il quadro giuridico relativo al patto di famiglia

Il “patto di famiglia” è, il contratto con cui l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti, (art. 768 bis c.c.).

La ratio del patto di famiglia è quella di dare certezza alla successione dell’impresa anticipando taluni effetti di questa e garantendo nel contempo i diritti dei legittimari.

Al patto di famiglia, infatti, devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell'imprenditore.

Si discute se la mancata partecipazione di alcuno dei legittimari determini la nullità del patto di famiglia o solo la sua inefficacia (prevale la tesi della nullità sul rilievo della necessità della partecipazione). Eventuali legittimari succssivi potranno chiedere ai beneficiari il pagamento di una somma pari alla quota di legittima ai medesimi spettante aumentata degli interessi legali.

Gli assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti; i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura.

I beni assegnati con lo stesso contratto agli altri partecipanti non assegnatari dell'azienda, secondo il valore attribuito in contratto, sono imputati alle quote di legittima loro spettanti.

Il patto di famiglia può essere impugnato, entro un anno dalla sua stipula, per vizio del consenso.

Il patto di famiglia è un contratto essenzialmente gratuito che necessita la forma dell’atto pubblico; può essere sciolto mediante successivo contratto che rivesta la medesima forma e con la partecipazione di tutti i soggetti che abbiano stipulato il patto.
 
 
 

RICHIEDI CONSULENZA