art 660 cp le molestie devono essere reiterate

Il reato di molestie previsto dall'art. 660 cp punisce chiunque in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo. L'elemento oggettivo del reato, dunque, si estrinseca nel molestare taluno e, all'uopo, appare indispensabile rimpinguare la nozione di molestia di contenuti concreti atteso il rischio di una configurazione della fattispecie criminosa carente sotto il profilo della tassatività. Soccorre, al riguardo, l'opera della giurisprudenza che ha delimitato (o tentato di delimitare) i contorni degli atti molesti astrattamente riconducibili nell'alveo della fattispcie di cui all'art. 660 cp.
A parere della Suprema Corte “Ai fini della configurabilità del reato di molestie, previsto dall'art. 660 cod. pen., per petulanza si intende un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà, con la conseguenza che la pluralità di azioni di disturbo integra l'elemento materiale costitutivo del reato e non è, quindi, riconducibile all'ipotesi del reato continuato” (Cass. Pen. 24.11.2011 n.6908).
Ed ancora, “Ai fini della configurabilità del reato di molestie previsto dall'art. 660 c.p., per petulanza si intende un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà. Ne consegue che la pluralità delle azioni petulanti costituisce elemento costitutivo del reato e non è, quindi, riconducibile all'ipotesi del reato continuato” (Cass. Pen. 13.3.2008 n. 17308)
Inoltre “Posto che per "petulanza", ai fini della configurabilità del reato di molestie di cui all'art. 660 c.p., non può che intendersi un atteggiamento di insistenza eccessiva e perciò fastidiosa, di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell'altrui sfera, deve escludersi che l'effettuazione di due sole telefonate mute possa costituire espressione di petulanza nel senso anzidetto”. (Cass. Pen. 13.2.1998 n. 7044).
Da ultimo la Cassazione precisa ancora che per la configurabilita’ del reato rileva anche l’attegiamento del soggetto che interferisce, infatti, “ai fini della sussistenza del reato di molestie deve considerarsi petulante l'atteggiamento di chi insiste nell'interferire nella altrui sfera di libertà anche dopo essersi accorto che la sua condotta non è gradita
”.  (Cass Pen. 11.4.1984).


Cassazione penale  sez. I 24 novembre 2011 n. 6908


Ai fini della configurabilità del reato di molestie, previsto dall'art. 660 cod. pen., per petulanza si intende un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà, con la conseguenza che la pluralità di azioni di disturbo integra l'elemento materiale costitutivo del reato e non è, quindi, riconducibile all'ipotesi del reato continuato.

