CNPADC la quota reddituale va riliquidata

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Con la sentenza n 8287 del 29 ottobre 2012, la Corte di Appello di Roma, ha confermato la pronuncia di primo grado (sent n 17880 del 9 novembre 2010) con la quale la Cassa Commercialisti era stata condannata a riliquidare la pensione ad un proprio pensionato sulla base della normativa vigente prima dell'entrata in vigore del regolamento di disciplina del regime previdenziale sul rilievo che tale regolamento, approvato il 14 luglio del 2004, nella parte in cui aveva inciso sul criterio di calcolo della quota riferibile alle anzianità contributive maturate sino a tutto il 2003 violasse il principio del pro rata quale previsto dall'art. 3 comma 12 della legge n 335 del 1995. Tra i profili di maggiore interesse della succinta pronuncia (che richiama, a supporto, le numerose conformi pronunce della Suprema Corte - cfr Cass Civ Sez Lav nn 8847 e ss del 2011 ), vi è quello relativo agli effetti della modifica apportata dall'art. 1 comma 763 della legge n 296 del 2006 sul contenzioso instaurato ed instaurando relativo al diritto alla riliquidazione della quota reddituale da parte dei professionisti iscritti alla Cassa Commercialisti (ricordiamo che analoga questione ha interessato e sta interessando la riforma previdenziale della Cassa Ragionieri).

Rammentiamo, altresì, che il previgente art. 3 comma 12 della Legge n 335 del 1995, commi 1° e 2°, prevedeva che gli enti potessero adottare delibere di modificazione delle aliquote contributive dei coefficienti di rendimento e di ogni altro criterio di determinazione della pensione all'esito della valutazione di un bilancio tecnico che doveva garantire la stabilità della gestione per quindici anni, nel rispetto del principio del pro rata con riferimento alle anzianità contributive maturate anteriormente all'entrata in vigore della modifica regolamentare.

L'art. 1 comma 296 del 2006 ha apportato le seguenti modifiche all'art. 3 comma 12 della Legge n 335 del 1995:

a) l'arco temporale di riferimento del bilancio tecnico viene ampliato sicchè, a decorrere dal 2007, gli interventi regolamentari degli enti previdenziali privatizzati debbono essere coerenti ad un bilancio tecnico da redigersi secondo precisi criteri direttivi stabiliti dal Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale e che prospetti l'equilibrio della gestione per trenta anni anzichè quindici come in precedenza;

b) i provvedimenti non sono più nominativamente indicati;

c) non deve più essere considerato solo il criterio del pro rata ma anche quello della gradualità e dell'equità tra generazioni; con riferimento al criterio del pro rata la norma stabilisce che esso deve essere tenuto presente dagli enti previdenziali privatizzati (la formulazione precedente prevedeva, invece, che esso dovesse essere rispettato).

L'art. 1 comma 763 della legge n 296 del 2006 consta poi di un inciso finale che stabilisce: "sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima dell'entrata in vigore della presente legge".

La Corte di Appello capitolina ha avuto modo di affermare come l'art. 1 comma 763 della Legge n 296 del 2006 non abbia affatto eliminato il criterio del pro rata ma lo abbia attenuato prevedendone il bilanciamento con i criteri della gradualità e dell'equità intergenerazionale.

Ha, altresì, sottolineato come i nuovi criteri di esercizio dell'autonomia regolamentare non trovano applicazione in relazione ai regolamenti già emanati ma solo con riferimento a quelli emanandi.


Per quel che riguarda l'inciso finale di salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale già adottati, ha escluso trattarsi di una norma di sanatoria di atti che erano illegittimi all'epoca della loro emanazione.


Ha invece rilevato come l'inciso abbia la funzione di coprire il periodo successivo al 2006 mantenendo l'efficacia e la validità delle precedenti delibere anche se non conformi ai neointrodotti criteri di esercizio dell'autonomia regolamentare.


