l'autoregolamentazione delle casse di previdenza



Le Casse di previdenza privatizzate hanno il potere e il dovere di mantenere in equilibrio i sistemi previdenziali che gestiscono e, in tale prospettiva, sono state munite di autonomia finanziaria, gestionale e contabile. Sia il decreto istitutivo sia fonti nomrative successive (in particolare l'art. 3 comma 12 della L: n. 335 del 1995 e successive modifiche) hanno poi riconosciuto alle casse di previdenza privatizzate spazi di autonomia normativa. In questo articolo vengono individuati, in chiave ricostruttiva, i principali interventi regolamentari delle casse previdenziali privatizzate sul tessuto dei preesistenti ordinamenti previdenziali di categoria.
 

 
La prima fase dell’autoregolamentazione previdenziale – ante Finanziaria 2007

Gli enti previdenziali privatizzati hanno fatto un uso, dapprima occasionale e successivamente sempre più incisivo, della potestà di innovare i rispettivi ordinamenti di previdenza così come precedentemente disciplinati dalla normativa di legge e/o regolamentare, sotto la spinta delle previsioni, adombrate dai bilanci tecnici, di squilibrio finanziario nel medio lungo periodo.
Gli interventi sono stati generalmente diretti ad implementare i flussi finanziari in ingresso (provvedimenti di variazione delle aliquote contributive e in materia di sanzioni connesse al tardivo ed all’omesso versamento dei contributi ) ed a limitare, specie nel lungo periodo, l’ammontare del debito cristallizzato .
Nell’indagare i contenuti di alcuni dei principali interventi adottati dagli enti del comparto, sarà bene esaminare i provvedimenti assunti prima del 2007 partitamente da quelli successivi in quanto, come già evidenziato, i parametri legislativi che delimitano l’esercizio del potere regolamentare degli enti previdenziali privatizzati sono individuati essenzialmente nell’art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995 (da interpretarsi in coerenza con i principi del decreto delegato sulla privatizzazione) il cui testo è stato integralmente ridisegnato con la Legge finanziaria del 2007.
Posta detta premessa in chiave metodologica, in una fase iniziale, sotto il vigore dell’originaria versione dell’art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995, si sono avute limitate modifiche delle aliquote contributive e dei sistemi sanzionatori ex art. 4 comma 6 – bis del D.L. 28 marzo 1997, n. 79 nonché , sotto il profilo delle prestazioni, modifiche dei coefficienti di rendimento delle pensioni ed incrementi delle basi reddituali per il calcolo della pensione, con applicazione delle modifiche stesse graduale e rispettosa del principio del pro rata; ne sono conseguiti sistemi di calcolo scaglionati in frazioni caratterizzate da diverse normative applicabili pro tempore .
Successivamente gli interventi sono divenuti, specie a decorrere dal nuovo millennio, più incisivamente innovativi dell’ordinamento nell’ottica di un’interpretazione elastica delle potestà regolamentari riconosciute dalle fonti di legge giustificata dall’obbligo, costituzionalmente assistito, di garantire la tutela previdenziale della categoria di riferimento, esposta, in caso di dissesto irreparabile della gestione, alla perdita di un diritto costituzionalmente tutelato come quello alla previdenza, mercè la previsione, da parte del decreto delegato, della liquidazione coatta amministrativa dell’ente previdenziale in situazione di dissesto .
Tra gli interventi di maggiore respiro, spiccano le riforme di sistema adottate dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza in favore dei Dottori Commercialisti e dalla Cassa Nazionale di Previdenza in favore dei Ragionieri con le quali tali enti hanno esercitato l’opzione, di cui all’art. 3 comma 12 della Legge n 335 del 1995, per il sistema contributivo di calcolo della pensione .
Come noto, la differenza essenziale tra il sistema di calcolo retributivo (o reddituale) della pensione ed il sistema contributivo risiede nel fatto che il primo dei due metodi prevede l’applicazione di determinati coefficienti di rendimento ad un reddito medio annuale individuato sulla base di un numero normativamente individuato di redditi o retribuzioni percepiti prima del pensionamento mentre il secondo trasforma in rendita pensionistica il montante contributivo individuale che, a parte le peculiarità tipiche del singolo sistema, null’altro è se non il coacervo dei contributi versati capitalizzati annualmente sulla base dell’andamento del PIL.
In sede di passaggio dal sistema reddituale di calcolo delle pensioni al sistema contributivo, la Cassa Commercialisti e la Cassa Ragionieri hanno introdotto ulteriori disposizioni volte a disciplinare la quota pensionistica riferibile alle anzianità contributive maturate prima dell’entrata in vigore dei regolamenti di disciplina dei nuovi sistemi ed ulteriori provvedimenti volti a coinvolgere i già pensionati ed i pensionandi negli oneri complessivi di riforme che finivano inevitabilmente per colpire anzitutto le generazioni più giovani fortemente penalizzate in chiave comparativa dal nuovo metodo di calcolo contributivo.
