Cassa Consulenti del Lavoro le novità del Regolamento

 
   
 
La Cassa dei Consulenti del Lavoro, come tutte le Casse libero – professionali, a seguito della privatizzazione, si è dotata di un proprio Statuto e di un proprio regolamento d’attuazione; a differenza di altri enti, tuttavia, l’ordinamento previdenziale risulta ancora disciplinato dalla normativa di legge in gran parte trasfusa nel regolamento d’attuazione.

Tra le modifiche regolamentari del regime previdenziale introdotte dalla Cassa dei Consulenti del Lavoro, deve essere sottolineata, nell’ambito delle prestazioni previdenziali, la diminuzione dell’aliquota per il calcolo della seconda quota della pensione (quella liquidata in misura percentuale sul complesso della contribuzione integrativa versata) nonché di quella per il calcolo del supplemento di pensione da applicare sulla contribuzione soggettiva e sulla contribuzione integrativa versate successivamente al pensionamento.

Le suddette aliquote sono, ai sensi del Regolamento d'’attuazione dello Statuto fissate nella misura dell’8% (cfr. art. 5 del Regolamento d’attuazione) , mentre nella Legge era prevista l’aliquota del 10% per il calcolo della pensione base e quella del 12% per il calcolo del supplemento (cfr. art. 2 della L. n. 249/1991).

Per quanto specificamente attiene alla disciplina del supplemento pensionistico, si passa da una periodicità di maturazione biennale ad una periodicità triennale.
Sempre sul fronte delle prestazioni, è stata modificata la disciplina dell’accesso alla pensione d’anzianità che, in particolare, con 40 anni di anzianità contributiva non richiede più la previa cancellazione dall’Albo professionale e consente la successiva maturazione di supplementi pensionistici.
Merita sottolinearsi, tra le innovazioni normative apportate per via regolamentare dalla Cassa dei Consulenti del Lavoro, l’introduzione della facoltà del riscatto del periodo del servizio militare e di quello legale per il conseguimento della laurea mediante il versamento della relativa riserva matematica, nonché della facoltà di proseguire volontariamente il versamento dei contributi per il professionista che possa vantare dieci anni di iscrizione e contribuzione o tre anni di contribuzione nel quinquennio precedente la domanda (cfr. art. 40 del Regolamento d’attuazione dello Statuto).
Il minimo di pensione, pur avendo la propria fonte legale nell’art. 7 della L. n. 544/1988, trova la sua disciplina specifica negli artt. 24 e ss. del Regolamento d’attuazione dello Statuto.
Tra le significative novità normative del Regolamento d’attuazione, deve rilevarsi la clausola di cui all’art. 3 a mente della quale, in caso di ritardo nella presentazione della domanda di pensione di vecchiaia o di quella in favore dei superstiti da parte del consulente del lavoro, gli arretrati vengono corrisposti per un massimo di due annualità e senza interessi (cfr. art. 3 del Regolamento d’attuazione).
Iniziando il commento proprio da quest’ultima previsione normativa, deve sottolinearsi come la stessa non sembri del tutto in linea con il principio, più volte reiterato dalla Suprema Corte di Cassazione (da ultimo con la sentenza della Sezione Lavoro n. 16388/2004) secondo cui il termine prescrizionale applicabile a ratei di pensione non ancora liquidati è quello ordinario decennale anche laddove la pensione, pur non essendo stata liquidata, è di pronta e facile liquidazione.
Per quanto, invece, riguarda le modificazioni apportate alla disciplina delle prestazioni, le medesime devono essere valutate soprattutto sotto il profilo applicativo in quanto, pur rientrando tra i poteri dell’ente quello di modificare aliquote pensionistiche e criteri di determinazione del trattamento ai sensi dell’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95 e pur rappresentando la modificazione delle aliquote un provvedimento, di per sè legittimo, è richiesta dalla legge una gradualità applicativa che si sostanzia nel necessario rispetto del pro rata.
In sostanza l’ente dovrà applicare, sulla contribuzione versata sino alla data dell’introduzione della nuova aliquota unica dell’8% le precedenti aliquote del 10% per la pensione base e del 12% per il supplemento.
Al riguardo, giova rammentare come, con numerosi recenti interventi, la Suprema Corte di Cassazione abbia ritenuto di delimitare la potestà normativa degli enti privatizzati, sostanzialmente confinandola nell’ambito normativo di cui all’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95 a mente del quale gli enti, nell’esercizio dell’autonomia normativa e in esito alle risultanze bilancistiche, possono esclusivamente adottare provvedimenti di riparametrazione delle aliquote contributive, di modifica dei criteri di determinazione dei trattamenti e dei loro coefficienti di rendimento oppure adottare integralmente il sistema contributivo, nel rispetto del pro rata con riferimento alle anzianità contributive già maturate.
E’ stato altresì precisato che l’elencazione dei provvedimenti di cui al menzionato art. 3 comma 12 della L. n. 335/95 è tassativa (Cass. Civ. Sez. lav. n. 22240/2004 li definisce un “numerus clausus”) e che non è ammissibile una modificazione dei requisiti d’accesso ai trattamenti pensionistici essendo unicamente consentita una modificazione dei criteri di determinazione degli stessi.
Sotto quest’ultimo profilo, qualche dubbio di legittimità suscita la modificazione della periodicità di maturazione dei supplementi di pensione, che passano da biennali a triennali, che sembra incidere, in contrasto con i principi recentemente espressi dalla Suprema Corte di Cassazione, illegittimamente sui requisiti d’accesso alla pensione – anche se, nella specie, si tratta dell’accesso ad una componente aggiuntiva della medesima (si vedano in tal senso Cass. Civ. Sez. Lav. nn. 7010/05 e 16650/05).

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