La restituzione dei contributi tra passato e presente

 
 
 
L’istituto del rimborso dei contributi è previsto nell’ambito dei sistemi previdenziali dei liberi professionisti in caso di cancellazione dall’ente senza diritto a pensione e, nella maggior parte delle ipotesi (si vedano gli artt. 20 L. n. 6/1981 – Ingegneri e Architetti; l’art. 6 L. n. 236/90 – Geometri; l’art. 23 L. n. 414/1991 – Ragionieri; l’art. 21L. n. 24/1991 – Consulenti del lavoro; art. 23 L. n. 136/1991 – Veterinari), subordinatamente al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età.
La Cassa Commercialisti e la Cassa Avvocati (che, tuttavia, ha introdotto di recente, mediante regolamento, una modifica normativa che preclude la restituzione dei contributi – sulla possibile eccedenza del menzionato regolamento dai limiti della potestà normativa degli enti previdenziali privatizzati si vedano, tuttavia, le sentenze nn. 22240/04 7010/2005 e 17783/05 della Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro) prevedono la restituzione della contribuzione soggettiva in caso di cancellazione dall’ente senza diritto a pensione a prescindere dal compimento del sessantacinquesimo anno d’età.
La restituzione può essere, di norma, chiesta anche dagli eredi ( di norma, però, solo coniuge e figli) dell’iscritto che non abbiano diritto alla pensione indiretta (per ENPACL, tuttavia, soltanto a condizione che il de cuius sia deceduto mentre era ancora iscritto all’ente di previdenza).
La restituzione dei contributi può avvenire soltanto su domanda degli aventi diritto ed è suscettibile di estinguersi per prescrizione.
La contribuzione oggetto di restituzione è soltanto quella soggettiva, con esclusione di eventuali sanzioni e accessori connessi al tardivo versamento dei contributi, alla tardiva iscrizione o al tardivo invio delle dichiarazioni reddituali, con esclusione, altresì, degli eventuali aggi pagati all’esattoria in ordine alle somme riscosse dagli enti a mezzo ruolo e, soprattutto, con esclusione della contribuzione integrativa (per l’esatta individuazione dei contributi oggetto di restituzione si vedano: Cass. Civ. Sez. Lav. n. 5098/2003 che, nei riguardi di cassa Forense ha sancito l’obbligatorietà della restituzione del c.d. contributo di solidarietà e, cioè, del contributo versato nella misura del 3% sulla quota di redditi non utilizzabile ai fini del computo della pensione; Cass. Civ. Sez. Lav. n. 10190/2002 che ha precisato come non siano oggetto di restituzione sanzioni e accessori dovuti per inadempienze connesse all’obbligazione contributiva e Cass. Civ. Sez. Lav. n. 10458/98 che ha escluso la restituzione di contribuzione integrativa e degli aggi).
La restituzione dei contributi soggettivi preclude la possibilità di effettuare la ricongiunzione o la totalizzazione dei periodi assicurativi.
D’altra parte, per converso, la ricongiunzione (cfr. l’art. 8 della L. n. 45/90) preclude la possibilità di chiedere successivamente la restituzione dei contributi ricongiunti e di quelli direttamente versati all’ente di previdenza (per la legittimità di quest’ultima norma si è di recente pronunciata la Corte Costituzionale con sentenza n. 439/2005).
L’istituto del rimborso dei contributi rappresenta, nell’ambito del diritto previdenziale, specie in ordinamenti di tipo solidaristico, un’eccezione rispetto alla generale regola dell’irripetibilità dei contributi legittimamente versati all’ente di previdenza (si vedano, in tal senso, Cass. Civ. Sez. Lav. n. 10649/1990; Cass. Civ. Sez. Lav. n. 13382/2001; Corte Cost. n. 404/2000 e Corte Cost. n. 439/2005) e, tuttavia, ne è stata affermata la legittimità costituzionale e la coerenza con la natura solidaristica del sistema (cfr. Corte Cost. n. 132/1984).
La disciplina della restituzione dei contributi, come sinteticamente ripercorsa, è stata profondamente modificata da recenti interventi normativi delle Casse.
Con recente deliberazione del Comitato dei Delegati l’Inarcassa ha innovato (anche se sarebbe meglio dire eliminato) l’istituto della restituzione dei contributi previsto dall’art. 40 dello Statuto e dall’art. 20 della L. n. 6/81.
La previgente normativa, infatti, consentiva all’iscritto che avesse compiuto il 65° anno d’età e che si fosse cancellato dalla Cassa senza aver maturato il diritto a pensione di conseguire la restituzione di tutti i contributi soggettivi (sia della quota di essi utile a fini pensionistici – 10% - sia dell’ulteriore quota versata nella misura percentuale del 3% ed inutile a fini previdenziali).
Il diritto alla restituzione dei predetti contributi era, peraltro, estesa anche ai superstiti dell’iscritto deceduto non aventi titolo alla pensione indiretta.
Il nuovo art. 40 dello Statuto, in luogo della restituzione dei contributi relativamente alla quale è prevista una disciplina transitoria, prevede che, al compimento del 65° anno d’età, coloro che possano vantare un’anzianità assicurativa di almeno cinque anni ma che non possiedano i requisiti per l’accesso alle ordinarie forme di pensionamento erogate dalla Cassa, abbiano diritto, su richiesta, a ricevere una prestazione previdenziale contributiva, reversibile ai superstiti, calcolata esclusivamente con riferimento alla contribuzione pagata sulla prima fascia reddituale (peraltro presa in considerazione nella misura del 95%).
