Art 23 Cost

Articolo 23 della Costituzione annotato con la giurisprudenza della Corte Costituzionale, la riserva di legge in materia di imposte e tasse
 
ART 23 Cost

[I] Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.

Corte Costituzionale 23 febbraio 2012 n. 32


È costituzionalmente illegittimo l'art. 16 l. reg. Abruzzo 10 gennaio 2011 n. 1. Tale disposizione, attribuendo alla Giunta regionale il potere di predisporre un provvedimento legislativo per la revisione complessiva delle tasse, dei canoni e delle imposte regionali, sottintende la possibilità d'incremento dei predetti tributi, e contravviene quindi, in violazione dell'art. 117, comma 2, lett. e), cost., al principio (confermato dall'art. 2 l. 5 maggio 2009 n. 42) secondo cui è vietato alle regioni istituire e disciplinare tributi propri con gli stessi presupposti dei tributi dello Stato ovvero legiferare sui tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali; la medesima disposizione, inoltre, prevedendo, in caso di inadempienza da parte della Giunta, un adeguamento su base Istat, lede la competenza esclusiva statale in materia tributaria, come pure la riserva di legge ex art. 23 cost., intermediata dalle previsioni dello statuto dei diritti del contribuente sulla chiarezza e trasparenza delle disposizioni fiscali (art. 2 l. n. 212 del 2000) (sentt. n.102 del 2008, 123 del 2010).

Corte Costituzionale 16 febbraio 2012 n. 22


È costituzionalmente illegittimo l'art. 2, comma 2 quater , del d.l.29 dicembre 2010, n. 225, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2011, n. 10, nella parte in cui introduce il commi 5 quater nell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, secondo cui "il Presidente della regione interessata" è autorizzato a deliberare gli aumenti fiscali ivi previsti, in quanto detta disposizione contrasta con l'art. 23 cost., violando la riserva di legge in materia tributaria, e con l'art. 123 cost., poiché lede l'autonomia statutaria regionale nell'individuare con norma statale l'organo della Regione titolare di determinate funzioni. Sono assorbiti gli altri profili di illegittimità costituzionale prospettati dalle regioni ricorrenti. - In tema di violazione dell'autonomia statutaria regionale, v. citate sentenze n. 201 del 2008, n. 387 del 2007).


Corte Costituzionale 07 aprile 2011 n. 115



La Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 54, comma 4, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267, nella parte in cui comprende la locuzione ", anche" prima delle parole "contingibili e urgenti". La norma censurata, nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci, quali ufficiali del Governo, non limitato ai casi contingibili e urgenti, viola la riserva di legge relativa, di cui all'art. 23 cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati. Questi ultimi sono tenuti, secondo un principio supremo dello Stato di diritto, a sottostare soltanto agli obblighi di fare, di non fare o di dare previsti in via generale dalla legge. Si deve rilevare altresì la violazione dell'art. 97 cost., che istituisce anchhesso una riserva di legge relativa, allo scopo di assicurare l'imparzialità della p.a., la quale può soltanto dare attuazione, anche con determinazioni normative ulteriori, a quanto in via generale è previsto dalla legge. L'assenza di una valida base legislativa, riscontrabile nel potere conferito ai sindaci dalla norma censurata, così come incide negativamente sulla garanzia di imparzialità della p.a., "a fortiori" lede il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, giacché gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci.


Corte costituzionale 14 giugno 2007 n. 190


È costituzionalmente illegittimo l'art. 2 lett. e) l. 7 luglio 1901 n. 306, quale sostituito dall'art. 52 comma 23 l. 27 dicembre 2002 n. 289, nella parte in cui prevede che la misura del contributo obbligatorio di tutti i sanitari iscritti agli ordini professionali italiani è stabilita dal consiglio di amministrazione della Fondazione Opera Nazionale Assistenza Orfani Sanitari Italiani, con regolamenti soggetti ad approvazione dei ministeri vigilanti. Premesso che a tali contributi, in quanto determinati con atto unilaterale alla cui adozione non concorre la volontà del privato, va attribuita la natura di prestazioni patrimoniali obbligatoriamente imposte, come tali soggette alla garanzia dettata dall'art. 23 cost., e premesso che tale parametro configura una riserva di legge di carattere "relativo", che deve ritenersi rispettata anche in assenza di una espressa indicazione legislativa dei criteri, limiti e controlli sufficienti a delimitare l'ambito di discrezionalità dell'amministrazione purché la concreta entità della prestazione imposta sia chiaramente desumibile dagli interventi legislativi che riguardano l'attività dell'amministrazione, la disciplina censurata non risponde a detti requisiti, in quanto si limita a confermare l'obbligatorietà del contributo, senza offrire alcun elemento, neanche indiretto, idoneo ad individuare criteri adeguati alla concreta quantificazione e distribuzione degli oneri. Resta assorbito llulteriore censura i violazione dell'art. 3 cost.


Corte costituzionale 28 dicembre 2001 n. 435



È costituzionalmente illegittima la disposizione dell'art. 7, comma 2, l. reg. Puglia 20 luglio 1984 n. 36 (Norme concernenti l'igiene e sanità pubblica ed il servizio farmaceutico), in relazione all'art. 23 cost., nella parte in cui prevede l'attribuzione alla giunta regionale del potere di fissare le tariffe dei c.d. diritti sanitari dovuti alle aziende sanitarie per le prestazioni, gli accertamenti e le indagini effettuate per conto e nell'interesse di terzi richiedenti, in quanto non predetermina criteri, limiti e controlli idonei a delimitare l'ambito della discrezionalità dell'amministrazione nella determinazione della misura dei medesimi diritti aventi natura di prestazioni patrimoniali imposte.
 
 
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