Mobilità scuola pronunce oscillanti sul servizio svolto nelle paritarie

Mobilità scuola pronunce oscillanti sul servizio svolto nelle paritarie

La disciplina del punteggio riconoscibile ai fini della mobilità  è contenuta nel CCNI sottoscritto l’8 aprile 2016, concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per l’a.s. 2016/2017, i cui contenuti cono stati poi trasposti dell’O.M. n. 241 dell’8 aprile 2016.

La mobilità del personale docente per l’a.s. 2017/2018 è, invece, disciplinata, dal CCNI dell’11 aprile 2017, le cui previsioni sono state trasposte nell’O.M. n. 221 del 12 aprile 2017.

Entrambi i CCNI, per  quanto qui rileva,  prevedono che,  ai fini dei trasferimenti, “il servizio prestato nelle scuole paritarie non è valutabile in quanto non riconoscibile ai fini della ricostruzione di carriera”.

Il CCNI 2016 aggiunge poi che “è fatto salvo il riconoscimento del servizio prestato fino al 31.8.2008 nelle scuole paritarie primarie che abbiano mantenuto lo status di parificate congiuntamente a quello di paritarie e del servizio comunque prestato nelle scuole paritarie dell'infanzia comunali”.

Il CCNI 2017 aggiunge, a sua volta, che “è  fatto salvo il riconoscimento del servizio prestato: a) fino al 31.8.2008 nelle scuole paritarie primarie che abbiano mantenuto lo status di parificate congiuntamente a quello di paritarie; b) nelle scuole paritarie dell'infanzia comunali; c) nelle scuole secondarie pareggiate (art. 360 del T.U.)”.

La mancata considerazione, quale titolo per il conseguimento di punti, del servizio di insegnamento svolto in istituti paritari a decorrere dall’anno scolastico 2008/2009 ha ingenerato un vasto contenzioso che non sta ricevendo omogenee risposte nella giurisprudenza di merito che risulta ancora divisa tra un orientamento, favorevole ai docenti, che fa leva sulla generale equiparazione del servizio di insegnamento presso le scuole paritarie per inferirne l’illegittimità delle disposizioni negoziali e la conseguente sostituzione della clausola nulla con altra conforme a legge (che preveda la computabilità del servizio svolto nelle scuole paritarie – cfr. ordinanza del Tribunale di Palermo) e un orientamento, sfavorevole ai docenti, che, invece, fa leva sulla mancanza di disposizioni normative che, in via diretta, stabiliscano il diritto al computo del punteggio per il servizio a tempo determinato svolto presso istituti paritari, ai fini della mobilità e sulla non suscettibilità di applicazione enalogica della norma che ebbe a prevedere, nell’ambito delle GAE, l’analogo valore, ai fini del punteggio, del servizio di insegnamento prestato presso la scuola pubblica e presso gli istituti paritari.

 

Tribunale di Palermo ord. 5 luglio 2017 est. Marino

 

Al fine di stilare la relativa graduatoria per la mobilità e individuare gli aventi diritto al richiesto trasferimento interprovinciale in base ai posti concretamente disponibili, al suddetto CCNI dell’8/4/16 è stata allegata la “TABELLA DI VALUTAZIONE DEI TITOLI AI FINI DEI TRASFERIMENTI A DOMANDA E D’UFFICIO DEL PERSONALE DOCENTE” che al punto I (“Anzianità di servizio”), lett.B), prevede “per ogni anno di servizio pre-ruolo” l’attribuzione di “Punti 3”;  che, tuttavia, in seno alle “NOTE COMUNI” riportate in calce alla suddetta tabella di CCNI, è stato disposto che: “Il servizio prestato nelle scuole paritarie non è valutabile in quanto non riconoscibile ai fini della ricostruzione di carriera”.

Proprio a causa della suddetta previsione di CCNI, la parte ricorrente ha perso  ben 33 punti nella graduatoria per la mobilità, lamentando il mancato trasferimento in uno dei posti indicati con priorità nella domanda di mobilità per l’a.s. 2016/17 (in atti). Ella ha altresì dedotto di avere diritto alla valutazione di detti servizi anche ai fini della ricostruzione della carriera e della determinazione della classe stipendiale spettante.

            Il ricorso appare fondato.