Successivamente alla predetta forma di pensionamento è possibile conseguire prestazioni supplementari per ogni quinquennio di ulteriore esercizio professionale con le modalità sopra descritte.
Conseguentemente alle modificazioni introdotte il contributo del 3% non potrà più essere utilizzato a fini pensionistici né essere oggetto d’istanza restitutoria e tutta la contribuzione soggettiva (non solo quella c.d. di “solidarietà”) sarà definitivamente acquisita dall’ente di previdenza ove riferita ad anzianità assicurative inferiori ai cinque anni.
Analogamente il nuovo regolamento di previdenza di Cassa Geometri prevede, nel caso in cui il professionista, al compimento del sessantacinquesimo anno d’età, non abbia il requisito contributivo per la pensione di vecchiaia e, tuttavia, abbia maturato un’anzianità contributiva almeno decennale e non abbia richiesto nè la totalizzazione né la ricongiunzione, la corresponsione di una pensione con il sistema contributivo con riferimento alla sola contribuzione soggettiva.
La legge prevedeva (art. 6 L. n. 246/1990), in favore dei professionisti che, al compimento del sessantacinquesimo anno d’età, non avessero maturato il diritto a pensione, la possibilità di richiedere la restituzione dei contributi soggettivi versati.
Tale facoltà, a mente dell’art. 33.6 del Regolamento, dovrebbe ritenersi implicitamente abrogata.
L’art. 4 del Regolamento di Previdenza degli Avvocati dispone che i contributi versati legittimamente alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense non sono restituibili all'iscritto o ai suoi aventi causa e restano sempre acquisiti alla Cassa relativamente ad anzianità assicurative inferiori ai cinque anni.
L’assicurato che cessi dall’iscrizione senza aver maturato il diritto a pensione e che possa vantare un’anzianità compresa tra i 5 e i 30 anni, potrà, al compimento del 65° anno, chiedere la liquidazione di una pensione con il sistema contributivo di cui alla L. n. 335/95, calcolata, peraltro, esclusivamente con riferimento ai contributi pagati sulla prima fascia di reddito e nella misura percentuale del 10%.
Esclusivamente con riferimento ai contributi pagati sulla prima fascia di reddito e nella misura percentuale del 10% potranno chiedere il rimborso della contribuzione versata dall’iscritto deceduto senza aver maturato il diritto a pensione, gli eredi non aventi titolo alla pensione indiretta e soltanto a condizione che il de cuius potesse vantare 5 anni d’anzianità assicurativa.
Anche la Cassa Ragionieri ha eliminato l'istituto della restituzione dei contributi nell'ambito della complessiva riforma contributiva del previgente sistema previdenziale.
Resta da valutare se le modifiche normative introdotte non abbiano ecceduto i limiti della potestà normativa riconosciuta alle Casse, nella loro qualità di enti privatizzati.
Con numerosi recenti interventi, infatti, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto di delimitare la potestà normativa degli enti privatizzati, sostanzialmente confinandola nell’ambito normativo di cui all’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95 a mente del quale gli enti, nell’esercizio dell’autonomia normativa e in esito alle risultanze bilancistiche, possono esclusivamente adottare provvedimenti di riparametrazione delle aliquote contributive, di modifica dei criteri di determinazione dei trattamenti e dei loro coefficienti di rendimento oppure adottare integralmente il sistema contributivo, nel rispetto del pro rata con riferimento alle anzianità contributive già maturate.
E’ stato altresì precisato che l’elencazione dei provvedimenti di cui al menzionato art. 3 comma 12 della L. n. 335/95 è tassativa (Cass. Civ. Sez. lav. n. 22240/2004 li definisce un “numerus clausus”) e che non è ammissibile una modificazione dei requisiti d’accesso ai trattamenti pensionistici essendo unicamente consentita una modificazione dei criteri di determinazione degli stessi.
Sembra evidente che le modificazioni regolamentari introdotte (salvo forse quella della Cassa Ragionieri giustificabile all'interno della complessiva Riforma del sistema attuata nell'esercizio dell'opzione per il contributivo) non rientrano tra quelle consentite dall’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95, sicchè, ove dovesse consolidarsi l’orientamento giurisprudenziale restrittivo in ordine ai poteri normativi degli enti previdenziali privatizzati, non pare difficile ipotizzare la futura disapplicazione giudiziale delle menzionate norme regolamentari.
Alcune delle normative di legge richiamate – Cassa Ragionieri, Cassa Commercialisti, Enpav (Cassa Avvocati, giusta la recente modifica regolamentare non più) prevedono, poi, la possibilità, in caso di nuova iscrizione, all’ente di previdenza di ripristinare il pregresso periodo di iscrizione restituendo alla Cassa i contributi rimborsati maggiorati della rivalutazione e dell’interesse (del 10 o del 5%) dalla data della cancellazione alla data della reiscrizione.
Si è posta la questione del termine per esercitare il diritto al ripristino e, in particolare, se debba necessariamente sussistere coincidenza tra la reiscrizione e l’opzione del ripristino.
In effetti la norma che prevede la rivalutazione della contribuzione da restituire all’ente di previdenza dalla data della cancellazione sino alla data della reiscrizione sembrerebbe presupporre la necessaria coincidenza dei due momenti.
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