Con altra pronuncia del 20 ottobre del 2012, la Corte di Appello di Roma, sempre con riferimento al medesimo filone di contenzioso, nel condannare la Cassa Commercialisti alla riliquidazione del trattamento pensionistico, ha fornito un'importante precisazione in punto di individuazione dei redditi da includere in base pensionabile.


Ricordiamo che il regolamento di disciplina del regime previdenziale, nel prevedere l'ampliamento del numero dei redditi da includere nella base pensionabile per quel che riguarda la quota riferibile alle anzianità contributive maturate sino a tutto il 2003, aveva, altresì, precisato che i redditi dovevano essere individuati a ritroso dal 2004 anzichè, come previsto dalla Legge n 21 del 1986 (cfr. art. 2 della Legge) dalla data di decorrenza del pensionamento.


La Corte di Appello, oltre a ritenere l'illegittimità dell'incremento del numero dei redditi da includere in base pensionabile, ha, altresì, puntualizzato che, proprio in armonia al criterio del pro rata ed alla logica stessa del sistema retributivo, l'individuazione di tali redditi debba  procedere a ritroso dal momento del pensionamento anzichè da una data arbitrariamente fissata con regolamento (nella specie l'1.1.2004).


Ricordiamo che ad analoghe conclusioni era già pervenuta la Corte di Appello anconetana che aveva confermato la sentenza del Tribunale di Fermo con la quale la Cassa Commercialisti era stata condannata alla riliquidazione.

 

Qui di seguito un commento alla sentenza del Tribunale di Fermo successivamente confermata dalla Corte di Appello di Ancona

 
Con dispositivo del 17 giugno 2008, il Giudice del Lavoro di Fermo, ha accolto la domanda di un dottore commercialista diretta ad ottenere la riliquidazione della propria pensione con riferimento alla quota calcolata con metodo reddituale, sulla base della normativa vigente all’epoca in cui è stato adottato il regolamento di disciplina del regime previdenziale e, cioè, ai sensi degli artt. 2 e 15 della L. n. 21/86 e dell’art. 3 del Regolamento di disciplina delle funzioni di previdenza, prendendo in considerazione, come reddito di riferimento, la media dei 15 redditi dichiarati dall’iscritto negli anni anteriori alla maturazione del diritto a pensione, rivalutati ex art. 15 della L. n. 21/86 ed applicando al suddetto reddito medio rivalutato l’aliquota del 2% per tutte le anzianità contributive maturate sino al 31.12.2001 e l’aliquota del 1,75% per le anzianità contributive successive....segue
 
 