            Ed invero, come già ritenuto in sede cautelare da diversi Tribunali (cfr. ordinanza del Tribunale di Caltagirone del 11.07.2016  in proc. n. 525/2016, ordinanza del Tribunale di Roma del 11.01.2017 in proc. n. 40680/2016), la a L.62/00 ha espressamente  affermato che “Il sistema nazionale di istruzione … è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali” e  che le suddette scuole paritarie svolgono un “servizio pubblico” (art.1 commi 1 e 3). In ragione di tale principio sono stati previsti penetranti controlli e rigide prescrizioni per gli istituti paritari (vedasi, al riguardo, la già citata L.62/00, la successiva L.27/06 nonché, ex multis, la C.M. 163 del 15/6/2000 e i decreti ministeriali n. 267/07 e n. 83/08). In particolare la C.M. 163/2000 ha preteso che, al fine di ottenere la parità, gli istituti scolastici privati devono: “dichiarare che il personale docente è munito di titolo di studio abilitante ovvero di specifica abilitazione” e, altresì, “dichiarare che il rapporto di lavoro individuale per tutto il personale della scuola è conforme ai contratti collettivi di settore”, così pervenendo ad una piena omogeneità tra il servizio d’insegnamento svolto nelle scuole statali e quello alle dipendenze degli istituti privati paritari.

L’art.2 comma 2 del D.L. n.255 del 3/7/2001 ha espressamente preso atto della suddetta equiparazione di servizi statali e paritari, disponendo che siano “valutati nella stessa misura”, né vi sarebbe ragione alcuna per limitare l’efficacia della suddetta disposizione legislativa, eventualmente applicabile anche in via analogica (ai sensi dell’art. 12, 2° co., delle “Disposizioni sulla legge in generale”), alla formazione delle graduatorie per l’assunzione del personale docente statale per pervenire, invece, all’opposta soluzione in sede di mobilità del medesimo personale (come, di fatto, accadrebbe alla ricorrente stante la contestata previsione di CCNI) e di ricostruzione di carriera.

Al fine di escludere la valutazione del servizio di cui trattasi, non si potrebbero fondatamente richiamare gli artt.360 comma 6 e 485 del D. Lgs, 297/94 ove si prevede il riconoscimento “agli effetti della carriera” del servizio di ruolo o pre-ruolo svolto dal personale docente presso le scuole secondarie “pareggiate” (comma 1) ovvero presso le scuole elementari “parificate” (comma 2), poiché la suddetta disposizione di legge, facendo uso della terminologia giuridica all’epoca adottata per indicare gli istituti scolastici privati oggetto di equiparazione giuridica a quelli statali, non può oggi che trovare applicazione nei confronti delle rinominate e ancor più rigorosamente disciplinate scuole “paritarie”. D’’altronde, il suddetto fenomeno di successione tra norme ed istituti giuridici è stato esplicitato dal D.L. 250/05 (conv. in L.27/06), che, all’art. 1-bis. (“Norme in materia di scuole non statali”), espressamente prevede che: “Le scuole non statali di cui alla parte II, titolo VIII, capi I, II e III, del testo unico di  cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono ricondotte alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute ai sensi della legge 10 marzo 2000, n.62, e di scuole non paritarie”. Peraltro, la stessa Ragioneria Generale dello Stato, con nota n.0069064 del 4/8/2010 (ALL.8), ha riconosciuto che la L.62/00 “nulla ha modificato in materia di riconoscimento dei servizi pre-ruolo svolti ..nelle predette istituzioni non statali paritarie che, pertanto, continuano ad essere valutabili, ai fini sia giuridici che economici, nella misura indicata dall’art.485 del D. Lgs. 16.4.1994, n. 297”… “Si sottolinea, infine, che le disposizioni contenute nell’art.1-bis del D.L. 5.12.2005, n.250…nello statuire che la frequenza delle scuole paritarie costituisce assolvimento del diritto-dovere all’istruzione ed alla formazione, pongono sulla stesso piano il tipo d’insegnamento ivi espletato con quello previsto presso le scuole statali”.

Anche la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire come “la parificazione dei servizi costituisce logico corollario di una parificazione degli istituti privati a quelli pubblici sulla scorta di adeguati parametri atti a valutare l’omogeneità qualitativa dell’offerta formativa” (Consiglio di Stato, sentenza n.1102/2002).

