restituzione contributi avvocati addio

restituzione dei contributi nella previdenza forense - nuova sentenza della Suprema Corte
 
La sentenza n 12209 del 6 giugno 2011, in una controversia insorta tra un avvocato le cassa forense, allineandosi ad una precedente pronuncia del 2009 (Cass Civ Sez lav n 24202/09), ha ritenuto la legittimità della delibera regolamentare con la quale la cassa forense ha abrogato la norma di cui all'art. 21 della L. n. 576 del 1980 che contemplava la facoltà di ottenere la restituzione dei contributi soggettivi versati in caso di cancellazione dalla cassa in difetto dei requisiti per il diritto alla pensione di vecchiaia.
Secondo l'orientamento dei giudici di legittimità, l'eliminazione della facoltà di conseguire la restituzione dei contributi soggettivi va posta in correlazione con l'introduzione della pensione contributiva in favore degli avvocati che non abbiano il requisito minimo per l'ordinaria pensione di vecchiaia.
Come già osservato in altra sede, tuttavia, pur se in linea generale può condividersi l'assunto secondo cui il sistema contributivo di calcolo della pensione esclude, di per sè, la possibilità di domandare la restituzione dei contributi soggettivi, non pare tuttavia che la Cassa Forense abbia realmente optato per il sistema copntributivo definito "ai sensi della presente legge", così come stabilisce l'art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995. In particolare, nel complesso sistema previdenziale che la Cassa ha recentemente profondamente innovato, il sistema contributivo convive con il sistema retributivo ed è alternativo ed esclusivo rispetto ad esso, mentre, nel sistema pubblico, la pensione retributiva si abbina, in pro quota, con la pensione contributiva e, a regime, è destinata ad essere soppiantata dalla seconda.
Ma se la logica dell'abrogazione della norma di cui all'art. 21 della L. n. 586 del 1980 può essere colta in presenza di una forma di tutela previdenziale atta a valorizzare la contribuzione versata, non si comprende su quali basi possa essere stata legittimamente preclusa detta facoltà a coloro che, avendo maturato meno di cinque anni di contributi, neppure la pensione contributiva possono conseguire.


                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                  
                           SEZIONE LAVORO                           
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. FOGLIA    Raffaele                          -  Presidente   - 
Dott. DE RENZIS Alessandro                        -  Consigliere  - 
Dott. BANDINI   Gianfranco                   -  rel. Consigliere  - 
Dott. ARIENZO   Rosa                              -  Consigliere  - 
Dott. MANCINO   Rossana                           -  Consigliere  - 
ha pronunciato la seguente:                                         
                     sentenza                                       
sul ricorso 20226/2009 proposto da:
CASSA  NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA FORENSE, in persona  del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA  GEROLAMO BELLONI 88, presso lo studio dell'avvocato  PROSPERETTI
GIULIO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
                                                       - ricorrente -
                               contro
             G.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO
146, presso lo studio dell'avvocato LONGO TOMMASO, che lo rappresenta
e difende, giusta delega in atti;
                                                 - controricorrente -
avverso  la  sentenza n. 464/2009 della CORTE D'APPELLO  di  SALERNO,
depositata il 27/05/2009 R.G.N. 1087/08;
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del
20/04/2011 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;
udito l'Avvocato PROSPERETTI GIULIO; udito l'Avvocato LONGO TOMMASO;
udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott.
SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
                

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.D., avvocato iscrittosi all'Albo ed alla rispettiva Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense (qui di seguito, per brevità, indicata anche come Cassa) nel 1992, all'età di anni 72, si cancellò con decorrenza dal 23.12.2004, nel suo 86 anno, chiedendo alla Cassa la restituzione dei contributi versati ai sensi della L. n. 576 del 1980, art. 21; l'istanza venne respinta sul presupposto che la Cassa, nel frattempo privatizzata, aveva modificato l'art. 4 del suo Regolamento, disponendo la non restituibilità dei contributi versatile.
Promosso il giudizio da parte del G. per la restituzione dei contributi, anche, eventualmente, per ingiustificato arricchimento, il Tribunale di Salerno condannò la Cassa alfa restituzione dei contributi versati sino al 31.12.1995.
La Corte d'Appello di Salerno, con sentenza del 27.5 - 24.6.2009, accogliendo per quanto di ragione l'impugnazione proposta dal G., condannò la Cassa alla restituzione dei contributi versati dal professionista fino al 30.11.2004, data dell'entrata in vigore della norma regolamentare modificativa, sul rilievo che la modifica in questione, se ritenuta efficace anche per il periodo pregresso, avrebbe inciso su diritti quesiti, avendo giustificatamente il professionista confidato nella restituzione dei contributi in parola, atteso che il versamento contributivo obbligatorio era avvenuto nella consapevolezza di poterne solo ottenere la restituzione con gli interessi e non già, per il tempo occorrente e la tarda età, il conseguimento di un trattamento pensionistico. Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo e illustrato con memoria.
L'intimato G.D. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.


MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo la ricorrente denuncia violazione di legge (L. n. 335 del 1995, art. 3, e L. n. 576 del 1980, art. 21), nonchè vizio di motivazione, deducendo che il mutamento dei regimi previdenziali non può essere retroattivo solo allorchè siano maturate le situazioni che danno diritto al trattamento pensionistico e che, nella specie, a favore del professionista non sussisteva un diritto quesito, ma solo una mera aspettativa, in considerazione del fatto che la restituzione dei contributi era stata richiesta allorchè era già in vigore la nuova disciplina, contemplante la non restituzione dei contributi e il diritto alla neoistituita pensione contributiva.
2. La questione all'esame è già stata oggetto di disamina da parte della giurisprudenza di questa Corte, che ha enunciato al riguardo il principio secondo cui, in materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati, nell'esercizio della propria autonomia, che li abilita a derogare od abrogare disposizioni di legge in funzione dell'obbiettivo di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni, possono adottare misure prevedenti, fermo restando il sistema retributivo di calcolo della pensione, la facoltà di optare per il sistema contributivo a condizioni di maggior favore per gli iscritti, stabilendo, al contempo, la non restituibilità dei contributi legittimamente versati, con abrogazione della precedente disposizione di cui alla L. n. 570 del 1980, art. 21, nel rispetto dei limiti dell'autonomia degli enti (quali la previsione tassativa dei tipi di provvedimento che gli enti sono abilitati ad adottare ed il principio del prò rata), senza che ne consegua (a lesione di diritti quesiti o di legittime aspettative o dell'affidamento nella certezza del diritto e nella sicurezza giuridica (cfr, Cass., n. 24202/2009). Al riguardo è stato infatti osservato che è coerente con la facoltà di optare per il sistema contributivo (in quanto comportante un palese ampliamento dell'area di utilizzabilità a fini pensionistici dei contributi versati legittimamente alla Cassa) la contestuale previsione (art. 4, comma 1, del regolamento della Cassa) della non restituibilità dei contributi medesimi; pertanto, al pari della opzione per il contributivo, la previsione della non restituibilità dei contributi risulta rispettosa dei limiti dell'autonomia degli enti previdenziali privatizzati e, come tale, idonea ad abrogare tacitamente la contraria previsione (di cui alla L. n. 570 del 1980, art. 21) del diritto alla restituzione dei contributi non utilizzabili a fini pensionistici. Nè può derivarne la lesione di diritti quesiti (presupponente la loro maturazione prima del provvedimento ablativo), ovvero di legittime aspettative o dell'affidamento nella certezza del diritto e nella sicurezza giuridica, posto che la previsione della non restituibilità dei contributi legittimamente versati risulta coerente, da un lato, con la regola generale e, dall'altro, con la previsione contestuale della facoltà di optare, a condizioni di maggior favore, per il sistema contributivo di calcolo della pensione.
Il Collegio condivide il testè ricordato orientamento, dal quale non ravvisa ragioni per discostarsi.
Il motivo di ricorso risulta dunque fondato.
3. In definitiva il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata.
Non essendosi la Corte territoriale pronunciata sulla domanda subordinata di ingiustificato arricchimento, rimasta assorbita, va disposto il rinvio al Giudice indicato in dispositivo, che giudicherà conformandosi al suindicato principio di diritto e provvederà altresì sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Potenza.
Così deciso in Roma, il 20 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2011

RICHIEDI CONSULENZA