....Il Giudice del Lavoro di Fermo ha, dunque, risolto, in senso favorevole al pensionato, la delicata questione relativa al calcolo della quota pensionistica riferibile alle anzianità contributive maturate sino al 31.12.2003, sino, cioè, alla data di entrata in vigore (rectius di decorrenza degli effetti) del
regolamento di disciplina del regime previdenziale approvato con D.I. del 14 luglio 2004, con il quale la C.N.P.A.D.C. ha optato per il sistema contributivo ai sensi dell’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95, mantenendo il previgente sistema reddituale con riferimento alle anzianità contributive maturate sino al 31.12.2003.
Nonostante l’apparente e dichiarato mantenimento del previgente sistema reddituale per il calcolo della quota pensionistica riferibile alle anzianità contributive maturate sino al 31.12.2003, la CNPADC ha progressivamente incrementato il numero dei redditi da inserire nella base pensionabile, con la progressione stabilita dalla tabella B (nel caso del ricorrente si trattava degli ultimi 20 redditi, anziché dei 15 previsti dalla previgente normativa ) ed ha previsto che i redditi su cui calcolare la quota reddituale non siano individuati a ritroso a decorrere dalla data del pensionamento, come previsto dall’art. 2 della L. n. 21/86, ma a ritroso a decorrere dalla data del 31.12.2003.
L’incremento della base reddituale di calcolo con riferimento alle anzianità contributive maturate sino al 31.12.2003 e l’individuazione dei redditi su cui calcolare la quota procedendo a ritroso a decorrere dal 31.12.2003, anziché dalla data del pensionamento, sono state considerate, dal Giudice adito, violazioni delle disposizioni di cui all’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95, nel testo vigente all’epoca dell’emanazione del regolamento, ed in particolare di quella che impone il rispetto del pro rata in ogni ipotesi di modificazione, per via regolamentare, dei criteri di determinazione dei trattamenti pensionistici ed in caso di opzione per il sistema contributivo.
In tale prospettiva, il Giudice ha ordinato la riliquidazione della pensione, con riferimento alla quota reddituale relativa agli anni di anzianità contributiva maturati sino al 31.12.2003, ai sensi degli artt. 2 e 15 della L. n. 21/86 e dell’art. 3 del Regolamento di disciplina delle funzioni di previdenza, prendendo in considerazione, come reddito di riferimento, la media dei 15 redditi dichiarati dall’iscritto negli anni anteriori alla maturazione del diritto a pensione, rivalutati ex art. 15 della L. n. 21/86 ed applicando al suddetto reddito medio rivalutato l’aliquota del 2% per tutte le anzianità contributive maturate sino al 31.12.2001 e l’aliquota del 1,75% per le anzianità contributive successive.
Di particolare rilievo è la decisione nella parte in cui ha riconosciuto che, in conformità al principio del pro rata di cui all’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95, i redditi da porre a base del calcolo della quota reddituale della pensione dovessero essere quelli dichiarati sino all’anno anteriore al pensionamento e non, come previsto dal regolamento di disciplina del regime previdenziale, quelli dichiarati sino al 31.12.2003.
Invero, sia ragioni di carattere sistematico che ragioni d’interpretazione testuale della norma di cui all’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95, confortano la decisione assunta dal Giudice del Lavoro di Fermo.
Sotto il profilo sistematico, mette conto rilevare come il sistema dell’Assicurazione Generale Obbligatoria prevede, con riferimento alle pensioni “miste”, che il calcolo della quota retributiva sia effettuato con riferimento alle retribuzioni maturate sino al momento del pensionamento e non con riferimento alle retribuzioni maturate sino alla data dell’entrata in vigore della l. n. 335/95 che ha introdotto il nuovo sistema contributivo.
Inoltre, l’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95 prevede testualmente che, in ipotesi di modificazione dei criteri di determinazione dei trattamenti pensionistici,  le Casse debbano rispettare il pro rata con riferimento alle anzianità contributve precedenti e, secondo il senso letterale della norma, ciò implica che tali anzianità contributive debbano essere calcolate integralmente sulla base della  normativa previgente e non sulla base di un non meglio identificato mix tra le norme precedenti e le norme successive.
Ma, su un piano più generale, la norma regolamentare che prevede il calcolo della quota reddituale con riferimento ai redditi dichiarati sino al 31.12.2003 anziché con riferimento ai redditi dichiarati sino al pensionamento, tradisce il fondamento stesso del sistema reddituale (o retributivo) di calcolo della pensione che è incentrato sul mantenimento di un  collegamento tra il livello di reddito raggiunto dal lavoratore al termine della sua carriera lavorativa ed il suo trattamento pensionistico.
Le riforme che hanno interessato l’AGO hanno disposto, è vero, un ampliamento delle retribuzioni da inserire nella base pensionabile ma non hanno mai eliminato le retribuzioni anteriori al pensionamento in quanto ciò avrebbe stravolto la logica stessa del sistema retributivo di calcolo della pensione.
Si consideri che, nell’ambito del sistema delle libere professioni, la progressione dei redditi è particolarmente incidente, sichhè bloccare i redditi da considerare ai fini del calcolo della quota reddituale al 31.12.2003, significherà, di anno in anno, allentare sempre più, sino a reciderlo completamente, il collegamento tra il reddito raggiunto dal professionista al momento del pensionamento ed il reddito medio che sarà inserito nella sua base pensionabile.

 

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