Analogamente si è pronunciata anche la giurisprudenza del lavoro: “Va rimarcato come proprio la Legge 10/03/2000 n.62 “norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione” pubblicata sulla G.U. 21/03/2000 n.67 – che com’è noto ha inserito tutte le istituzioni scolastiche non statali già “riconosciute” ed in particolare le scuole paritarie private e degli enti locali, nel sistema nazionale dell’istruzione, con possibilità per loro di rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore dei titoli rilasciati da scuole statali nonché di svolgere, con le stesse modalità di queste ultime gli esami di stato conferma l’esistenza di un principio di generale equiparazione del servizio di insegnamento prestato dai docenti delle scuole paritarie con quello prestato nell’ambito delle scuole pubbliche. Equiparazione quest’ultima ulteriormente comprovata: a) dal disposto dell’art.2 comma 2 del D.L. n.255/2001, che, ai fini della integrazione delle graduatorie permanenti del personale docente, ha previsto testualmente che “I servizi di insegnamento prestati dal 1° settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla legge 10 marzo 2000, n.62, sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali”; b) dal parere della Ragioneria Generale dello Stato n.0069864 in data 4/10/2010 che ha ritenuto come l’entrata in vigore della Legge n.62/2000 “mentre ha innovato in ordine ai requisiti richiesti alle scuole non statali per poter conseguire a mantenere il diritto al riconoscimento della parità ed ai docenti per poter prestare servizio presso le scuole paritarie, nulla abbia modificato in materia di riconoscimento dei servizi pre-ruolo svolti da questi ultimi nelle predette istituzioni non statali paritarie che, pertanto, continuano ad essere valutabili, ai fini sia giuridici che economici, nella misura indicata dall’art.485 del D.Lgs. 16/4/1994, n.297” (Tribunale Lavoro Rimini, sentenza n.64/2014 richiamata nella citata ordinanza del Tribunale di Catlagirone).

La Corte di legittimità ha, del resto, in plurime occasioni rilevato come il servizio prestato presso istituti non statali o pareggiati, laddove sussista identità di titolo di studio, durata degli anni scolastici, orari e programmi  debba essere parificata a fini giuridici ed economici a quella prestata nelle scuole statali (Cass. Sent. 16623/12).

Non possono residuare dubbi quindi circa l’illegittimità, con riguardo alle molteplici disposizioni normative sopra richiamate in materia di parità scolastica, della contestata disposizione di CCNI che esclude qualsiasi attribuzione di punteggio, in sede di mobilità, per il servizio d’insegnamento svolto negli istituti paritari. Peraltro, diversamente opinando si perverrebbe ad una interpretazione della vigente normativa senz’altro contraria ai principi di eguaglianza e d’imparzialità della p.a. (artt.3 e 97 Cost.), non essendovi ragione per discriminare, sia in sede di mobilità che ai fini della ricostruzione di carriera, tra servizi aventi per legge la medesima dignità e le medesime caratteristiche.

 

Tribunale di Genova ordnanza 11 agosto 2017 est dott.ssa Scotto   

 

La disciplina del punteggio riconoscibile ai fini della mobilità  è contenuta nel CCNI sottoscritto l’8 aprile 2016, concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per l’a.s. 2016/2017, i cui contenuti cono stati poi trasposti dell’O.M. n. 241 dell’8 aprile 2016.

            La mobilità del personale docente per l’a.s. 2017/2018 è, invece, disciplinata, dal CCNI dell’11 aprile 2017, le cui previsioni sono state trasposte nell’O.M. n. 221 del 12 aprile 2017.

            Entrambi i CCNI, per  quanto qui rileva,  prevedono che,  ai fini dei trasferimenti, “il servizio prestato nelle scuole paritarie non è valutabile in quanto non riconoscibile ai fini della ricostruzione di carriera”.

            Il CCNI 2016 aggiunge poi che “è fatto salvo il riconoscimento del servizio prestato fino al 31.8.2008 nelle scuole paritarie primarie che abbiano mantenuto lo status di parificate congiuntamente a quello di paritarie e del servizio comunque prestato nelle scuole paritarie dell'infanzia comunali”.

            Il CCNI 2017 aggiunge, a sua volta, che “è  fatto salvo il riconoscimento del servizio prestato: a) fino al 31.8.2008 nelle scuole paritarie primarie che abbiano mantenuto lo status di parificate congiuntamente a quello di paritarie; b) nelle scuole paritarie dell'infanzia comunali; c) nelle scuole secondarie pareggiate (art. 360 del T.U.)”.