E’ stato così previsto il progressivo incremento del numero dei redditi da inserire nella base pensionabile con riferimento alle quote da calcolarsi secondo la previgente normativa, l’introduzione, da parte della Cassa Ragionieri, di coefficienti di riduzione del trattamento pensionistico legati all’età ed all’anzianità contributiva posseduta al momento dell’accesso alla pensione d’anzianità, l’introduzione di un contributo di solidarietà gravante su tutti i pensionati con sistema di calcolo reddituale o misto, nonché l’aggravamento, da parte della Cassa Commercialisti, dei requisiti anagrafici e contributivi richiesti per l’accesso alle pensioni d’anzianità e vecchiaia.
Sia pure con minore impatto sui relativi sistemi previdenziali, anche Inarcassa, Cassa Forense e Cassa Geometri, hanno introdotto, nelle maglie dei rispettivi ordinamenti di previdenza, una pensione contributiva che, tuttavia, s’aggiunge e non sostituisce, neppure nel lungo periodo, la pensione da calcolarsi con l’ordinario sistema reddituale. In detti sistemi, il sistema contributivo risulta, così, alternativo a quello ordinario vigente nel senso che, ove l’iscritto compia l’età prevista per l’accesso al trattamento diretto di vecchiaia senza aver maturato contestualmente l’anzianità contributiva necessaria per il conseguimento dello stesso, potrà chiedere una pensione da calcolarsi con il diverso metodo contributivo, con requisiti contributivi più agevoli .
Contestualmente all’introduzione della facoltà di conseguire la pensione contributiva, al compimento dell’età pensionabile ed in assenza dei requisiti contributivi per l’accesso all’ordinaria pensione diretta, Inarcassa e Cassa Forense hanno espressamente stabilito l’abrogazione della facoltà di chiedere la restituzione dei contributi, precedentemente riconosciuta dagli artt. 21 della L. n. 576 del 1980 e 22 della L. n. 6 del 1981.
Detta abrogazione, peraltro, sembrerebbe, sulla scorta della prassi applicativa seguita dalla Cassa Geometri, doversi automaticamente inferire dall’introduzione della pensione contributiva.
In definitiva, Inarcassa, Cassa Geometri e Cassa Forense hanno introdotto una nuova tipologia di pensione contributiva caratterizzata da specifici requisiti d’accesso e peculiari modalità di calcolo eliminando, espressamente o implicitamente, la previgente facoltà di chiedere la restituzione dei contributi versati riconosciuta, dalle previgenti disposizioni di legge, in favore di coloro che avessero cessato la loro iscrizione all’ente di previdenza senza aver maturato il diritto alla pensione, una volta raggiunta l’età per il pensionamento di vecchiaia.
La facoltà di chiedere la restituzione dei contributi soggettivi è stata, peraltro, oggetto di abrogazione, per via regolamentare, anche da parte dell’ENPAF, nel 2003, senza, tuttavia, la previsione di un’alternativa pensione di natura contributiva.
Passando, poi, in rapida rassegna le ulteriori incisive novità introdotte dagli enti previdenziali privatizzati ai propri ordinamenti di previdenza, prima dell’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006 e del suo comma 763 dell’articolo unico, val la pena qui sottolineare come la Cassa Geometri abbia introdotto il sistema contributivo, in via generale, per il calcolo delle pensioni d’anzianità maturate a decorrere dal 1.1.2007 ma nel rispetto del principio del pro rata con riferimento alle anzianità contributive maturate sino al 2007 che saranno, dunque, liquidate con il previgente metodo reddituale .
La Cassa Geometri ha, poi, innovato incisivamente, con deliberazioni certo non scevre di taluni sospetti di illegittimità anche per violazione di precetti costituzionali , la platea dei propri assicurati prevedendo l’obbligo di iscrizione anche a carico dei soggetti che non esercitino in via continuativa ed esclusiva, come previsto, invece, dalla Legge n 773 del 1982 , la professione di geometra.
Con finalità di disincentivo di pensionamenti anticipati, poi, taluni enti previdenziali hanno introdotto coefficienti di riduzione delle pensioni d’anzianità legati in guisa inversamente proporzionale all’età d’accesso alla pensione ed ai requisiti contributivi .
Anche per il rilevante impatto che, nelle prime fondamentali pronunce della Suprema Corte del 2004 2005  tali norme regolamentari hanno avuto, vanno poi ricordate la modifica dei requisiti d’accesso alla pensione d’anzianità deliberata dalla Cassa Geometri (la Cassa aveva introdotto un nuovo requisito ostativo all’accesso alla pensione d’anzianità integrato dallo svolgimento di una qualsivoglia attività di lavoro autonomo contrariamente alle disposizioni della Legge n 773 del 1982 che detto trattamento consideravano incompatibile esclusivamente con il proseguimento dello svolgimento della professione di geometra ) e l’introduzione di un massimale ad ogni trattamento pensionistico deliberato dalla Cassa Ragionieri .