RILEVA IN FATTO

1.- Con sentenza in data 15 novembre 2010 il Tribunale di Taranto - sezione distaccata di Martina Franca condannava Z.V. alla pena di Euro 150,00 di ammenda perchè ritenuta colpevole del reato di cui agli artt. 81 e 660 c.p., commesso in (OMISSIS) sino al (OMISSIS) in danno di L.F. con il mezzo del telefono, e la condannava alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile che liquidava in Euro 700, 00 oltre IVA e CPA e spese generali al 12,5%, nonchè al risarcimento in favore della stessa parte civile che liquidava in Euro 1.000,00.
Riteneva il giudice che la responsabilità penale dell'imputata era risultata dimostrata dall'istruttoria dibattimentale attraverso le deposizioni, precise e concordanti, dei testi ascoltati, L.N. F. - persona offesa - coniuge dell'imputata, L.A. e L.S., figli, e l'esame dei tabulati telefonici relativi all'utenza n. (OMISSIS). Affermava che non era condivisibile l'assunto difensivo secondo cui le dichiarazioni della persona offesa, senza un riscontro probatorio esterno non avevano valenza probatoria e che anzi, la stessa imputata si era giustificata sostenendo che le chiamate le effettuava solo per verificare la presenza dei figli ormai non più conviventi dopo la separazione dal marito.
2.- Avverso la sentenza della Corte d'Appello propone ricorso per cassazione Z..
Vita personalmente deducendo:
1) violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. c) in relazione all'art. 81 c.p.p., art. 78 c.p.p., lett. c) e lett. d) ed all'art. 101 c.p.p., art. 96 c.p.p., comma 2, artt. 107 e 102 c.p.p..
Sostiene la ricorrente che la persona offesa si costituiva parte civile con l'assistenza dell'avv. Rinaldi con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 3.4.2009, dopodichè subentrava senza essere legittimato da delega e senza che fosse intervenuta rinuncia ai sensi degli artt. 102 e 107 c.p.p. l'avv. Acquaro depositando in data 27.4.2009 la lista testi e la richiesta di costituzione di parte civile da parte della persona offesa. Tale richiesta doveva essere dichiarata inammissibile d'ufficio per carenza dei requisiti essenziali previsti dall'art. 78 c.p.p., lett. c) e d).
La ricorrente lamenta quindi la nomina di un difensore di ufficio all'udienza del 4.5.2009 mentre la stessa non avrebbe ricevuto alcuna notifica, con conseguente nullità degli atti.
2) Violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b), in relazione all'art. 11 della costituzione ed all'art. 491 c.p.p..
Sostiene la ricorrente che il decreto penale di condanna veniva revocato non all'udienza filtro tenutasi il 4.5.2009 bensì a quella del 12.10.2009, pertanto il difensore d'ufficio reperito in udienza non conoscendo i fatti di causa non aveva potuto proporre le eccezioni di rito relative ai vizi della costituzione di parte civile.
3) violazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. d), per mancata assunzione di una prova decisiva in relazione al disposto dell'art. 495 c.p.p., comma 2.
Si duole la ricorrente che la richiesta di acquisire le indagini difensive svolte dal difensore di fiducia accolto all'apertura del dibattimento veniva rigettata a seguito della riapertura del dibattimento nella stessa giornata con la quale veniva formalizzato solo rinvio all'udienza del 14.6.2010. L'esame del teste M.llo D.A. è avvenuta in modo irrituale in quanto l'imputata aveva nominato un difensore di fiducia e l'assenza di questi ha pregiudicato le regole del controesame perchè non è stato possibile procedere nell'immediatezza alla contestazione sulla ricostruzione dei fatti esposti dal teste stesso.
Gli errori nell'individuazione delle utenza di pertinenza dell'imputata e della persona offesa rendono evidente che la costituzione diparte civile doveva essere dichiarata comunque inammissibile.
Veniva rigettata dal giudice la richiesta di acquisire i tabulati telefonici dell'utenza (OMISSIS), prova che avrebbe consentito di dimostrare che, pur non avendo l'imputata sporto querela nei confronti di L.N.F. era stata vittima di molestia da parte di questi e in forza della presunta reciprocità delle molestie non era passibile di condanna.
4) violazione di legge di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 546 c.p.p., lett. c), art. 192 c.p.p., commi 1 e 2, art. 194c.p.p., comma 2, e art. 207 c.p.p..
Sostiene la ricorrente che l'iter argomentativo seguito dal giudice per pervenire alla condanna è palesemente illogico per travisamento della prova, essendo stati trascurati elementi essenziali ed essendo basato soprattutto su tabulati telefonici in cui emergono errori dovuti al mancato riscontro oggettivo.
Le dichiarazioni dei testi sono solo indizianti perchè non attendibili su molti dei particolari e delle circostanze riferite.
Il giudice nel valutare le suddette dichiarazioni, provenienti da soggetti interessati, avrebbe dovuto accertare la sussistenza di elementi di riscontro, nel caso di specie il controllo di tali dichiarazioni richiesto dall' imputata è stato negato.
5) Violazione di legge in relazione agli artt. 81 e 133 c.p..
Sostiene la ricorrente che l'art. 81 c.p. non è applicabile alla fattispecie di cui all'art. 660 c.p. e che nel caso di specie non è ravvisabile il vincolo della continuazione con altri reati non avendo mai riportato condanne per reati diversi.
La sentenza è motivata solo in modo apparente perchè non è stato accertato il dolo specifico, inteso come l'animo malevolo di interferire nell'altrui sfera di libertà, ; non è stato accertata la petulanza o altro biasimevole motivo e vi è stato travisamento della prova come dimostrato dal verbale di udienza del 15 .11.2010;
non è stata accertata la capacità a delinquere del reo sulla base dei parametri di cui all'art. 133 c.p..
6) Chiede, infine, la ricorrente che le spese liquidate in favore della parte civile nella misura forfettaria di Euro 750,00, oltre IVA e altri accessori di legge, delle quali non è stata indicata alcuna voce nella nota spese del difensore subentrato, vengano compensate o in subordine ridimensionate alla luce del pregiudizio patito dalla ricorrente per effetto della mancata notifica nei suoi confronti.
