La domanda d'indennità di maternità nota alla sentenza n 24705 07 della Suprema Corte

 

La domanda dell'indennità di maternità dovuta alle libero professioniste a mente degli artt. 70 e ss. del D.Lgs. n. 151/2001, deve essere inoltrata entro il termine perentorio di 180 giorni dal parto.
Stabilisce, infatti, l'art. 71 che: "l'indennità di cui all'articolo 70 è corrisposta, indipendentemente dall'effettiva astensione dall'attività, dal competente ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi professionisti, a seguito di apposita domanda presentata dall'interessata a partire dal compimento del sesto mese di gravidanza ed entro il termine perentorio di centottanta giorni dal parto".
Con riferimento al termine di decadenza per la presentazione della domanda d'indennità di maternità, si pongono problemi in relazione alla retroazione della decorrenza dell'iscrizione alle casse previdenziali libero professionali ed alla conseguente possibilità di una rimessione in termini per la presentazione della domanda di indennità di maternità stessa qualora, alla data di decorrenza dell'iscrizione, non sia ancora scaduto il termine di cui all'art. 71 del D.Lgs. n. 151/2001.
Negli ordinamenti previdenziali dei liberi professionisti, infatti, l'iscrizione avviene, al ricorrere delle condizioni di legge, su domanda del professionsita o d'ufficio e, di norma, con decorrenza dal 1° gennaio dell'anno in cui si sono verificate tali condizioni.
In tal senso, la domanda di iscrizione non ha valore costitutivo del rapporto previdenziale essendo, di norma, un obbligo posto a carico del professionista ed assistito da sanzioni inidoneo, di per sè, a determinare la costituzione e la decorrenza del rapporto assicurativo con l'ente di previdenza.
Con la sentenza n. 24705 del 2007, la Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di affrontare la questione degli effetti della retroazione dell'iscrizione sui termini per la presentazione della domanda d'indennità di maternità nell'ambito dell'ordinamento previdenziale forense.
"Nella sentenza qui impugnata il Tribunale ritiene che l'iscrizione tardiva e retroattiva alla Cassa di previdenza rimetta in termine l'assicurato per l'esercizio di diritti soggettivi estinti per decadenza. Questa tesi, che potrebbe avere una plausibilità nei casi in cui il titolare del diritto sia incorso nelal decadenza per causa a lui non imputabile ossia sottratta alla sua sfera di controllabilità (in tal senso è la più recente giurisprudenza costituzionale in materia di decadenza da situazioni soggettive processuali per tardiva notifica di atti), è certamente priva di fondamento alla stregua del più volte citato art. 22 L. n. 576 del 1980, che configura la mancata domanda di iscrizione alla cassa, in presenza dei requisiti, come inadempimento di un obbligo e non semplicemente come omesso assolvimento di un onere....".
La Suprema Corte ha, dunque, risolto in modo chiaro il problema nel caso in cui la mancata iscrizione all'ente di previdenza sia imputabile alla libera professionista.
In tal caso, infatti, non opererà alcuna rimessione in termini con riferimento alla domanda d'indennità di maternità il cui diritto risulterà irrimediabilmente compresso ove, alla data di presentazione della domanda (o dell'iscrizione d'ufficio), sia già spirato il termine di 180 giorni di cui all'art. 71 del D.Lgs. n. 151/2001.
Incidentalmente, tuttavia, la Suprema Corte afferma che la soluzione avrebbe potuto essere diversa ove l'omessa presentazione della domanda di iscrizione fosse dipesa da cause non imputabili alla libera professionista.
In tal caso, sembrerebbe d'intuire, la rimessione avrebbe potuto operare e la domanda di indennità di maternità sarebbe stata sottratta alla causa di decadenza di cui all'art. 71 del D.Lgs. n. 151/2001 ove, alla data di decorrenza dell'iscrizione, non fosse ancora spirato il termine di 180 giorni dal parto.

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