La piana lettura del testo contrattuale - alla luce dell’interpretazione letterale derivante dal senso proprio delle parole e dell’interpretazione delle clausole dell’accordo, le une per mezzo delle altre, ai sensi dell’art. 1363 c.c. -  rende evidente la volontà delle parti di escludere, al di fuori delle ipotesi derogatorie espressamente previste, la valutabilità del servizio prestato nelle scuole paritarie.

La reiterazione della clausola pattizia nonostante il contenzioso insorto sull’intero territorio nazionale (documentato dai precedenti giurisprudenziali versati in atti e certamente non ignoto alle parti collettive) conferma la consapevole volontà delle parti collettive di escludere, di regola, la valutabilità - ai fini della mobilità - del servizio prestato nelle scuole paritarie.

Per il noto principio dell'irrilevanza dei motivi del negozio (salva l’ipotesi eccezionale del motivo illecito comune alle parti di cui all’art. 1345 c.c.)  risulta del tutto inutile indagare la correttezza del motivo per cui le parti collettive hanno inteso escludere l’utilità del servizio prestato nelle scuole paritarie.

Deve poi rilevarsi che, secondo il pacifico orientamento della Corte di Cassazione, “in materia di pubblico impiego privatizzato, il principio espresso dall'art. 45 del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, secondo il quale le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale, opera nell'ambito del sistema di inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva e vieta trattamenti migliorativi o peggiorativi a titolo individuale, ma non costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in quella sede, in quanto la disparità trova titolo non in scelte datoriali unilaterali lesive, come tali, della dignità del lavoratore, ma in pattuizioni dell'autonomia negoziale delle parti collettive, le quali operano su un piano tendenzialmente paritario e sufficientemente istituzionalizzato, di regola bastevole, salva l'applicazione di divieti legali, a tutelare il lavoratore in relazione alle specificità delle situazioni concrete (cfr., ex plurimis, Cass., SU, 10454/2008; 16038/2010; Cass., nn. 16676/2008; 
5726/2009; 19007/2010; 5139/2011; 5504/2011; 9313/2011; 11149/2011; 22437/2011; 4971/2012; 10105/2013)” (Cass., 20 gennaio 2014, n. 1037).

            Tuttavia, ai sensi dell’art. 40 co. 1° d. lgs. n. 165/2001, in materia di mobilità “la contrattazione collettiva è consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge”  e, ai sensi del successivo comma 3 quinquies, “nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile”.

            In altre parole:

-       la materia del punteggio utile ai fini della mobilità risulta positivamente disciplinata soltanto  dai CCNI;

-       la ragionevolezza delle scelte  adottate al riguardo dalla contrattazione collettiva non è sindacabile, a meno che le pattuizioni collettive non si pongano in contrasto con la disciplina di legge.

            Non esiste peraltro alcuna norma di legge che imponga il rispetto di rigidi criteri di priorità nei trasferimenti del personale scolastico.

            In particolare, non contengono alcuna previsione in tal senso le disposizioni di legge invocate dalla ricorrente.

            Certamente nessun rilievo in  causa può assumere l’art. 1 legge n. 62/2000, ai cui sensi “il sistema nazionale d’istruzione, fermo restando quanto previsto dall’art. 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali”.

            La disposizione nulla, infatti, dispone in relazione al rapporto di lavoro degli insegnanti delle scuole paritarie. La  “parità” riconosciuta prevista dall’art. 1 della legge n. 62/2000 si riferisce, infatti, nella lettera e nella ratio della disciplina, al solo aspetto funzionale ed organizzativo delle scuole considerate dalla norma, senza alcuna ingerenza sul piano dell’iniziativa economica e culturale privata nel settore dell’insegnamento, ma anche senza alcuna implicazione necessitata in ordine alle condizioni contrattuali del personale addetto a tali istituti scolastici.

            Altrettanto deve dirsi con riferimento all’art.1 bis D.L. 250/05, ai cui sensi “le scuole non statali di cui alla parte II, titolo VIII, capi I, II e III, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono ricondotte alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62, e di scuole non paritarie”.

            La sostituzione delle diverse tipologie di scuole non statali  in precedenza disciplinate dal d. lgs. n. 297/1994 (scuole materne autorizzate, scuole elementari parificate, secondarie legalmente riconosciute, pareggiate...) con le due sole categorie delle scuole paritarie e delle scuole non paritarie non consente, infatti, di ritenere estensibile alle attuali scuole paritarie il regime in precedenza previsto per scuole appartenenti a tipologie ormai non più esistenti (regime, tra l’altro, differenziato in ragione delle distinte categorie).