La seconda fase dell’autoregolamentazione previdenziale – post Finanziaria 2007


Successivamente alla riscrittura dell’art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995 ad opera del comma 763 della L. n. 296/2006, si è assistito ad una nuova stagione di riforme in quanto, con l’obiettivo di garantire l’equilibrio della gestione per un periodo di almeno trenta anni, gli enti previdenziali sono stati chiamati ad interventi di più ampio respiro che coinvolgessero contestualmente il fronte delle entrate e quello delle uscite.
L’obiettivo del presente lavoro è solo quello di presentare un sintetico quadro delle novità regolamentari introdotte nei singoli enti, sicchè ogni considerazione, pur possibile, in ordine alla compatibilità tra il contenuto dei singoli interventi e l’art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995, costituente, secondo la Suprema Corte, base giuridica e parametro di legittimità dell’autonomia normativa degli enti previdenziali privatizzati , è da intendersi rinviato ad altra sede.

La Riforma della previdenza forense


Con nota del Ministero del Lavoro in data 18/12/2009 è stata comunicata l’approvazione definitiva della Riforma Previdenziale Forense, articolata nel nuovo Regolamento delle prestazioni previdenziali e nel nuovo Regolamento dei contributi.
Le principali novità della riforma consistono, sul versante delle prestazioni previdenziali:
nell’introduzione di una pensione scomposta in due distinte quote delle quali la prima da calcolarsi con il sistema reddituale e la seconda con sistema contributivo in relazione ad una distinta quota di contribuzione modulare;
nel mantenimento, con riferimento alla quota base della pensione, dell’istituto dell’integrazione al minimo con l’introduzione, tuttavia, della condizione della presentazione di specifica domanda e di quella del mancato superamento di uno specifico limite di reddito (pari al triplo del trattamento minimo riconosciuto) ottenuto sommando al reddito del pensionato quello del suo coniuge non legalmente separato;
nella variazione dei requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici di anzianità e vecchiaia innalzati progressivamente sia con riferimento all’età anagrafica richiesta sia per quel che riguarda il relativo requisito contributivo;
nella modificazione dei criteri di calcolo della pensione, con la variazione, in diminuzione, delle aliquote per la trasformazione in rendita pensionistica della media dei redditi e con l’incremento del numero dei redditi da inserire nella suddetta base sino alla integrale copertura della vita contributiva degli iscritti;
nell’introduzione di una seconda quota di pensione con calcolo contributivo fondata su una seconda quota modulare della contribuzione;
nel mantenimento della possibilità di accedere alla pensione con il requisito anagrafico di 65 anni, ferma la nuova anzianità contributiva richiesta, con una penalizzazione dello 0,41% mensile in relazione all’anticipazione del pensionamento;
nel mantenimento della possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia con calcolo contributivo in caso di raggiungimento del requisito anagrafico richiesto per la pensione di vecchiaia in assenza del relativo requisito contributivo;
nella progressiva abolizione dei supplementi pensionistici.
Sul versante contributivo, tra le novità di maggiore impatto, vi è l’introduzione di una nuova forma di contribuzione, definita modulare, destinata ad alimentare una specifica quota di pensione aggiuntiva rispetto a quella base e caratterizzata da un metodo di calcolo contributivo.
Tale contribuzione aggiuntiva è, per la parte obbligatoria, d’importo pari all’1% del reddito netto professionale prodotto nell’anno precedente e, in ogni caso, di importo non inferiore ad un minimo annuo; inoltre, è prevista la facoltà di versare un importo ulteriore volontario nella misura compresa tra l’1% e il 9% del reddito netto professionale prodotto nell’anno precedente. La misura percentuale della contribuzione volontaria modulare sarà stabilita da ciascun iscritto con la comunicazione obbligatoria annuale.