2.1.- Con memoria depositata il 20.11.2011 il difensore della ricorrente illustra ulteriormente i motivi di ricorso.
3.- Il difensore di parte civile il 18.11.2011 sostiene l'infondatezza del ricorso e chiede la condanna della ricorrente al pagamento delle spese e competenze legali anche per questo grado di giudizio.
3.- Il Procuratore Generale dott. Roberto Aniello ha concluso che la sentenza impugnata sia annullata senza rinvio per la sola continuazione con eliminazione di Euro 50,00 di ammenda e il ricorso sia dichiarato inammissibile nel resto.
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OSSERVA IN DIRITTO
1.- Il ricorso, eccettuata le censura relativa alla ritenuta continuazione interna tra gli episodi di molestie telefoniche, è manifestamente infondato.
2.- Palesemente destituiti di fondamento sono i primi demotivi di ricorso che attengono presunte violazioni di legge riguardanti la difesa tecnica dell'imputata e della parte civile; si tratta infatti di censure aspecifiche e, comunque, evidentemente infondate. La costituzione di parte civile, peraltro non contestata nel giudizio di merito, appare rituale; non si comprende, poi, quale sia la notifica che la ricorrente si duole di non aver ricevuto in occasione dell'udienza del 4.5.2009 con riguardo alla nomina in suo favore di un difensore di ufficio. Ugualmente deve dirsi in riferimento alla circostanza che il difensore d'ufficio nominato all'imputata per l'udienza del 12.10.2009 non conoscendo gli atti di causa non sia stato in grado le eccezioni di rito in relazione alla costituzione di parte civile.
3.- Considerazioni analoghe valgono per il terzo motivo di ricorso nel quale, con tecnica espositiva di non facile interpretazione, la ricorrente lamenta che pur avendo nominato un difensore di fiduciari assenza di questo, il teste dell'accusa sia stato sentito in presenza del difensore nominatole d'ufficio il quale non ha potuto procedere al controesame e a contestare le presunte inesattezze contenute nelle dichiarazioni testimoniali. Sempre nel corpo dello steso motivo di gravame la ricorrente sviluppa una serie di considerazioni circa i fatti di causa che, oltre ad apparire poco comprensibili nel loro sviluppo logico, si sostanziano, comunque, in questioni di merito che esulano dal giudizio di legittimità.
4.- Con il quarto motivo, ugualmente, la ricorrente espone circostanze di fatto in relazione alle quali non è agevole comprendere la pertinenza rispetto al reato del quale è specificamente chiamata a rispondere, ma la cui valutazione non è consentita in sede di legittimità. Su tali circostanze fattuali fonda poi gli assunti vizi di motivazione nei quali sarebbe incorso il giudice di merito, ciò con tecnica espositiva che rende manifestamente infondata la doglianza.
Sempre nel medesimo motivo la ricorrente sostiene che non vi sia stato un vaglio rigoroso delle dichiarazioni rese dalla persona offesa costituita parte civile; sul punto è sufficiente rilevare che il giudice, al fine di pervenire al giudizio di colpevolezza, non si è limitato a recepire la testimonianza della persona offesa, ma la ha vagliata alla luce delle testimonianze di L.A. e L.S. e delle risultanze dei tabulati telefonici, relativi alle chiamate intercorse tra l'utenza telefonica dell'imputata e quella della persona offesa; ha inoltre ha rilevato che la stessa imputata ha riconosciuto di avere effettuato le chiamate telefoniche, giustificandole con il fine, ritenuto poco verosimile dal giudicante, di verificare la presenza dei figli che ormai non convivevano con lei dopo la separazione dal marito.
5.- Del tutto inammissibili sono poi le richieste prospettate sub 6) con le quali viene formalmente domandata la compensazione delle spese liquidate in favore della parte civile o in subordine la loro rideterminazione.
6.- Riguardo invece al motivo di ricorso sub 5), premesso che "In tema di molestia e disturbo alle persone, l'elemento soggettivo del reato consiste nella coscienza e volontà della condotta, tenuta nella consapevolezza della sua idoneità a molestare o disturbare il soggetto passivo, senza che possa rilevare, in quanto pertinente alla sfera dei motivi, l'eventuale convinzione dell'agente di operare per un fine non biasimevole" (Cass. Sez. 1, sent. 30.4.1998, n. 7051, Rv.
210724 e , nello stesso senso, Cass. Sez. 12.12.2003, n. 4053, Rv.
226992), per cui è priva di pregio la doglianza secondo cui l'elemento soggettivo del reato non sarebbe stato accertato, Appare invece fondata la censura, sviluppata nel medesimo motivo, in relazione all'applicazione della disciplina della continuazione tra reati.
Invero, ai fini della configurabilità del reato di molestie previsto dall'art. 660 c.p. per "petulanza" - formulazione adoperata per la contestazione del reato all'imputata- si intende un atteggiamento di proterva invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell'altrui sfera di libertà; di conseguenza la pluralità di azioni di disturbo integra l'elemento materiale costitutivo del reato e non può, quindi, essere riconducibile all'ipotesi del reato continuato (Cass., Sez. 1, sent. 3.2.2004, n. 14512, Rv. 228828; Cass. Sez. 1, sent. 13.3.2008 n. 17308, Rv. 239615; Cass. Sez. 1, sent. 9.4.2008 n. 17787, Rv. 239848).
Nel caso di specie è stata, quindi, errata in diritto la decisione relativa all'applicazione dell'art. 81 c,p., ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata sul punto; l'annullamento può essere disposto senza rinvio posto che, avendo il giudice di merito calcolato l'aumento di pena per continuazione in Euro 50,00 di ammenda, è possibile in questa sede provvedere direttamente all'esclusione dell'aumento stesso ed alla rideterminazione della pena pecuniaria da eseguire.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla continuazione che esclude e, per l'effetto, elimina il relativo aumento di 50,00 Euro di ammenda così rideterminando la pena in 100,00 Euro di ammenda. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile in questo giudizio che liquida in Euro 2000,00, onorari compresi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2012
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