            In particolare, per quanto qui rileva,  non risulta estensibile alla materia dei trasferimenti la disciplina dettata dall’art. 485 d. lgs. n. 297/1994, ai fini della ricostruzione di carriera, con specifico riferimento a talune precedenti scuole non statali.

            E’, infatti, del tutto pacifico in giurisprudenza che le norme che prevedono il riconoscimento di servizi pre-ruolo a fini giuridici ed economici siano, in quanto attributive di benefici particolari, norme eccezionali e per ciò stesso non applicabili estensivamente o analogicamente (Cons. Stato, Sez. IV, 22 giugno 2004,  n. 4382; Cons. Stato, sez. VI,  9 maggio 2002,  n. 2517; Cass. 30 gennaio 2015, n. 1749).

            Soltanto incidentalmente si evidenzia che la previgente disciplina richiedeva per la concessione del “pareggiamento” requisiti ben più rigorosi di quelli attualmente previsti per le scuole paritarie ed in particolare la nomina dei docenti, di regola,  a seguito di apposito pubblico concorso (art. 356 d. lgs. n. 297/1994).

            Quanto poi all’art. 2 co. 2° D.L. n 255/2001, convertito in legge n. 333/2001, ai cui sensi “i servizi di insegnamento prestati dal 10 settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla legge 10 marzo 2000 n. 62 sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nella scuole statali”, deve rilevarsi che la disposizione è rubricata “Integrazione a regime delle graduatorie permanenti del personale docente” ed è inserita in un provvedimento normativo volto a disciplinare appunto le graduatorie permanenti del personale docente: nessuna disposizione né dell’art. 2, né di tutto il D.L. riguarda la mobilità dei docenti.

            La norma non è pertanto estensibile alla mobilità dei docenti trattandosi anche in questa ipotesi  di  una norma eccezionale, che – in deroga ai principi generali  - equipara servizi prestati per soggetti diversi dal MIUR a servizi prestati per il MIUR.

            La diversa rilevanza  attribuita dal CCNI al servizio prestato presso il MIUR rispetto al servizio prestato presso una scuola paritaria non risulta pertanto vietata da alcuna norma e rimane perciò insindacabile da parte del giudice.

            Soltanto per completezza si aggiunge che tale diversità di trattamento non è in realtà irragionevole.

            “Irrilevante appare il fatto che la L.62/2000 abbia espressamente affermato che "Il sistema nazionale di istruzione ... è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali" e che le suddette scuole paritarie svolgono un "servizio pubblico" (art.1, commi 1 e 3), che siano stati previsti penetranti controlli e rigide prescrizioni per gli istituti paritari …, che l'art.2, co.2 D.L.255 del 3/7/2001 abbia disposto l'equiparazione di servizi statali e paritari, disponendo che siano "valutati nella stessa misura", in quanto il servizio prestato presso la scuola paritaria in questione rimane, comunque, servizio prestato presso un ente privato, con conseguente ragionevolezza della sua esclusione ai fini del conteggio dell'anzianità di servizio presso lo Stato”. E', infatti, necessario distinguere il riconoscimento del servizio prestato presso le scuole paritarie ai fini dell'inserimento nella GAE dal riconoscimento a fini economici, dopo l'assunzione con immissione in ruolo, ossia ai fini dell'anzianità di servizio.

            Se, infatti, l'insegnamento presso scuole non statali può costituire titolo valido ai fini del posizionamento in graduatoria, in quanto esperienza lavorativa assimilabile a quella svolta presso scuole pubbliche, non si vede perché tale titolo debba essere riconosciuto anche ai fini della ricostruzione della carriera, ossia al fine del riconoscimento di un'anzianità di servizio convenzionale presso lo Stato, quando, invece, tale servizio è stato espletato presso scuole non statali (per il cui accesso, peraltro, neppure è previsto un concorso pubblico).

            In conclusione, la disposizione contenuta nell’art 2 comma 2  del D.L. 255/2001 riguarda la formazione delle graduatorie cui appartengono i docenti  non in ruolo, mentre  nella presente causa viene in considerazione la diversa fattispecie  della mobilità del personale già assunto a tempo indeterminato ai fini del trasferimento  su domanda  dell’interessato; la diversità degli istituti preclude  di procedere ad un’interpretazione estensiva o analogica”  (Tribunale di Monza, sentenza 23.2.2017 n. 88).

 

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