Vengono sostanzialmente incrementati i livelli minimi e le aliquote della contribuzione integrativa e della contribuzione soggettiva (quest’ultima variata asimmetricamente rispetto alla variazione percentuale della contribuzione soggettiva incrementata di un solo punto, rispetto al previgente tasso del 12%).
La contribuzione integrativa, oltre al già rilevato innalzamento del minimo, viene portata al livello del 4%.
Con riferimento ai pensionati, viene prevista l’esclusione dell’obbligo di versare la contribuzione minima (integrativa e soggettiva) e diminuita la percentuale della contribuzione soggettiva per la prima fascia di reddito al 5% (deve, tuttavia, osservarsi come a tale obbligo contributivo, pur persistente, non sembra corrispondere alcun beneficio pensionistico).

La Riforma della previdenza di ingegneri e architetti

Con Decreto Interministeriale del 5 marzo 2010, i Ministeri vigilanti hanno approvato le delibere regolamentari adottate da Inarcassa nella seduta del Comitato dei Delegati del 25-26-27 giugno 2008 e del 21-22 luglio con le quali sono stati modificati gli artt. 22, 23, 25 e 26 dello Statuto.
Le modifiche hanno inciso, con l’obiettivo della sostenibilità nel lungo periodo, sui flussi finanziari in ingresso e su quelli in uscita tentando di aumentare i primi e ridurre i secondi.
Sul fronte della contribuzione è stata incrementata la percentuale di quella soggettiva portata al 11,5% a decorrere dal 1° gennaio 2010, al 12,5% a decorrere dal 1° gennaio 2011, al 13,5% a decorrere dal 1° gennaio 2012 e al 14,5% a decorrere dal 1° gennaio 2013 (art. 22 dello Statuto).
E’ stato poi innalzato l’ammontare della contribuzione minima che, a decorrere dal 1.1.2013, sarà pari a Euro 1.800,00 (art. 22 dello Statuto).
E’ stata infine innalzata la percentuale della contribuzione integrativa al 4% (art. 23 dello Statuto). Tale modifica si pone in linea di continuità con gli analoghi provvedimenti nel tempo deliberati dalla Cassa Commercialisti, dalla Cassa Ragionieri, dalla Cassa Forense ed approvati dai ministeri vigilanti. Si conferma, dunque, il placet ministeriale a delibere che, in sostanza, scaricano sulla collettività i costi di sistemi previdenziali di categoria che, successivamente alla privatizzazione, avrebbero dovuto sostenersi esclusivamente con l’autofinanziamento.
Passando ad esaminare il fronte delle uscite, si conferma l’irresistibile vocazione creativa degli enti previdenziali privatizzati. In questo caso, Inarcassa ha modificato il sistema di calcolo della pensione di vecchiaia stabilendo che, per tutti i pensionamenti successivi al 1.1.2010, gli anni caratterizzati da produzioni reddituali inferiori a specifici limiti indicati dall’art. 25 dello Statuto saranno esclusi dal calcolo con sistema retributivo e daranno luogo ad una quota da calcolarsi con sistema contributivo (art. 25 dello Statuto).
Sempre con specifico riguardo alle modalità di calcolo della pensione, la quota retributiva, composta dalle annualità di produzioni reddituali superiori ai limiti individuati dall’art. 25, subirà un ulteriore abbattimento derivante dall’incremento del numero dei redditi da includere nella base pensionabile che raggiungerà i migliori 25 sugli ultimi trenta a decorrere dal 1.1.2014 (art. 25 dello Statuto).
Per ciò che concerne la pensione di anzianità, invece, le modifiche risultano di particolare rilievo in quanto sono stati introdotti coefficienti di riduzione in relazione all’età di accesso al pensionamento (seguendo il modello inaugurato da Cassa Geometri e seguito dalla Cassa Ragionieri) e, scelta questa innovativa nel panorama degli enti del comparto, è stato importato il meccanismo delle quote introdotto, per la generalità dei lavoratori dipendenti, dalla L n 247 del 2007.
Ciò significa che:

con decorrenza dal 1.1.2010, l’accesso alla pensione di anzianità richiederà che la somma tra anzianità contributiva e anagrafica dia risultato pari o superiore a 96;

con decorrenza dal 1.1.2011, l’accesso alla pensione di anzianità richiederà che la somma tra anzianità contributiva e anagrafica dia risultato pari o superiore a 97;

con decorrenza dal 1.1.2013, l’accesso alla pensione di anzianità richiederà che la somma tra anzianità contributiva e anagrafica dia risultato pari o superiore a 98.

Con norma transitoria, di più che dubbia ragionevolezza, è stato, tuttavia, previsto che, per gli iscritti a Inarcassa che abbiano già compiuto 55 anni alla data di entrata in vigore del regolamento, si conservino i pregressi requisiti anagrafico e contributivo di accesso al pensionamento di anzianità (35 anni di contributi e 58 anni di età) e non si applichino i coefficienti di riduzione (art. 26 dello Statuto).

La nuova riforma della previdenza dei geometri

L'opera incessante di restyling normativo del sistema previdenziale della Cassa Geometri non conosce soste; con deliberazione del Comitato dei Delegati del novembre del 2009, si è avuta l’ultima tra le continue, e talvolta frammentarie, modifiche apportate al sistema.
Gli interventi post Finanziaria 2007 hanno interessato, sotto molteplici aspetti, i requisiti d'accesso e le modalità di calcolo dei trattamenti.
A regime sono stati inaspriti i requisiti d'accesso contributivi ed anagrafici alla pensione di vecchiaia che sarà conseguibile con il compimento del sessantasettesimo anno d'età e solo dopo trentacinque anni di anzianità contributiva.
Peraltro, sia l'inasprimento del requisito d'accesso contributivo, sia di quello anagrafico sono stati previsti con gradualità annuale e, per il periodo transitorio fino al 2014, è stata garantita la possibilità di mantenere i pregressi requisiti d'accesso (sessantacinque anni e trenta anni di contributi) ma il trattamento sarà liquidato, per la quota successiva al 1.1.2010 con calcolo contributivo e, per la quota riferibile alle anzianità contributive precedenti, con il pregresso criterio di calcolo retributivo ma in relazione ai redditi dichiarati sino al 1.1.2010.
Con riferimento al requisito anagrafico, dunque, a decorrere dal 1.1.2010, l'accesso alla pensione di vecchiaia richiede il compimento di sessantacinque anni e sei mesi; a decorrere dal 1.1.2011, il compimento di sessantasei anni; a decorrere dal 1.1.2012, il compimento di sessantasei anni e sei mesi e a decorrere dal 1.1.2013, il compimento dei sessantasette anni.
Con riferimento al requisito contributivo, nel biennio 2007-2008 si accede alla pensione con 31 anni di anzianità contributiva, nel biennio 2009 - 2010, con 32 anni di anzianità contributiva, nel biennio 2011-2012, con 33 anni di anzianità contributiva, nel biennio 2013-2014 con 34 anni di anzianità contributiva.
A regime, viene conservata la possibilità di accedere al pensionamento di vecchiaia con il requisito anagrafico di 65 anni ma solo ove risulti contestualmente maturato il requisito contributivo di trentacinque anni; il trattamento sarà liquidato, per la quota successiva al 1.1.2010 con calcolo contributivo e, per la quota riferibile alle anzianità contributive precedenti, con il pregresso calcolo retributivo ma in relazione ai redditi dichiarati sino al 1.1.2010.
Tra le ulteriori novità, deve segnalarsi la possibilità, in caso di presenza di irregolarità contributive  e debiti pregressi di accedere alla pensione contributiva, sempre che si possa vantare un'anzianità contributiva relativa ad annualità regolari pari ad almeno cinque anni, con opzione definitiva ed irrevocabile.
Inoltre, il requisito minimo per accedere alla pensione contributiva è stato abbassato a cinque anni.
All'esito dei numerosi interventi di modifica del sistema previdenziale che, in particolare si sono succeduti a decorrere dal nuovo millennio, la Cassa Geometri, peraltro esasperando una tendenza già palesatasi in altri enti del comparto (Cassa forense e Inarcassa in particolare), ha introdotto una sorta di sistema contributivo a macchia di leopardo del quale conviene ripercorrere le diverse ipotesi:

1) per il calcolo dei supplementi di pensione;

2) in pro rata per le sole anzianità contributive successive al 31.12.2005, per le pensioni di anzianità

3) integralmente, per coloro che, al compimento dell'età di sessantacinque anni formulino apposita domanda non avendo maturato il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia ma a condizione di poter vantare un'anzianità contributiva di almeno cinque anni;

4) invece del sistema ordinario di calcolo della pensione, in ipotesi di irregolarità contributive che non consentono la valorizzazione dell'intero percorso di contribuzione, salva la prescrizione;

5) in pro rata per le anzianità contributive successive al 31.12.2009, per i professionisti che abbiano maturato il requisito anagrafico di sessantacinque anni e quello contributivo minimo per l'accesso alla pensione (per il periodo sino al 1.1.2014, sarà sufficiente il possesso del requisito contributivo pari a 30 anni).

La riforma previdenziale dei consulenti del lavoro

Il nuovo regolamento di attuazione dello Statuto dell'ENPACL, deliberato dall'Assemblea dei Delegati nel giugno del 2008 ed integrato nel giugno del 2009, ed approvato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con nota del 29 ottobre 2009 ha introdotto importanti modifiche al sistema di calcolo della pensione di vecchiaia e un'interessante novità, nel panorama della previdenza dei liberi professionisti, sotto il profilo delle entrate contributive, disciplinando la contribuzione per fasce d’anzianità di iscrizione.
La riforma, in ogni caso, ha interessato sia la contribuzione che le prestazioni pensionistiche.
Sotto il profilo della contribuzione, è stato previsto che, oltre alla contribuzione obbligatoria, gli iscritti abbiano la facoltà di versare una quota di contribuzione aggiuntiva che darà luogo ad una seconda quota di pensione da calcolarsi con metodo contributivo.
Inoltre, è stato previsto che, a decorrere dal 1.1.2009, gli iscritti all'Enpacl versino contributi in misura diversificata in dipendenza della loro anzianità di iscrizione. Segnatamente, con decorrenza dal 1.1.2009:
gli iscritti all'Enpacl con anzianità fino a 5 anni pagheranno un contributo pari a Euro  1.300 e, a decorrere dal 1.1.2014, pari a Euro 1.950;
gli iscritti all'Enpacl con anzianità contributiva da 6 a 10 anni, a decorrere dal 1.1.2009 pagheranno un contributo pari a Euro  2.600 e, a decorrere dal 1.1.2014, un contributo pari a Euro 3.300;
gli iscritti all'Enpacl con anzianità contributiva da 11 a 15 anni, pagheranno, a decorrere dal 1.1.2009, un contributo pari a Euro 3.300 e, a decorrere dal 1.1.2014, pari a Euro 4.950;
gli iscritti all'Enpacl con anzianità contributiva da 16 a 20 anni, pagheranno, a decorrere dal 1.1.2009, un contributo pari a Euro 3.700 e, a decorrere dal 1.1.2014, pari a Euro 5.550;
gli iscritti all'Enpacl con anzianità contributiva superiore a 21 anni pagheranno, a decorrere dal 1.1.2009, un contributo pari a  Euro 4.300 e, a decorrere dal 1.1.2014, pari a Euro 6.450.
A partire dal sesto anno di iscrizione all'Enpacl, è prevista la possibilità, su domanda, di ottenere una riduzione dell'importo della contribuzione dovuta per quanti siano iscritti ad altra forma previdenziale mentre non è più prevista la riduzione del contributo per i neoiscritti.
