disposizioni della legge n. 1110 del 1971, che non subordinavano la prestazione alla iscrizione all'albo al momento della domanda, perché abrogate dalla legge n. 259 del 1991 e riteneva irrilevante la circostanza che le condizioni sanitarie per la concessione della prestazione si fossero maturate quando era ancora in vigore la legge abrogata.
Per la cassazione di tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso con tre motivi. L' ENPACL resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, denunciando omessa e insufficiente motivazione, il ricorrente lamenta in primo luogo che la Corte territoriale ha disatteso l'istanza difensiva volta ad ottenere l'espletamento di una consulenza tecnica medico legale sulle condizioni di salute del P.P. al fine di stabilire il momento di insorgenza della malattia inabilitante, senza motivare tale diniego.
Lamenta in secondo luogo che la Corte ha ritenuto che la domanda di "pensione di invalidità" presentata dal P.P. fosse da considerare quale richiesta di "pensione di inabilità", escludendo immotivatamente la possibilità di accedere ex art. 5 legge 249/1991 alla «pensione di invalidità» per la quale non è richiesto il requisito della iscrizione all'Albo al momento della presentazione della domanda.
Con il secondo motivo, denunciando violazione della legge n. 249 del 1991, il ricorrente lamenta che la Corte ha omesso di verificare se la patologia invalidante fosse insorta prima del 1991 in quanto, se insorta precedentemente, la nuova legge non poteva pregiudicare rapporti giuridici già esauriti e situazioni soggettive compiutamente realizzate sotto il vigore della legge abrogata.
Con il terzo motivo il ricorrente solleva questione di illegittimità costituzionale degli artt. 4 e 24 della legge 5 agosto 1991 n. 249 con riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione e sostiene: a) che l'interpretazione delle norme data dai giudici di merito dell'art. 4 legge n. 249/1991, se confermata dal giudice di legittimità, comporterebbe l'incostituzionalità della norma medesima per manifesta irragionevolezza, in quanto verrebbe negata la dovuta assistenza ad un lavoratore malato e costretto a cancellarsi dall'albo professionale perché non più in condizione di svolgere attività lavorativa; detta norma, inoltre, sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza, determinando una irragionevole disparità di trattamento con i lavoratori che a partire dal 1 gennaio 1997 possono accedere alla pensione di invalidità, di cui al successivo art. 5, in presenza dei soli requisiti contributivi e sanitari, senza la necessità dell'iscrizione all'Albo al momento della domanda; b) che la disposizione di cui all'art. 24 della legge n. 249/1991, laddove concede la pensione di invalidità per i soli eventi che insorgano dopo il 1° gennaio 1996, è parimenti incostituzionale perché del tutto irragionevole, rimettendo la concessione della prestazione alla sussistenza di circostanze imprevedibili e casuali, quale la data di insorgenza della malattia, e lasciando privi di protezione gli assicurati per i quali l'invalidità sia insorta prima di tale data.
I motivi del ricorso, che per la foro connessione è opportuno esaminare congiuntamente, sono infondati.
Giova innanzi tutto rilevare che l'appello proposto dal P.P. come si ricava dalla narrativa della sentenza qui impugnata, ha investito la sentenza del Tribunale nella sola parte in cui il primo giudice ha escluso il diritto alla pensione di inabilità per difetto del requisito di iscrizione all'Albo dei Consulenti del Lavoro al momento della domanda, come previsto dall'art. 4 della legge. Detta impugnazione non è stata invece estesa a quella parte della sentenza di primo grado che ha escluso il diritto alla pensione di invalidità, perché concernente i soli eventi invalidanti insorti successivamente al 1 gennaio 1997, come previsto dal successivo art. 24. Di questo secondo problema a ragione dunque non si occupa la sentenza della Corte di Appello e l'assicurato non ha alcun motivo per lamentarne il mancato esame; la questione, peraltro, non può essere riproposta in questa sede, poiché i motivi del ricorso per cassazione devono investire a pena di inammissibilità solo questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello (Cass. N. 1273 del 2003). Di conseguenza è inammissibile anche la questione di costituzionalità dell'art. 24 della legge n. 249/1991, sollevata con il terzo motivo, perché non più rilevante ai fini della decisione.
Per il resto, la tesi di fondo sostenuta dal ricorrente, secondo cui ai fini della concessione della pensione di inabilità occorre aver riguardo alla legge vigente nel momento in cui si è verificato l'evento invalidante, non è meritevole di accoglimento.
Non si può ragionevolmente sostenere, infatti, che la sola insorgenza dell'evento invalidante "esaurisca" la complessa situazione giuridica dalla quale deriva il diritto alla prestazione previdenziale, essendo questa pur sempre legata alla domanda dell'interessato. Nel vigente sistema previdenziale il diritto alla prestazione è espressamente subordinato, ai fini della validità e della efficacia, all'assolvimento di oneri di comportamento da parte dell'interessato ed in particolare ad un atto di iniziativa dell'assicurato, in mancanza del quale l'ente non può provvedere (c,d. principio della domanda).
Ne consegue che, in ipotesi di successione di leggi nel tempo, come nella specie, deve trovare applicazione la legge vigente al momento della presentazione della domanda, perchè è in questo momento che si perfeziona in tutte le sue componenti (sanitaria, contributiva, assicurativa e procedurale) la complessa fattispecie alla quale è legato il diritto alla prestazione.
Nel caso in esame non è dubbio che il P.P. abbia presentato domanda di pensione il 24 giugno 1994, quando era già in vigore la legge n. 249 del 1991, il cui art. 4 comma 1 lett. A) espressamente richiede che la "domanda sia presentata in costanza di iscrizione all'Albo»; requisito questo non più posseduto dal consulente, cancellato dall'albo a sua richiesta dal 28 dicembre 1993.
Il difetto del suddetto requisito, di per sé sufficiente per il rigetto della domanda di pensione, giustifica implicitamente, pur in mancanza di una espressa motivazione, il mancato espletamento della consulenza tecnica medico legale da parte dei giudici di merito, le cui determinazioni non sono per altro verso censurabili in questa sede.
Peraltro i dubbi di costituzionalità della norma, sollevati dal ricorrente, sono manifestamente infondati. Non hanno fondamento i dubbi relativi alla ragionevolezza della disposizione in esame, posto che le norme che limitano le prestazioni previdenziali trovano la loro giustificazione nel principio secondo cui i sistemi previdenziali dei liberi professionisti sono informati ad autonomia in relazione alle peculiarità di ogni categoria ed alle esigenze di equilibrio finanziario delle relative gestioni (cfr. Corte Cost. n. 404 del 2000, n. 88 del 1995, ord. N. 369 del 1995); né hanno fondamento i dubbi relativi alla violazione del principio di eguaglianza, poiché non sono utilmente raffrontabili come termini di paragone sistemi previdenziali di diverse categorie di liberi professionisti, per le specifiche peculiarità di ciascuna di esse (cfr. le sentenze della Corte Cost. sopra citate), né a maggior ragione sistemi previdenziali non più in vigore.
Per tutte le considerazioni sopra esposte, il ricorso, dunque, deve essere respinto.
Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui all'art. 42 comma 11 del d.l. n. 269 del 2003, convertito con legge n. 326 del 2003, nella specie inapplicabile "ratione temporis".

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese dei giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 22 dicembre 2003

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IN DATA 24 MAG. 2004.
 
 
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