Sempre sul fronte delle entrate, è stata  soppressa la facoltà di conseguire la restituzione dei contributi al compimento del 65° anno d'età in caso di mancata maturazione dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia. L'iscritto all'Enpacl che abbia, tuttavia, maturato un'anzianità di iscrizione e contribuzione almeno triennale potrà ottenere una pensione con calcolo contributivo.
La pensione base erogata dall'ENPACL, già prima della riforma, prevedeva che la stessa fosse calcolata a partire da un importo in misura fissa del quale ogni anno di iscrizione rappresentava 1/30 del trattamento complessivamente spettante (in tal senso ad un'anzianità di 35 anni avrebbe corrisposto un trattamento lordo annuale pari a 35/30 di tale valore fisso). All'importo base andava poi aggiunto un importo da calcolarsi in misura percentuale rispetto alla contribuzione integrativa effettivamente versata all'ente. Tale percentuale, pari al 10% sino al 2001 è stata successivamente ridotta al 8%.
Il valore fisso necessario per il calcolo della pensione base, è stato variato in aumento a decorrere dal 1.1.2010 sino al valore di Euro 9.000,00 e, a decorrere dal 1.1.2014 sino al valore di Euro 12.000. Ciò significa che la pensione base sarà composta di tre quote:
la prima, riferibile all'anzianità maturata sino al 1.1.2010, pari a tanti trentesimi del valore di Euro 8.500,96 quanti sono gli anni di anzianità contributiva maturata anteriormente al 2010,
la seconda pari a tanti trentesimi del valore di Euro 9.000,00 quanti sono gli anni di anzianità contributiva maturati dal 1.1.2010 al 1.1.2014
la terza pari a tanti trentesimi del valore di Euro 12.000,00 quanti sono gli anni di anzianità contributiva maturati dal 2014 in avanti.
La pensione base Enpacl è incrementata, poi, degli importi complessivamente versati a titolo di contribuzione integrativa nella misura del 10% fino al 31 dicembre 2001 e del 8% per gli anni successivi.
Alla pensione base, maggiorata dell'importo dovuto in relazione alla contribuzione integrativa versata, sarà aggiunta una quota di pensione, da calcolarsi con sistema contributivo, in relazione all'eventuale maggiore contribuzione versata rispetto a quella pertinente alla propria fascia.
Con riferimento ai supplementi di pensione ed ai contributi dovuti successivamente al pensionamento, la riforma ha previsto che, a decorrere da 1° gennaio 2009, i pensionati che rimangono iscritti possono versare il contributo soggettivo della prima fascia e conseguono un supplemento di pensione calcolato esclusivamente nella misura percentuale dell'8% sul contributo integrativo. In tale guisa, l'Enpacl ha, in sostanza, trasformato il contributo soggettivo versato dai già pensionati in un contributo di solidarietà dissociandolo da qualsivoglia beneficio previdenziale ad esso connesso.
In difetto di tale opzione, il supplemento sarà pari al 8% della complessiva contribuzione versata al termine del triennio.
Dopo il pensionamento, in conclusione, ogni triennio sarà corrisposto su domanda un supplemento di pensione pari al 8% della contribuzione successivamente versata; nel caso in cui il diritto alla pensione sia maturato in corso d'anno, la contribuzione successivamente versata sino al 31 dicembre determinerà un ricalcolo della pensione inizialmente riconosciuta e la sua maggiorazione pari al 8% di detta contribuzione; il primo supplemento partirà, dunque, dal 1 gennaio dell'anno successivo al pensionamento.

La riforma della previdenza dei veterinari


In data 22 febbraio il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, d’intesa con il Dicastero dell’Economia e delle Finanze, ha definitivamente approvato, senza apportare alcuna modifica, il testo di riforma del sistema pensionistico dell’Enpav deliberato dall’Assemblea Nazionale dei Delegati lo scorso 13 Giugno 2009.
La riforma della previdenza dei veterinari ha perseguito l'obiettivo della sostenibilità intervenendo, sul fronte delle entrate, sull'aliquota del contributo soggettivo portata dal 10% del RNP al 18% a regime (l'incremento è stato stabilito, tuttavia, con la gradualità di 0,5 punti percentuali l'anno).
La percentuale della contribuzione integrativa è rimasta al 2% così come l'ammontare della contribuzione minima. Al riguardo, sembra condivisibile la scelta di incidere sull'aliquota percentuale della contribuzione soggettiva e di mantenere inalterata la contribuzione minima stabilendo una certa correlazione proporzionale tra la capacità reddituale degli iscritti e il contributo complessivo al finanziamento del sistema (per una soluzione diametralmente opposta ha optato, ad esempio, la Cassa Forense, su cui si veda sopra).
Sul fronte delle uscite, ENPAV ha modificato le aliquote di rendimento delle pensioni, da calcolarsi con il sistema retributivo e modificato gli scaglioni di reddito cui applicare le aliquote. Le modifiche si applicheranno, nel rispetto del principio del pro rata, solo a decorrere dal 1.1.2010. In estrema sintesi, può dirsi che è stato quasi raddoppiato il reddito massimo pensionabile e sono state ridotte le aliquote di rendimento delle pensioni. Gli effetti dovrebbero essere quelli di ridurre l'importo delle pensioni relative ai professionisti con redditi medi più bassi e di aumentare l'importo delle pensioni dei professionisti con redditi più alti. La modifica appare ispirata ad una logica di stretta corrispettività a scapito del principio solidaristico (cfr. l’art. 22 del nuovo regolamento di attuazione delle attività previdenziali).
Gli interventi maggiormente incisivi sul fronte delle uscite sono, comunque, quelli inerenti i requisiti di accesso di pensione di vecchiaia e anzianità. Per la prima è prevista la combinazione di trentacinque anni di anzianità contributiva e di sessantotto anni di età (a fronte della pregressa combinazione dei 65 anni d'età e 30 di contribuzione), per la seconda è prevista, in alternativa, la combinazione di 40 anni di contributi e 60 d'età ovvero quella di 35 anni di contributi  ed età compresa tra i 60 e i 67 anni ma con l'applicazione di coefficienti di riduzione legati all'età d'accesso al pensionamento e all'anzianità contributiva (in precedenza i requisiti alternativamente erano o l'anzianità contributiva di 40 anni o la combinazione dei 35 anni di anzianità contributiva e dei 58 anni d'età con coefficienti di riduzione legati solo all'anzianità contributiva).
Un elemento innovativo che contraddistingue la riforma della previdenza dei veterinari, è l'assenza d una disciplina transitoria. Se da un lato tale carenza rende particolarmente brusca l'incidenza sulle situazioni previdenziali in corso di maturazione, d'altra parte elimina parte delle odiose disparità che le discipline transitorie creano tra classi di iscritti, nonchè dubbi e sospetti ingenerati da previsioni a volte bizzarre, come quella di escludere dall’applicazione dei nuovi criteri peggiorativi di calcolo e di accesso alla pensione, iscritti che abbiano una determinata età anagrafica (cfr. il nuovo art. 26 dello Statuto di Inarcassa).
 

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